ARDUINO, santo
Sacerdote, nativo di Rimini; all'infuori della data di morte (15 ag. 1009), nessuna precisazione cronologica può essere fatta per gli avvenimenti della sua vita. Quanto sappiamo di A. è dovuto soprattutto a una biografia, composta probabilmente nella seconda metà del sec. XI da un autore anonimo su invito di un Andrea, che si può ritenere abate del monastero di S. Gaudenzo presso Rimini, dove A. visse nell'ultimo periodo della sua vita e fu sepolto. Secondo uno schema consueto, il biografo, senza precisare nulla della famiglía, narra come venisse istruito nelle lettere per volontà dei.genitori e come manifestasse fin dalla prima giovinezza vivissimo spirito religioso, divenendo sacerdote dopo la .morte del padre; con un'omissione forse significativa non dice che A. fu consacrato da Uberto I, eletto simoniacamente al vescovato di Rimini: la notizia viene riferita da Pier Damiani, che ne era stato informato da un successore di quel vescovo, Uberto III (di cui si ha notizia dal 1053 al 1065), come esempio, data la provata santità di A., della validità delle ordinazioni compiute da simoniaci. Dalla stessa fonte sappiamo che celebrò messa sino alla fine della vita. A. scelse come maestro, unico degno nella diffusa decadenza dell'ordine sacerdotale, Venerio, rettore della chiesa di S. Gregorio in Rimini, che lo accolse in quello che, senza precisare se si trattasse di vera e propria comunità di canonici, l'anonimo agiografa definisce " collegium ". Qui il giovane cominciò subito a dedicarsi a vita austera, macerandosi con digiuni, vigilie, preghiere; ma per sfuggire alla corruzione generale del clero e forse anche più precisamente, a quanto si può intendere dalle parole che, nella Vita, Venerio pronuncia, dell'ambiente in cui vivevano, A. fu indotto dal suo maestro a seguirlo fuori della città. Nell'oratorio di S. Apollinare, chiesa privata loro ceduta dal proprietario, organizzarono la loro nuova vita, alternando il servizio di Dio e il lavoro manuale. Il biografo si sofferma a descrivere la santità della vita qui condotta da A., ispirata dalla lettura dei Padri, le mortificazioni cui si sottoponeva, particolarmente sull'esempio di s. Benedetto, la sua povertà e misericordia verso i poveri, e narra come la sua fama sì estendesse neì dintorni e molti si recassero da lui, per avere consiglio da un uomo di grande discrezione e modestia, che sapeva parlare a ognuno con giusto tono, fossero umili o superbi, giovani o vecchi, poveri o ricchi. A. non esitò anche a rimproverare aspramente davanti a tutti Rodolfo, conte di Rimini, colpevole di molestie ai poveri e di molte altre colpe, tra le quali èforse da comprendere l'usurpazione di beni ecclesiastici (cfr. Ottonis III Diplomata, in Monum. Germaniae Historica, Diplomata regum et imperatorum, 11, 2, Hannoverae 1888, n. 194, p. 603 s.). A una vita di maggiore perfezione, quale l'autore della Vita considera quella monastica, A. doveva poi passare, quando seguì Venerío, che, anche su suo consiglio, accettò la carica abbaziale del monastero di S. Gaudenzo, offertagli, d'accordo con i monaci ' dal vescovo di Rimini, Giovanni, probabilmente successore di Uberto I, noto solo attraverso questa notizia. Tutte le virtù e tutte le opere dei monaci praticò A., il quale però " nequaquani habitum. canonicum mutavi". Questa precisa testimonianza della Vita parrebbe rendere inutile ogni discussione circa la pretesa monacazione di A., ipotesi lungamente confutata dal Cuper contro il Mabiron, che, pur riconoscendo che tutta la tradizione non gli attribuiva il titolo di monaco, pensò di poterlo annoverare tra i santi benedettini per l'austerítà della vita e il lungo soggiorno " in accurata regulari disciplina ". A S. Gaudenzo A. rimase fino alla morte, avvenuta quando era vescovo di Rimini Uberto II, e il suo corpo fu sepolto nella stessa chiesa - dove rimase fino alla demolizione (sec. XIX) -, precisamente nella cappella della Santa Corona secondo il Libellus Stationum S. Gaudentii Ecclesiae Arimini, composto nel 1442 dal monaco Celestino su invito dell'abate Gioacchino de' Possenti di Pavia (R. Adimari, Sito Riminese, Brescia 1616, 11, pp. mo-119 (ma 113) e F. Ughelli-N. Coleti, Italia Sacra, Il, coll. 412-418 (ma 414).
La sua tomba divenne subito oggetto di venerazione, come testùnonia, oltre naturalmente al biografo, il quale narra numerosi miracoli riferitigli in parte dall'abate stesso di S. Gaudenzo, anche Pier Damiani, che nella Vita Sancti Mauri ricorda incidentalmente che una folla della diocesi di Forlimpopoli si recava a pregare sulla tomba del beato. Per l'antichità del suo culto, il Cuper ritiene che, per quanto non nominato nel Martirologio romano né nei testi antichi menologi, a buon diritto A. può essere annoverato fra i santi e ricordato negli Acta Sanctorum.
Fonti e Bibl.: Vita Arduini auctore anonymo incertac aetatis, a cura di G. Cuper, in Acta Sanctorum, Augusti III, Antverpiae 1737 (die decima cìuinta augusti), pp. 216-221 (pp. 214-216: commentarius praevius); Petri Damiani, Liber Gratissimus, in Monumenta Germ. Hist., Libelli de lite imperatorum et pontificum, I, Hannoverae 1891, p. 61; Id., Vita Sancti Mauri, in Migne, Patr. Lat., CXLIV, col. 957; F. Ferrari, Catalogus Sanctorum Italiae in menses duodecim distributus, Mediolani 1613, pp. 512 s.; Id., Catalogus Generalis Sanctorum, qui in Martyrologio Romano non sunt, Venetiis 1625, p. 325; C. Ciementini, Racconto istorico della fondatione di Rimino e dell'origine e vite de' Malatesti, con vari e notabili fatti in essa città ... di tempo in tempo successi, Rimino s. d. [ma 1617-271, 1, PD. 287, 288-96 (ed. della Vita cit.); F. Ughelli-N. Coleti, Italia Sacra, II, Venetiis 1717, coI. 419 S.; J. MabiUon, Acta Sanctorum ordinis S. Benedicti, VIII, Venetiis s.d., pp. 73 S.; C. Baronio, Annales Ecclesiastici, XVI, Lucae 1744, p. 329; XVII, ibid. 1745, p. 66; J. B. Mittarelli-A. Costadoni, Annales Camaldulmses, I, Venetiis 1755, p. 221; II, ibid. 1756, p. 127; (F- G. Battaglìni), Memorie istoriche di Rimino e de' suoi signori artatamente scritte ad illustrare la Zecca e la moneta riminese di F. G. B., a cura di G. A. Zanetti, Bologna 1789, pp. 8 ss.; L. Nardi, Cronotassi dei Pastori della S. Chiesa riminese, Rimini 1813, pp. 60 ss.; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia, II, Venezia 1844, p. 387; L. Tonini, Rimini dal principio dell'era volgare all'anno MCC. Ossia della storia civile e sacra rirninese, II, Rimini 1856, pp. 14, 128, 279, 284-89, 329, 341-44, S14-524 (trascrizione della Vita cit.); G. Schwartz, Die Besetzung der Bistúmer Reic italiens, Leimig 1913, pp. 251 s.