ELIGIO, Santo
Vescovo di Noyon (641-660) ricordato anche come summus aurifex presso la corte merovingia; le fonti principali per ricostruirne la vita e le opere sono costituite dalla Vita Eligii dello pseudo-Audoeno e dai Gesta Dagoberti.Nato in una famiglia galloromana nel 590 ca., E. fu affidato per la sua formazione al maestro monetiere Abbone a Limoges; andò quindi a Parigi per collaborare con il maestro tesoriere merovingio Bobone, che lo raccomandò al re Clotario II (584-629), per il quale realizzò due sellae (probabilmente selle o troni) in oro con decorazione in pietre preziose. La sua onestà gli procurò la fiducia da parte del re e, quindi, importanti incarichi successivi: infatti, a partire dal 625, fu maestro monetiere presso la corte e il suo nome si trova su monete realizzate a Parigi, Marsiglia, Arles e presso la zecca regia (moneta palatina). L'attività principale di E. si svolse durante il regno di Dagoberto I (629-639): la Vita (I, 32) ricorda come sua opera la nuova realizzazione della tomba di s. Dionigi, nella chiesa parigina dedicata al santo, e, inoltre, i suoi contributi ai reliquiari di s. Martino, santo protettore della monarchia francese, a Tours, a Saint-Quentin, a Beauvais e a Soissons.Nel 636-637, per ordine di Dagoberto, E. fu mandato in Armorica (od. Bretagna) in veste di diplomatico. La Vita ricorda inoltre che, divenuto ricco, egli dimostrò la sua carità nel riscattare prigionieri e nel fondare complessi monastici a Solignac, a Noyon (Saint-Loup) e a Parigi (Saint-Martial). Per soddisfare le sue aspirazioni spirituali E. scelse, dopo la morte di Dagoberto, la vita religiosa, divenendo vescovo di Noyon, con giurisdizione su Saint-Quentin, Tournai, Gand e Courtrai (Vita, II, 2).A E. sono state assegnate varie opere, tra cui un prezioso calice ministeriale in oro per il monastero di Chelles, rifuso durante la Rivoluzione francese, ma conosciuto attraverso un'incisione di A. du Saussay del 1653. La coppa del calice (altezza cm. 26), di tipo bizantino, era ricoperta secondo la tecnica della verroterie cloisonnée, che può essere considerata tipica delle opere di E.; i singoli motivi decorativi attestano il collegamento con un ambito culturale mediterraneo, ovvero aquitanico-goto. A Chelles si trovavano anche una patena e una croce d'altare sempre ascrivibili a Eligio. Una decorazione inclusorio opere fu impiegata anche per la realizzazione di una famosa coppa di avventurina per la chiesa di Saint-Denis (Parigi, BN, Cab. Méd.), rubata nel 1804 e ritrovata priva della montatura, quest'ultima documentabile da un'incisione di Félibien (1706). Una grande croce d'altare ricordata nei Gesta Dagoberti (I, 20), sempre per Saint-Denis, famosa per la sua gemmarii et inclusoris subtilitate, scomparve anch'essa durante la Rivoluzione francese, ma sulla base di un frammento giunto a Parigi (BN, Cab. Méd.) poté almeno essere identificata in un dipinto del Maestro di Saint-Gilles (Londra, Nat. Gall.). Anche la coppa in sardonica dell'abbazia svizzera di Saint-Maurice d'Agaune (Saint-Maurice, Trésor de l'Abbaye de Saint-Maurice) è stata messa in rapporto con la produzione di E. per le sue caratteristiche tecniche, al pari di un'interessante fibula quadrilobata, rinvenuta nel 1952-1953 nell'area dell'abbaziale di Saint-Denis (Saint-Denis, Mus. Mun. d'Art et d'Histoire).La Vita (I, 10) riporta in termini generici che E. realizzò utensilia di diversi tipi in oro e pietre preziose. I gioielli ricamati sulla 'camicia di Batilde' (Chelles, Mus. Mun. Alfred Bonno), che comprendono un collare con gemme, una catena con croce pettorale e medaglioni, potrebbero essere interpretati quale riflesso dell'arte orafa profana della sua bottega. Una più antica tradizione, secondo cui il c.d. trono di Dagoberto (Parigi, BN, Cab. Méd.) sarebbe opera di E., non ha invece trovato più seguito nell'ambito degli studi più recenti.La tomba di E. a Noyon divenne luogo di pellegrinaggio sin dall'Alto Medioevo; il culto si diffuse in tutta Europa e in particolare nella Francia settentrionale e in Belgio; il santo divenne patrono degli orafi e dei maniscalchi, in seguito anche dei fabbri, dei sellai, dei carrettieri e dei mercanti di cavalli. E. può essere raffigurato sia come vescovo sia come artigiano nella sua bottega o come maniscalco o anche rappresentato insieme ad altri santi patroni delle corporazioni; i suoi attributi sono la croce, il martello, il chiodo, le tenaglie, il ferro e lo zoccolo di cavallo. Rari sono i complessi figurativi dedicati a E.: un ciclo di miniature del sec. 13° è conservato a Parigi (Mus. Carnavalet).
Bibl.:
Fonti. - Vita Eligii episcopi Noviomagensis, a cura di B. Krusch, in MGH. SS rer. Mer., IV, 1902, pp. 634-761; Gesta Dagoberti I regis Francorum, a cura di B. Krusch, ivi, I, 1888, pp. 396-425; Audoeno Rotomagense, S. Eligii Episcopi Noviomensis vita, in PL, LXXXVII, coll. 477-494; M. Félibien, Histoire de l'abbaye royale de Saint-Denis en France, Paris 1706.
Letteratura critica. - C. de Linas, Orfèvrerie mérovingienne. Les oeuvres de Saint-Eloi et la verroterie cloisonnée, Paris-Arras 1864; H. Leclercq, s.v. Eloi, in DACL, IV, 1921, coll. 2674-2687; B. de Montesquiou-Fézensac, Une épave du trésor de Saint-Denis. Fragment retrouvé de la croix de Saint-Eloi, in Mélanges en hommage à la mémoire de Fr. Martroye, Paris 1940, pp. 289-301; G. Böing, s.v. Eligius, in LThK, III, 1959, coll. 814; P. Villette, s.v. Eligio, in Bibl. SS, IV, 1964, coll. 1064-1069; F. Negri Arnoldi, Iconografia, ivi, coll. 1069-1073; H. Vierck, Werke des Eligius, in Studien zur vor- und frühgeschichtlichen Archäologie. Festschrift für Joachim Werner zum 65. Geburtstag, a cura di G. Kossack, G. Ulbert, I, München 1974, pp. 309-380; F. Werner, s.v. Eligius von Noyon, in LCI, VI, 1974, coll. 122-127; H. Vierck, La ''chemise'' de Sainte Bathilde et l'influence byzantine sur l'art de cour mérovingienne au VIIe siècle, in Centenaire de l'abbé Cochet, III, La période mérovingienne, "Actes du Colloque international d'archéologie, Rouen 1975", Rouen 1978, pp. 521-564; J.C. Poulin, s.v. Eligius, in Lex. Mittelalt., III, 1986, coll. 1829-1830; V.H. Elbern, Die Goldschmiederkunst im frühen Mittelalter, Darmstadt 1988; K. Schäferdiek, s.v. Eligius von Noyon, in Reallexicon der Germanischen Altertumskunde, VII, Baden-New York 19892, pp. 145-147; Le Trésor de Saint-Denis, a cura di D. Gaborit-Chopin (Le dossiers d'archéologie, 158), cat., Paris 1991, p. 41 ss., nrr. 1, 5, 23 (con bibl.).V.H. Elbern