SILOS, Santo Domingo de
Monastero spagnolo, in prov. di Burgos, situato nella valle di Tabladillo, in Castiglia, sulla strada verso Soria, intorno al quale sorge il piccolo centro abitato di Santo Domingo de Silos.L'origine visigota di S., sostenuta nei perduti Annalia Gothorum di Alonso de Cartagena, del 1653 (Pérez de Urbel, 1930; Vivancos, 1988), non è provata, anche se inizialmente venne forse riutilizzato qualche edificio visigoto. L'esistenza di un cenobio dedicato a s. Sebastiano vicino al fiume Ura può essere documentata fin dall'epoca di Fernán Gonzáles, conte di Castiglia (m. nel 970; Ferotin, 1897b; Serrano, 1926; Pérez de Urbel, 1945). Il re Ferdinando I (1035-1065) pose a capo del cenobio Domingo Manso (1041-1073), proveniente dai monasteri di Santa Maria de Cañas e di San Millán de la Cogolla (Grimaldo, Vita Dominici Silensis). Nel periodo tra la fine del sec. 11° e gli inizi del 13°, il monastero raggiunse il suo massimo splendore, favorito sia dai monarchi Alfonso VI (1065-1109), Alfonso VII (1126-1157) e Alfonso VIII (1158-1214), sia da castellani di rilievo come il Cid (m. nel 1099) o i cavalieri Finojosa, sia dalle numerose donazioni di pellegrini attratti dalle reliquie di s. Domenico (Domingo Manso), santificato nel 1076 e che diede il nome al monastero. La sua decadenza ebbe inizio nel sec. 13° e culminò nel 1835 con l'alienazione di Juan Álvarez Mendizabal e la conseguente espulsione dal monastero. Fu ripristinato nel 1880 con monaci francesi provenienti da Ligugé (dip. Vienne).Della chiesa romanica, sostituita tra il 1751 e il 1792 con quella attuale di Ventura Rodríguez Tizón, rimangono il braccio del transetto meridionale e importanti resti nel sottosuolo, trasformati in cripta subito dopo gli scavi del 1964-1967 (Torres, Yarza, 1971).L'edificio originario, costruito ai tempi di Fortunio e consacrato nel 1088 (Vivancos, 1988, p. 30, nr. 25), era costituito da tre navate concluse da absidi semicircolari, simili a quelle della cattedrale di Jaca, dal transetto e da una cupola su trombe (Whitehill, 19682). Alla fine del sec. 12° vennero aggiunte due campate alle navate e fu realizzato un portico sul lato settentrionale. I principali elementi scultorei che si conservano appartengono al transetto meridionale: la Puerta de las Virgenes, che si apre sul chiostro, conserva tre capitelli integri con figure. Nel 1934 furono trovati i resti di un capitello, oggi sulla colonna su cui poggiano le due arcate che incorniciano la scalinata d'accesso alla porta, con l'iscrizione "Maurus conqueritur fortis ut hic legitur: miretur mundus quod tantum sub [fer]o pondus", che probabilmente alludeva a una figura di moro con funzione di atlante simile a quelle dei portali dell'Emilia (Moralejo, 1990). Questo, insieme alla somiglianza dei capitelli con quelli della navata di San Isidro di León e della chiesa di San Pedro de las Dueñas, indica una data intorno al 1120-1130 (Schapiro, 1939; Whitehill, 19682; Moralejo, 1990).Gli scavi del 1964-1967 portarono alla luce vari resti del portale settentrionale (Yarza, 1970), il più notevole dei quali è un timpano (Santo Domingo de Silos, Mus. Arqueológico y de Historia Natural) con scene della Vita di Cristo: l'Adorazione dei Magi, la Presentazione e la Natività (Yarza, 1970; Ocón Alonso 1997b). Altri frammenti conservati nello stesso museo - che, come il timpano, avvalorano la descrizione di Nebreda del 1580 (Ferotin, 1897a, p. 359) - inducono a ipotizzare che il portale doveva essere completato dalla Strage degli Innocenti e dalle Nozze di Cana negli archivolti, da statuecolonna con re e dal rilievo oggi nel chiostro, con S. Domenico che libera alcuni prigionieri a incorniciare la porta (Yarza, 1970). Lo stile anticheggiante derivato dall'uso di prototipi bizantini tardi e la somiglianza delle scene della Natività e della Presentazione con le loro omologhe dei dipinti del monastero di Sigena (Barcellona, Mus d'Art de Catalunya), in chiaro rapporto con lo stile tardo dello scriptorium di Winchester, suggeriscono una datazione vicina al 1200 (Yarza, 1970; Lacoste, 1973b; Ocón Alonso, 1992). Le parti meno deteriorate rivelano la mano di uno dei migliori maestri ispanici dello 'stile 1200', che condivide numerose cadenze formali e perfino composizioni - come quella della Natività ripetuta nel capitello nr. 38 - con la c.d. seconda bottega del chiostro.Costruito su uno precedente - il cui unico resto potrebbe essere un muro scoperto nel lato nord nel 1971 (Torres, Yarza, 1971), in cui sarebbe stato sepolto s. Domenico nel 1073 (Whitehill, 19682) -, il chiostro è oggi generalmente assegnato alla stessa campagna che vide anche la costruzione di un dormitorio per i monaci, le cui tracce si notano nel muro della galleria orientale del chiostro, e della sala capitolare (Whitehill, 19682); tale fase dei lavori è probabilmente in rapporto con altrettante donazioni di Alfonso VI nel 1096-1098 "ad meliorationem monasterii de Sancto Sebastiano de Silos" (Vivancos, 1988, pp. 31-33, nrr. 27-28). Il chiostro ha forma di un quadrato irregolare, con due ordini di archi sorretti da colonne binate, fasci di cinque nel centro di ogni galleria e pilastri agli angoli; al centro si trovava un'edicola, la tomba della famiglia Finojosa (Ferotín, 1897a; Torres, Yarza, 1971), che può aver conferito al chiostro basso un carattere semipubblico che portò nel sec. 13° alla costruzione di un secondo piano per i monaci.I sessantaquattro capitelli doppi e gli otto rilievi degli angoli del chiostro inferiore dovettero essere eseguiti in diversi momenti. In un primo tempo sarebbero state realizzate le gallerie est e nord, lasciando il chiostro incompiuto fino alla seconda metà del sec. 12°, come si deduce dalle differenze stilistiche e dalla testimonianza di un documento dell'abbazia secondo cui nel 1158 il Capitolo destinava importanti rendite "ad opera claustri et domurum" (Ferotín, 1897b, nr. 60). Questa seconda campagna, contemporanea all'ultimo ampliamento della chiesa e alla decorazione del portale nord, dovette essere portata a termine durante il regno di Alfonso VIII e grazie all'appoggio offerto dal monarca all'abbazia (Ferotín, 1897b, nr. 69). I capitelli dei lati nord, est e sud offrono un ricco repertorio di animali, di esseri fantastici e di forme vegetali; nella galleria nord si trova un capitello istoriato, il nr. 18 (Pérez de Urbel, 1930), con i ventiquattro vegliardi dell'Apocalisse. Le cimase sono ornate da vari intrecci nelle gallerie est e nord, fatta eccezione per il nr. 23, che contiene l'elogio funebre di s. Domenico (Pérez de Urbel, 1930). I capitelli della galleria ovest evocano la tematica precedente, a eccezione di due istoriati: quello dell'Infanzia, il nr. 38 (Annunciazione, Visitazione, Natività, Annuncio ai pastori e Fuga in Egitto; Pérez de Urbel, 1930), e quello della Passione, il nr. 40 (Ingresso a Gerusalemme, Lavanda dei piedi, Ultima Cena; Pérez de Urbel, 1930). Gli otto rilievi, di forma rettangolare con scene sormontate da un arco, presentano a N-E Deposizione e Sepoltura-Visita delle Marie, a N-O Discepoli di Emmaus e Incredulità di s. Tommaso, a S-E Pentecoste e Ascensione, a S-O Annunciazione-Incoronazione della Vergine e albero di Iesse.Sei rilievi mostrano un ciclo tradizionale, che va dalla Passione alla Pentecoste (Ferotín, 1897a; Pinedo, 1912-1913; Pérez de Urbel, 1930), mentre il rilevo dell'Incredulità di s. Tommaso (con l'anacronistica inclusione di s. Paolo) e quello dei Discepoli di Emmaus (che include la rappresentazione di Cristo come pellegrino a Santiago de Compostela) sono stati al centro di un ampio dibattito iconografico (Schapiro, 1939; Moralejo, 1988; 1990).Vi è una certa unanimità nell'attribuire i capitelli delle gallerie est e nord, alcuni di quelli della galleria ovest e i primi sei rilievi a una prima bottega, caratterizzata da un intaglio poco profondo e ricercato, che nei capitelli si diletta con composizioni a simmetria bilaterale e nei rilievi sviluppa una minuziosità precisa e raffinata; la sua ispirazione è stata ricercata in opere suntuarie - avori e tessuti orientali, lavori in metallo o legno - e si è arrivati a fare confronti molto precisi con alcune miniature (Pérez de Urbel, 1930; Schapiro, 1939). Sono state sottolineate frequentemente anche le sue affinità con il chiostro di Moissac e con opere tolosane della cerchia di Bernardus Gelduinus.La discussione cronologica, incentrata molto spesso sui rilievi, si può riassumere in due posizioni: cronologia alta, 1085-1100 ca. (Porter, 1923; 1928; Lojendio, Rodríguez, 1966; Whitehill, 19682), e cronologia bassa, 1125-1150 ca. (Bertaux, 1906; Deschamps, 1923; Gaillard, 1932; 1963; Gómez Moreno, 1934; Durliat, 1976; Williams, 1984; Moralejo, 1990). Nel dibattito se queste opere siano realmente precoci o se, al contrario, siano arcaicizzanti, sono entrate diverse questioni: la datazione delle iscrizioni (fine sec. 11°, Schapiro, 1939), gli aspetti iconografici e l'anteriorità o meno rispetto alle opere tolosane con cui erroneamente è stata imparentata la bottega di Santo Domingo de Silos. Tuttavia lo stile di alcuni rilievi (Incredulità di s. Tommaso, Pentecoste, Deposizione) - più vicini al Wiligelmo di Modena e alle opere emiliane del 1120-1150 ca., e anche al portale di Sainte-Marie a Oloron-Sainte-Marie (dip. Pyrénées-Atlantiques; Lacoste, 1973a, pp. 45-78; Moralejo, 1990) o a un'opera spagnola a esso legata, il portale di Santa Maria a Uncastillo (v.) - sembra indicare come più credibile la cronologia bassa, almeno per quanto riguarda i rilievi.A una seconda bottega si dovrebbero attribuire gli altri capitelli delle gallerie ovest e sud - con radicale cambiamento di stile, sia per l'intaglio, più incline al volume, sia per la decorazione delle cimase o per la definizione del capitello corinzio - e i rilievi dell'Annunciazione-Incoronazione della Vergine e albero di Iesse. Stilisticamente tale bottega è in rapporto con le opere di Mateo de Compostela ed è pienamente partecipe delle inquietudini formali e tematiche dell'arte europea dell'ultimo quarto del secolo (Lacoste, 1973a; Ocón Alonso, 1992). I modelli antichizzanti, intuiti già da Gaillard (1963), sembrano essere il risultato della conoscenza delle creazioni monumentali francesi - specialmente Senlis (Ocón Alonso, 1997b) - e della familiarità con un repertorio di modelli bizantineggianti da cui derivano i disegni delle figure, in modo particolare i 'contrapposti' dell'angelo inginocchiato dell'Annunciazione e di Iesse alla base dell'albero (Ocón Alonso, 1992); non è da escludere che questa bottega abbia avuto qualche rapporto con il contesto mediterraneo, dalla Catalogna e dal Rossiglione alla Provenza e alla Toscana, e che conoscesse le opere di Benedetto Antelami (Lacoste, 1973b), forse attraverso un misterioso maestro Roberto che figura in un documento dell'abbazia del 1175 e in un'iscrizione funeraria sotto il rilievo dell'Annunciazione (Pérez de Urbel, 1930, p. 169). Lo stile e le creazioni di questa seconda bottega ebbero una vasta ripercussione sulla scultura di Burgos della fine del sec. 12°, proiettandosi fino a Soria, all'Aragona e alla Navarra.La sala capitolare, benché trasformata in diversi momenti (secc. 16° e 18°), è un elemento importante nel dibattito cronologico sul chiostro. La sua disposizione, simile a quella delle sale capitolari cistercensi, ha portato a differenti ipotesi di datazione (Gómez Moreno, 1934).Il chiostro conserva numerose sepolture - tra cui quelle dei cavalieri Finojosa, traslate nel sec. 17° - e sarcofagi, come quello di s. Domenico, gotico, con statua giacente accompagnata da due angeli in corrispondenza della testa e due monaci in corrispondenza dei piedi, su una lapide che poggia su tre leoni; al suo lato, incassati, sono due abati, uno dei quali è Juan III (m. nel 1298). Vi si trova anche una scultura lignea della Virgen de Marzo, non anteriore al sec. 13° (Palacios, Yarza, Torres, 1973).I sessantotto capitelli doppi del chiostro alto manifestano con chiarezza il loro carattere tardo nei temi vegetali che indicano una cronologia nell'ambito del Duecento (Palacios, Yarza, Torres, 1973).Il chiostro basso possiede un soffitto intagliato in pino con dipinti a encausto, completo nella galleria ovest e restaurato nelle restanti. Contiene scene popolari e satiriche, un'Adorazione dei Magi e scudi che permettono di datarlo dopo il 1384, nonostante il suo stile arcaicizzante (Pérez de Urbel, 1930; Palacios, Yarza, Torres, 1973).L'imbotte di una delle finestre del transetto conserva tracce di tinta ocra e rossa su grigio - un busto di Cristo e figure di santi - che permettono di immaginare il tipo di dipinti che decoravano la chiesa del sec. 12° (Pérez de Urbel, 1930, p. 177). Anche sopra l'ingresso della sala capitolare si notano resti pittorici, ma del sec. 14° (Pérez de Urbel, 1930, p. 172).La privatizzazione del 1835 causò una dispersione delle opere di maggior valore custodite nel monastero; la parte della biblioteca in cui erano conservati cinquantatré codici scritti in caratteri visigoti, che possono essere ricostruiti grazie agli antichi cataloghi dei secc. 11°, 13° e 18° (Vivancos, 1995, pp. XX, XXV-XXVII), fu acquistata dalla Bibliothèque Nationale di Parigi e dalla British Library di Londra; con l'arrivo dei monaci francesi il monastero recuperò parte dei suoi manoscritti e il suo archivio, insieme a quello della Congregazione benedettina di Valladolid. Nell'od. sezione di codici di S. vanno segnalati: il più antico frammento che si conosca dei Commentari all'Apocalisse di Beato di Liébana (Santo Domingo de Silos, Mus. Arqueológico y de Historia Natural, fragm. 4; Schapiro, 1939; Vivancos, 1995), vari libri di cerimonie, uffici e riti della chiesa mozarabica del sec. 11°, il trattato De virginitate di Ildefonso di Toledo, del 1009, e le prime tre redazioni della Vita Dominici Silensis, di Grimaldo, Gonzalo de Berceo e Pero Marin, dei secc. 13°-14° (Santo Domingo de Silos, Mus. Arqueológico y de Historia Natural, 3; 5; 6; 7; 12). Allo scriptorium di S., attivo dagli inizi del sec. 10° fino alla morte dell'abate Juan nel 1143, sono stati attribuiti vari manoscritti (Vivancos, 1995).Del tesoro medievale dell'abbazia rimane un numero ridotto di opere che attesta l'esistenza a S. di una bottega per la lavorazione dei metalli e di un'altra per la produzione di smalti (Gómez Moreno, 1941; Gauthier, 1962; 1987); la prima dovette esistere già ai tempi di s. Domenico e risale a quell'epoca un calice d'argento dorato che reca l'iscrizione "In nomine Domini ob honorem s(an)c(t)i Sabastiani Dominico abbas fecit" (Santo Domingo de Silos, Mus. Arqueológico y de Historia Natural). Ai tempi di Alfonso VII sarebbe stata fondata a S. una bottega di smaltisti diretta sicuramente da un maestro aquitano (Gauthier, 1962; 1987).Le opere più importanti del tesoro dell'abbazia sono un pannello di rame su legno, decorato con incisioni e vernice bruna (1150-1160 ca.), e un pannello con smalti (1160-1170 ca.), attualmente conservato a Burgos (Mus. Arqueológico Prov.), che potrebbero aver fatto parte, nel sec. 13°, dell'arca delle reliquie di s. Domenico (Gómez Moreno, 1941; Gauthier, 1987).
Bibl.:
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