ALDELMO, santo (lat. Aldhelmus; anglosass. Ealdhelm)
Nacque nel Wessex (forse figlio di re Centwine) verso il 640. Studiò a Canterbury con Teodoro di Tarso e Adriano (abbate di Nardò, poi dei Ss. Pietro e Paolo a Canterbury), dai quali acquistò la vasta cultura intellettuale che si manifesta nei suoi scritti. Succedette a Maidulfo nella direzione della scuola di Malmesbury, e circa il 675 anche come abbate. Sotto il pontificato di Sergio I (687-701) fu a Roma; nel 705 fu nominato vescovo di Sherborne. Morì nel 709; fu venerato come santo (25 maggio).
A. lasciò scritti in vernacolo, ora perduti, e fu il primo tra gli Anglosassoni a scrivere in lingua latina, esercitando notevole influsso in Britannia e più ancora nel continente. Egli stesso era in corrispondenza con Cellano, abbate del monastero irlandese di Péronne, nella Francia settentrionale (cfr. Traube, Perrona Scottorum, in Sitzungsber. der bayer. Akad. der Wiss., phil. hist. Kl., 1900, p.469 segg.). S. Bonifazio, l'apostolo della Germania, nella sua formazione intellettuale dipende molto da Aldelmo, come mostra la sua collezione di Aenigmata, nella quale l'influsso di A. si manifesta in modo cospicuo. Per mezzo di Bonifazio e del suo discepolo Lullo, Aldelmo fu introdotto nelle scuole della Francia carolingia.
Tra le sue opere (ed. Ehwald, in Monumenta Germaniae Historica, Auct. Antiquiss., X), notiamo un trattato in prosa, De Virginitate, in sessanta capitoli, scritto fra il 690 e il 700; varie lettere, tra cui una al re gallese Geraint, che inculca l'osservanza degli usi ecclesiastici romani, ed una a Eahfrid, dallo stile lambiccato, con vocaboli greci, in cui elogia Teodoro di Tarso; un altro suo scritto tratta del mistico numero sette e dei diversi metri latini, frammischiando alla prosa un centinaio d'indovinelli in esametri. L'opera, composta tra il 690 ed il 694, è interessante per le numerose citazioni di antichi grammatici. Tra le opere poetiche la principale (oltre a varie poesie d'occasione, specialmente dediche di altari) è il De virginitate, scritto fra il 700 e il 706, di quasi 3000 esametri, in stile meno ornato e insieme meno barbaro che le opere in prosa.
Bibl.: M. Manitius, in Sitzungsber. der Wiener Akad., Ph. Hist. Kl., CXII (1886), p. 536 segg.; id., Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I, Monaco 1911, p. 134 segg.; Browne, St. A., his Life and Times, Londra 1903; Wildman, St. Eal., Londra 1905; D. Mazzoni, in Rivista storica benedettina, 1915, p. 430 segg.