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BERTULFO, santo

di Paolo Bertolini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)
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BERTULFO, santo

Paolo Bertolini

Nacque, sul finire del sec. VI, da una nobile famiglia probabilmente burgunda, da genitori pagani; pagano egli stesso, si convertì ben presto al cristianesimo, probabilmente per influsso dei vescovo di Metz, Arnolfo, che era suo parente. Trasferitosi subito dopo a Metz, vi soggiornò per alcuni anni, approfondendo la sua preparazione religìosa sotto la guida spirituale dello stesso Arnolfa, della cui familia - come è lecito dedurre dalle parole del biografo di B., Giona - era entrato a far parte. A Metz, tuttavia, B. non aveva trovato attuato quell'ideale rigoroso di abnegazione e di penitenza, cui' egli aspirava; perciò, conosciuti i principi di rinunzia e mortificazione che erano alla base della predicazione e della vita di s. Colombano e dei suoi discepoli, si risolse ad abbandonare Metz e, vestito l'abito monastico, chiese di essere ammesso nel centro cenobitico di Luxeuil che, fondato da s. Colombano, era allora retto dal suo discepolo Eustasio (613-629). A Luxeuil B. si fermò a lungo, facendosi ben presto apprezzare per la sua dolcezza, per la forza della sua fede e la severità della vita; qui lo conobbe e lo apprezzò un altro degli antichi discepoli di s. Colombano l'abate Atala di Bobbio, già allora in fama di santità. Questi, intuite le capacità del monaco, chiese ed ottenne il permesso di portarlo con sé in Italia; fu così che B. seguì oltre le Alpi l'abate Atala, di cui divenne il principale collaboratore, e a cui lo legarono filiale affetto e il medesimo desiderio di perfezione e di penitenza.

Quanto tempo B. visse a Metz, e quando si trasferì a Luxeuil, non ci è dato sapere: Il biografò di B. - che pure fu legato a lui da una lunga consuetudine di vita e che fu monaco a Bobbio durante l'abbaziato di Atala e di B. stesso - usa, a proposito di questi avvenimenti, delle espressioni estremamente generiche: "lunctus supradictus pontifice Arnulfò, cum ipso quantisper moravit", scrive, a proposito della permanenza di B. a Metz, e "Deinde ad venerabilem virum Eusthasium Luxovium perrexit, quo diu… mansit". Poiché, quand'egli giunse a Luxeuil, Eustasio era già abate, bisogna ammettere che vi si recò dopo il 613 e che vi rimase sicuramente almeno fin dopo il 616, dato che Atala era già stato eletto abate di Bobbio quando giunse a Luxeuil. Alla scelta di Atala non dovettero essere estranee ragioni di solidarietà: anch'egli, infatti, come B., era di nobile famiglia burgunda; forse lo conosceva o conosceva la sua gente.

Alla morte di Atala (circa 627,10 marzo), B. fu eletto a succedergli dall'unanime voto dei suoi confratelli. Tale elezione, tuttavia, se trovò consenzienti tutti i monaci di Bobbio, provocò invece l'immediata reazione del vescovo di Tortona, Probo, nella cui diocesi si trovava il monastero di Bobbio: il vescovo, che non era stato previamente consultato circa la candidatuta di B., e che forse non era nemmeno stato informato ufficialmente dell'avvenuta elezione, vide in essa una violazione dei suoi diritti giurisdizionali. Perciò, dopo essersi guadagnato con donativi l'appoggio degli altri vescovi della regione e, perfino, di alcuni alti dignitari di corte, per il tramite delle interessate pressioni di questi ultimi aveva portato la questione davanti al re dei Longobardi, Arioaldo, perché lo risolvesse d'autorità. Anche B., che un ufficiale di corte aveva immediatamente informato della mossa compiuta da Probo, cercò di influenzare in senso a sé favorevole Arioaldo per il tramite di un suo inviato. Il re, tuttavia, avrebbe dato alle due parti la medesima risposta: "Non meum est sacerdotum causas discernere". Ai rappresentanti di Probo chiese che provassero "ecclesiastico iure" la tesi (che sembravano evidentemente sostenere opponendosi all'elezione di B.), secondo la quale i monasteri "procul urbibus sita" sarebbero stati sot toposti alla giurisdizione vescovile; agli inviati di B., che cercavano di sapere quale fosse la sua posizione nei confronti della vertenza, il re si limitò a rispondere ambiguamente che mai avrebbe favorito chi avesse sollevato difficoltà contro un uomo di Dio. Inoltre, poiché B. gli aveva fatto chiedere se gli avrebbe dato il permesso di recarsi a Roma, per sottoporre la questione alla Sede apostolica, e se gli avrebbe permesso di fare il viaggio "suplimento publico", a spese cioè della Corona, Arioaldo che, per quanto ariano, poteva avere interesse a mantenere buoni rapporti con Bobbio, data la posizione del monastero, rispose facendo consegnare a B. il danaro necessario al viaggio di lui e dei suoi accompagnatori, tra i quali vi fu lo stesso biografo, di B., Giona.

B. venne accolto assai onorevolmente da Onorio I, il quale volle conoscere a fondo i termini della vertenza, non solo, ma anche i particolari della regola secondo cui vivevano i monaci di s. Colombano a Bobbio; quindi concesse a B. un privilegio (che sarebbe stato il modello delle successive bolle di esenzione dei monasteri: cfr.: Liber diurnus Romanorum pontificum…,a c. di Th. E. ab Sickel, Vindebonae 1889, num. LXXVII, p. 82), in cui riconosceva alPabbazia di Bobbio la più ampia immunità ed esenzione da ogni giurisdizione vescovile (11 giugno 628). Il pontefice, però, forse preoccupato che il benevole atteggiamento di Arioaldo (che, stando a quanto scrive Giona, era favorevole all'indipendenza dei monasteri, almeno quelli lontani dalle città) non influisse negativamente sulla predicazione antiariana ed antipagana sin'allora condotta dai monaci di Bobbio, si fece un dovere di esortare l'abbate "ut cepti itineris laborem non relinqueret et Arrianae pestis perfidiam evangelico mucrone ferire non abnueret".

Durante il viaggio di ritorno, presso la Roccia di Bismantova, nell'Appennino tosco-emiliano, dove allora si trovava una munita fortezza, B., che era partito da Roma ammalato, venne colpito da una febbre tanto forte che si credette prossima la sua fine. Guarito miracolosamente nella notte tra il 28 e il 29 giugno, B. poté ritornare, senza altri inconvenienti, a Bobbio.

B. resse il monastero di Bobbio per circa tredici anni; morì infatti nel 639, probabilmente il 19 agosto, giorno in cui a Bobbio si celebra la sua festa.

Il biografo e discepolo di B., Giona, - che compose la sua opera, le Vitae Columbani abbatis discfiplinorumque eius, proprio dietro ordine di B., cui dedicò il XXIII capitolo del secondo libro - ricorda di B. soprattutto l'umiltà e la religiosità, l'impegno pastorale con cui "plebem docere ac imbuere salubribus monitis non omisit".

Fonti e Bibl.: Ionac Vitae sanctorum Columbani, Vedastis, Iohannis,a cura di B. Krusch, in Mon. Germ. Hist. Scriptores rerum Germanic. in usum scholarum,XXXVII, Hannoverae et Lipsiae 1905, pp. 280-286 (cfr. la pref. dell'editore, ibid., pp. 49 ss.); H. Cazalis, Vie de s. Bertulthe, troisième abbé de Bobbio en Italie…, Avignon 1881; Dict. d'Hist. et de Géógr. Ecclés., VIII, col. 1111; Bibl. Sanctorum, III, coll.115 s.

Vedi anche
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