ALFERIO, santo
Nacque a Salerno, secondo la tradizione raccolta dal suo biografo abate Ugo, nel 931 e pare che fosse di nobile famiglia; che però appartenesse ai Pappacarbone e fosse parente dei principi di Salerno è affermazione, assai dubbia, di fonti tarde. Certo è che i principi salernitani lo proteggevano e stimavano, in quanto gli affidarono, nel 995 secondo il Guillaume, nel 1002-1003 secondo il Mattei-Cerasoli, il compito di effettuare un'ambasceria in Francia e presso il re di Germania, di cui rimane ignoto il fine. A. si pose in viaggio, ma, ammalatosi, si fermò presso il monastero benedettino di S. Michele della Chiusa (Alpi Cozie), ove fece voto di abbracciare la vita monastica; e poiché nello stesso monastero si trovava allora Odilone, abate di Cluny, A. lo pregò di portarlo con sé e di farlo membro di quella grande comunità monastica. A. rimase a Cluny sino circa al 1010, quando fu richiamato a Salerno da Guaimaro III, che volle affidargli la riorganizzazione dei numerosi monasteri benedettini della città. Ma egli presto rifiutò il difficile compito e nel 1011 si trasferì con due compagni in una vallata sita sotto il monte Finestra, fra Vietri e l'attuale Cava dei Tirreni, ove alla fine del X secolo s'erano stabiliti alcuni eremiti. Lì presto lo raggiunsero altri discepoli e si venne formando una comunità monastica, per la quale A. curò la costruzione di un monastero scavato nella roccia della grotta Arsicia, che dedicò alla SS. Trinità. Nel marzo del 1025 egli ottenne dai principi di Salerno, Guaimaro IV e Guaimaro V, il riconoscimento giuridico del possesso della vallata ove il monastero sorgeva e di altri beni minori, che via via si erano aggiunti alle originarie proprietà. Il patrimonio dell'abbazia continuò ad aumentare negli anni seguenti, sia nel Salernitano, sia in regioni più lontane, ove la fama di santità di A. e dei suoi compagni giungeva sempre con maggiore frequenza. Nel 1035 Guaimaro V donò ad A. il monastero di S. Michele sul Tusciano, presso Salerno; nel 1049 dei privati gli offersero il monastero di S. Nicola a Mercatello allora edificato presso Eboli; altri terreni siti nei pressi di Nocera gli erano stati ceduti a più riprese fra il 1037 ed il 1047 ed altri ancora nella lontana Lucera, nel 1044. Nel 1047 (secondo l'ipotesi del Mattei-Cerasoli) Desiderio di Benevento (il futuro papa Vittore III) si recò a Cava e sostò per un certo periodo presso A., prima di tornare nella sua città natale, concependo la più alta opinione dell'ormai venerando abate e dei suoi compagni.
A., giunto, secondo la tradizione, all'età di centoventi anni, morì il giorno di giovedì santo (12 aprile) del 1050, dopo aver designato come suo successore il confratello Leone di Lucca ed essersi ritirato in preghiera nella sua cella.
La sua vita, insieme con quella dei suoi tre immediati successori, fu scritta intorno al 1140 da Ugo, abate della SS. Trinità di Venosa, già monaco di Cava.
Fonti e Bibl.: Vitae quatuor priorum abbatum Cavensium Alferii, Leonis, Petri et Constabilis, auctore Hugonc abbate Venusino, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., VI, 5, a cura di L. Mattei Cerasoli; P. Guillaume, Vita di S. Alleno, Cava dei Tirreni 1876; Id., Essai historigue sur l'abbaye de Cava, ibid. 1877, pp. 15-28; G. Pochettino, I Longobardi nell'Italia meridionale, Caserta 1930, pp. 486 s.; Bibliotheca hagiographica Latina, I, Bruxelles 1949, p. 50; F. Mezza, L'ambasciatore che fondò un monastero, Cava dei Tirreni 1952; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., II, col. 407; Encicl.Ital., II, p. 386; Encicl. Catt., I, col. 844.