CONO (Conone), santo
Probabilmente nacque nel 1139 a Naso, in provincia di Messina, da un nobile uomo d'armi e da una nobildonna.
Nulla di C. sappiamo al di fuori di quanto viene riferito dalla tradizione agiografica.
Della più antica biografia, una vita greca attribuita a un contemporaneo e conservata secondo la tradizione sino al XVI sec. con le reliquie del santo, ci resta oggi solo la traduzione latina (in Bibl. hagiogr. Lat., Suppl., n. 1943d) di F. Maurolico.
Secondo l'anonimo, agiografo, l'avere udito "chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me" (Marteo 10, 37) avrebbespinto il giovane C. a rinunziare a un'agiata vita mondana e a entrare nel monastero dei monaci di S. Basilio nei pressi di Naso.
Dopo qualche tempo egli decise di recarsi a Gerusalemme dove, ammonendolo di restituire il mai tolto ai fedeli, avrebbe salvato un prete corrotto al quale un serpente serrava la gola. Al ritorno in Sicilia trovò i genitori morti, sicché decise di donare i suoi beni ai poveri. Benché conducesse una vita cenobitica, fu accusato da una fanciulla di averla ingravidata; il prefetto ordinò che fosse battuto in pubblico, ma, una volta spogliato, dal corpo di C. cadde uno dei tanti vermi che da tempo, a causa dei cilici, prosperavano tra le sue carni; palese quindi l'innocenza di C., anche perché "non potea esser reo di delizie colui che dispiaceva in si fatta guisa la sua carne" (G. Perdicari, p. 261). L'agiografo attribuisce alla fanciulla, come punizione, l'essere stata presa dal demonio, e a C. il gesto, di averla liberata. Il prestigio di C. aumentò poi con la guarigione del figlio del prefetto di Naso, al quale, colpito da apoplexia capitis, avrebbe estratto dall'orecchio un verme della lunghezza di un palmo.
Infine, motivo ricorrente nelle vite dei santi, quando morì, il 28 marzo 1236 a Naso, le campane della città avrebbero suonato senza che nessuno le toccasse.
I nasitani accorsero alla sua dimora per consultarlo, ma lo trovarono morto. Altro topos: C. esalava un odore soave e teneva in mano una tabella nella quale auspicava la liberazione di Naso da ogni tirannide. Il corpo venne tumulato dapprima nel sacrario della chiesa di S. Michele Arcangelo e in seguito nella chiesa a lui dedicata.
Dalle successive biografie, caratterizzate da una più o meno discreta amplificatio che però raramente è controllabile attraverso il ricorso alle fonti, è possibile trarre altri dati, che a volte sono testimonianza dell'evolversi del culto, altre, come nel caso dell'arciprete A. Portale, frutto di fantasiosa apologetica. Il padre di C. si sarebbe chiamato Anselmo Navacita, la madre Apollonia o Claudia Santa Pau (ma il Perdicari ricorda che i Santa Pau, originari dell'Aragona o della Catalogna, arrivarono in Sicilia solo nel 1387); il luogo dell'eremitaggio si sarebbe chiamato Rocca d'Almo. Quasi tutte le biografie attribuiscono a C. almeno quattro miracoli: nel 1504 le reliquie guariscono Susanna Cardona, contessa di Golisano e signora di Naso; nel 1518 egli libera Naso dalla peste; nel 1544 appare in visione ai Turchi che assediano Naso e li mette in fuga; nel 1571, per evitare che Naso fosse colpita da una grave carestia, dirotta su Capo d'Orlando una nave carica di grano. Infine va ricordato un episodio in cui problemi agiografici e aspetti più propriamente popolari del culto sono strettamente connessi. Il Perdicari racconta di un trafugamento delle reliquie di C. per mano del conte di Tigano, calabrese, al quale il santo, di ritorno da Gerusalemme, aveva guarito il figlio. Dopo grandi proteste le reliquie furono restituite ai Nasitani; non al completo però, dato che i Palermitani avrebbero approfittato di una sosta nella loro città per trattenerne una parte.
La restituzione veniva festeggiata sia a Palermo sia a Naso il 3 giugno, giorno in cui però a Diano Marina si festeggia un s. Cono dell'Ordine di S. Benedetto (e sotto quella data i bollandisti ne riportano la vita). A questo si aggiunga che agli inizi del sec. XIV alcuni monaci messinesi identificavano il C. festeggiato il 3 giugno nel martire s. Conone d'Iconium, sicché è sinora rimasta senza risposta la domanda che si poneva il Delehaye, se cioè non sia stata la somiglianza dei nomi a determinare questa data, e se il martire del 3 giugno non sia stato soppiantato in seguito, dal confessore omonimo. Le altre feste ricorrono il 28 marzo, data della morte, e il 1° settembre, data questa d'inizio dei miracoli, secondo il Gaetani (1617, p. 132), e della traslazione delle reliquie nella chiesa di S. Cono secondo il Portale (1938, p. 276).
La festa più importante è quella del 1° settembre, i cui caratteri erano strettamente funzionali alla società di tipo rurale e feudale. I festeggiamenti cominciano il 27 agosto con "'a fera d' 'u pilu russu", cioè con il mercato dei buoi; il 31 agosto segue "'a fera d' 'u pilu niuru", cioè il mercato degli asini. È in questi giorni che i contadini fanno i loro affari; in seguito "si maturano censi, affitti, gabelle e perciò ci vogliono denari a palate" (G. Crimi Lo Giudice, 1890, p. 534). Il culmine della festa è il 1° settembre con l'uscita dei santo dalla chiesa: spari di mortaretti, lancio di "calia" (ceci abbrustoliti) e presenza di malati d'orecchi, dei quali C. è protettore e guaritore. Ai braccioli della bara sono legati fazzoletti che consentono agli credi di chi quel diritto acquisì (possibilmente per una ricevuta guarigione) di portare il santo. Per il simulacro di C., che è diverso da quello della festa del 3 giugno, chiamato per l'appunto di "S. Comi 'u calabrisi", i contadini nutrono un forte fanatismo: credono che in origine rappresentasse l'immagine di S. Diego, e questo spiega perché riconoscono che non è bella, tant'è che volendo accennare alla bruttezza di qualcuno dicono che "avi 'a facci 'i s. Conu".
San C. è venerato in molti altri paesi della Sicilia. Tra i tanti va almeno ricordato l'omonimo paese in provincia di Catania, dove il santo con tutto il suo fercolo viene lanciato "contro certe case, contro certi portoni" e "ne riporta tali lesioni che ogni due o tre anni c'è bisogno di un nuovo simulacro" (L. Sciascia, pp. 189 s.).
Fonti e Bibl: Sulla vita di C.:O. Gaetani, Idea operis de vitis Siculoruni sanctorum famave sanctitatis illustrium, Panormi 1617, pp. 12, 56, 110, 132;G. G. Cuffaro, Vita del glorioso s. C. nasitano. Poema sacro, Messina 1636; O. Gae tani, Vitae sanctorum Siculorum, Panormi 1657, II, p. 67 (Animadversiones);F. Carrera. Pantheon Siculum sive sanctorum Siculorum elogia, Genova 1679, pp. 66 ss.; G. Perdicari, Vita dei santi siciliani, Palermo 1688, pp. 258-270;G. Filoteo Degli Omodei, Sommario degli uomini illustri di Sicilia, in G. Di Marzo, Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, XXV, Palermo 1877, p. 41;A. Portale, Cenni sulla vita di s. C. abate basiliano cittadino e patrono di Naso, Palermo 1936; Id., La città di Naso e il suo illustre figlio s. C. abate, Palermo 1938; P. Burchi, C. di Naso, in Bibliotheca Sanctorum, IV, Roma 1964, col. 149;C. Incudine, Naso illustrata. St. illustr. di una civiltà munic., a cura di O. Buttà, Milano 1975, pp. 17 ss., 120 ss., 191 ss., 334, 355, 358 s.; Acta Sanctorum, Martii, III, 3, pp. 733 ss.; Encyclopédie théologique, XL, p. 647. Sui problemi agiografici: O. Delchaye, Un sinaxaire italo-grec, in Analecta Bollandiana, XXI (1902), pp. 26 s.; F. Halkin, recens. ad A. Portale, cit., ibid., LVII (1939), pp. 434ss. Sulle feste in generale si cfr.: L. Sciascia. Feste religiose in Sicilia, in La cordapazza. Scrittori e cose della Sicilia, Torino 1970, pp. 184-203; si cfr. inoltre: G. Crimi Lo Giudice, Fra proprietari e Moni. Costumanze nasitane, in Arch. per lo studio delle tradiz. popol., IX (1890), p. 534; Id., La festa di s. C. in Naso, ibid., XIII (1894), pp. 379-386; G. Pitrè, Feste patronali in Sicilia, Torino-Palermo 1900, pp. 207-211; Dizionario ecclesiastico, I, p. 709; M. V. Brandi, in Bibliotheca Sanctorum, IV, coll. 149 s. (s. v. C. di Naso).