Anacleto, santo
Uno dei primi vescovi di Roma, con ogni probabilità il secondo successore di Pietro dopo Lino.
Eusebio di Cesarea (Historia ecclesiastica III 15) annota la sua morte nel 12° anno dell'impero di Domiziano (14 sett. 92 - 13 sett. 93) e (Chronici canones, ad ann.) nell'Olimpiade 217a (10 luglio 89 - 30 giugno 93): è dunque legittimo concludere che A. sia morto nella primavera del 93, forse proprio il 26 aprile come vuole la pia tradizione, in pieno accordo con le indicazioni cronologiche fornite da s. Ireneo e dallo stesso Eusebio circa la durata del suo pontificato, anni 12, e l'epoca in cui fu chiamato, nel secondo anno dell'impero di Tito (24 giugno 80 - 23 giugno 81) e nell'Olimpiade 214a (10 luglio 77 - 30 giugno 81) - e quindi nell'autunno dell'80 - a succedere a s. Lino, morto appunto il 23 settembre di quell'anno. L'anonimo compilatore del Liber pontificalis della Chiesa romana riferisce che A. era di origine greca, afferma che era nato in Atene " ex patre Antiocho ", e gli attribuisce il merito di aver fatto erigere sulla tomba di s. Pietro un monumento funerario (" memoria "). Non siamo in grado di accertare l'attendibilità di queste informazioni. Parrebbe indiscutibile tuttavia che, se esse fossero degne di fede - né vi è alcuna valida prova per dimostrare che non lo siano - la " memoria ", cui allude il pio cronista, fatta costruire da A. sul luogo di sepoltura dell'apostolo Pietro, non può se non identificarsi con quel cippo - " antico segnacolo ", come ebbe a scrivere la Guarducci, " proprio di quella tomba su cui sorse, intorno al 160, l'edicola del muro Rosso " - di cui è stata trovata l'impronta, nel corso degli scavi compiuti nella zona archeologica sottostante la Confessione della basilica vaticana, appunto nelle fondazioni del Muro Rosso. La tarda tradizione rappresentata dal cosiddetto catalogo Liberiano, dal Martirologio romano e dallo stesso Liber pontificalis, ha fatto di A. due pontefici, ambedue venerati come santi martiri - Cleto, romano, secondo successore di Pietro, l'uno; e Anacleto, di origine greca, quarto vescovo di Roma dopo Lino, Cleto e Clemente, l'altro - e ne ha fissato le solennità, rispettivamente, al 26 aprile e al 13 luglio. Ma senza fondamento, come è dimostrato dalle fonti più antiche e autorevoli. Verso la metà del sec. II un dotto cristiano di Siria, Egesippo, volendo provare, contro le tesi novatrici sostenute dagli eretici gnostici, l'autenticità dell'interpretazione ortodossa del messaggio cristiano basata sulla continuità ininterrotta della tradizione apostolica nell'insegnamento dottrinale della Chiesa, aveva steso un catalogo delle successioni episcopali nelle comunità cristiane delle principali città dell'Impero, dagli Apostoli sino ai suoi giorni. L'elenco dei vescovi di Roma da lui composto in tale occasione si arrestava a papa Aniceto, undecimo della serie (m. nel 175); né sappiamo se egli l'avesse inserito integralmente nella sua opera, allorché, sotto papa Eleuterio (m. nel 185), pubblicò le sue osservazioni sulle sette ereticali a lui coeve. S. Ireneo (m. circa 200), che scrisse nei primi anni dell'impero di Commodo (17 mag. 180 - 31 dic. 192) la sua grande opera Adversus haereses prefiggendosi, tra l'altro, lo stesso scopo di dimostrare tangibilmente la continuità dell'insegnamento della Chiesa, desunse da Egesippo l'elenco dei vescovi di Roma, che tuttavia dovette completare e aggiornare, aggiungendovi anche il nome di papa Eleuterio (182, dopo il 17 aprile - 26 maggio 193), dodicesimo della serie, allora vivente. Questo prezioso passo dell'opera di s. Ireneo (III 2-3) ci è stato conservato nel testo greco originale da Eusebio, che lo inserì integralmente nella sua Historia ecclesiastica (V 6, 1-2). S. Isidoro conobbe e utilizzò certamente - come si può dedurre dalle numerose notazioni di carattere storico - biografico contenute nelle sue liste episcopali - una grande copia di scritti interessanti la storia della Chiesa di Roma; tra l'altro si servì sicuramente di quel catalogo dei vescovi di Roma corredato di note storiche, che, come ha potuto dimostrare la critica recente, esisteva e circolava in quella comunità cristiana già alla fine dell'impero di Commodo. Come ha fatto giustamente rilevare il Duchesne, quando nel primo quarto del secolo successivo l'anonimo autore del libello contro l'eresia di Artemone, contemporaneo di papa Zefirino (estate del 203 - agosto 220), scriveva in un passo citato da Eusebio (Risi. eccl. V 28, 3) che il predecessore di Zefirino, Vittore (193, dopo il 26 maggio - 203, primavera - estate), era stato, dopo Pietro, il 13° vescovo di Roma, seguiva lo stesso computo e lo stesso ordine di successione accolto da s. Ireneo, per il quale Eleuterio, il predecessore di Vittore, era stato, dopo gli Apostoli, il dodicesimo vescovo di Roma. È stata avanzata un'ipotesi, per spiegare lo sdoppiamento di A. voluto dal catalogo Liberiano e dal Liber pontificalis: il secondo papa era conosciuto col nome abbreviato di Κλη̃τος (Cletus), come risulta dagli scritti di s. Epifanio (Panarion, 6, 2 e 4), da Rufino di Aquileia e da altre fonti posteriori. Poté dunque avvenire che, nell'esemplare da un antico catalogo dei vescovi di Roma in cui A. compariva col nome di Cleto (Κλη̃τος o Cletus) corretto però in margine dalla nota esplicativa " Ανέγχλη̃τος " (" Anencletus "), il copista, cui non dovevano esser chiari il senso e l'attribuzione della nota stessa, l'abbia inserita per errore nel corpo del testo. Sarebbe stato compiuto, cioè, un errore analogo a quello che dette origine alla serie " Linus..., Clemens..., Anacletus ", testimoniata dagli scrittori africani del sec. IV e V (Optato di Milevi, s. Agostino): omesso dall'elenco per una disattenzione del copista e aggiunto poi in margine, il nome di Clemente venne inserito in un secondo tempo nel catalogo, ma a un posto sbagliato. A differenza del Martirologio romano, il Liber pontificalis attribuisce il martirio al solo Cleto: fu probabilmente su questa base che la Sacra Congregazione dei Riti soppresse, con decreto del 26 luglio 1960, la festa di s. Anacleto (13 luglio).
Il nome di A. ricorre una sola volta nel poema dantesco, nella invettiva lanciata da s. Pietro contro il papa e i vescovi che, con i loro costumi corrotti e riprovevoli, con la loro fame di gloria e di potenza terrene, hanno fatto del cimitero mio cloaca / del sangue e de la puzza (Pd XXVII 25-26); avevan reso, cioè, Roma una tale sentina di crudeltà e di sozzure, che lo stesso Lucifero, nell'Inferno, ne era soddisfatto: Non fu la sposa di Cristo allevata / del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto, / per essere ad acquisto d'oro usata (vv. 40-42). Non è certamente un caso che s. Pietro - il quale, investito per primo dell'autorità suprema di vicario di Cristo, per primo aveva avuto il potere di sciogliere e di legare - sconfessi con fiere parole Bonifacio VIII proprio nella sua qualità di romano pontefice e di suo successore, e dica tutta l'obbrobriosa condizione in cui ha portato la Chiesa di Roma, solo dopo che D. è stato interrogato e ha superato degnamente il triplice esame de la fede, per la qual tu su per lo mare andavi (XXIV 38-39), de la spene, che là giù bene innamora (XXV 44), e del ben che fa contenta questa corte, e Alfa e O è di quanta scrittura / mi legge Amore o lievemente o forte (XXVI 16-18). Non è un caso che solo allora Pietro bolli, fremente di sacro sdegno, non solo i papi corrotti, ma anche tutti quelli che In vesta di pastor lupi rapaci / si veggion di qua sù per tutti i paschi: e invochi su di loro la mano della giustizia divina: o difesa di Dio, perché pur giaci? (XXVII 55-57). Non è un caso, se solo allora vengono fatti i nomi dei primi pontefici - Lino, Cleto -, che avevano saputo testimoniare a prezzo del sangue la loro fedeltà alla parola di pace e di giustizia predicata da Gesù Cristo. Vi è un profondo nesso liturgico, che sostiene e dà unità all'intera invettiva del principe degli Apostoli, nesso che lega strettamente l'iniziale denuncia della profanazione del santo luogo ove egli aveva patito il martirio al ricordo di quei pontefici martiri per acquisto d'esto viver lieto (XXVII 43). D., che conosceva le brevi notizie relative ad A. contenute nel Martirologio romano, ha qui sicuramente presente, tuttavia, l'antichissima lista dei pontefici romani inserita nel Canone della messa - " ... sed et beatorum Apostolorum ac Martyrum Petri et Pauli... Lini, Cleti, Clementis... ": ha dunque inteso ricordare A. soprattutto come il paradigma dell'autentico cristiano, uomo libero che lotta per vincere e governare secondo la Legge il proprio io ribelle e individualista, per adeguare allo spirito della sua fede l'incredulità e l'ostilità del mondo esterno: che lotta per l'avvento del Regno con tale eroica volontà da non piegarsi o desistere neanche di fronte alla violenza e alla morte, vero pastore che è pronto a sacrificarsi per il bene del suo gregge.
Bibl. - Acta Sanctorum Aprilis, III, Venezia 1738, 409-411; Acta Sanctorum Iulii, III, ibid. 1747, 479-481; s. Ireneo, Libri quinque adversus haereses..., III 2-3, in s. Irenei opera, a c. di W. Wigan Harwey, II, Cambridge 1858, 10 ss.; Eusebio, Chronicorum canonum quae supersunt, in Chronicorum libri II, a c. di A. Schöne, Berlino 1866-1875, I, 68 ss.; II, 156-163, 212; Adversus Marcionem libri tres, in J.-P. Migne, Patrol Lat. II, Parigi 1866, 1133 ss.; Eusebio di Cesarea, Historiae ecclesiasticae libri X, II 25 § 5-8; III 2, 13, 15, 21; V 6 § 1-3, in Opera, a c. di G. Dindorf, IV, Lipsia 1817, 81 ss., 84, 104, 107 ss., 203 ss., 285 ss.; Liber pontificalis, a c. di L. Duchesne, I, Parigi 1886, III. Cletus, 122; v. Anacletus, 125: ma si veda anche a pp. I-V, LXIX-LXX; S. Optati Milevitani, Libri VII contra Donatistas, II 3 a c. di C. Ziwsa, in Corpus scriptorum ecclesiasticorum Latinorum, XXVI, Praga-Vienna-Lipsia 1893, 36 ss.; S. Agostino, Epistolarum libri, I 1, a c. di A. Goldbracher, ibid. XXXVI, ivi 1895, n. 53, p. 152 ss.; Epifanio, Adversus octoginta haereses sive Panarion, VI 1-9, ed. a c. di K. Holl, in Die griechischen christichen Schriftsteller der I. Jahrhundert, Epiphanii I, Lipsia 1915, 308-310; Eusebii Pamphilii Chronici canones. Latine vertit... S. Eusebius Hieronymus, a c. di I. Knight Fotheringham, Londra 1923, 267 rr. 21-22, 271 rr. 17-18; 273, rr. 18-19; 275, rr. 22-23; Martyrologium Romanum Gregorii papae XIII iussu editum..., s.l. [ma città del Vaticano] 1956, 97 e 119; Tyrannii Rufini, Prologus in Clementis Recognitiones, a c. di M. Simonetti, in Corpus scriptorum Christianorum. Series Latina, XX (Tyrannii Rufini Opera), Turnhout 1961, 281 ss.; J. Ruisschaert, Réflexions sur les fouilles vaticanes, in " Revue d'hist. ecclés. " XLIX (1954) 21-37; M. Guarducci, La tradizione di Pietro in Vaticano. s.l. [ma città del Vaticano] 1963, 42-50; J.P. Kirsch, A., in Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., II, coll. 1407-08; Enciclopedia Cattolica, I, col. 1126; F. Caraffa, A., in Bibliotheca Sanctorum, I, coll. 1034-1036.