FELICE I, santo
Secondo la breve notizia del Liber pontificalis (I, p. 158), F. era romano e figlio di un Costanzo. Fu vescovo di Roma dopo Dionigi, come attesta anche Eusebio (Historia ecclesiastica VII, 30, 23), e il Catalogo Liberiano (la lista dei papi fino a Liberio contenuta nel Cronografo del 354 e utilizzata poi dal Liber pontificalis) assegna al suo episcopato una durata di cinque anni, undici mesi e venticinque giorni al tempo degli imperatori Claudio e Aureliano, dal consolato di Claudio e Paterno fino a quello di Aureliano e Capitolino, quindi probabilmente tra il 5 gennaio 269 e il 30 dicembre 274 (cfr. Le Liber pontificalis, I, pp. 6-7); una durata leggermente diversa ha proposto C.H. Turner. Nulla si sa della sua vita precedente e ben poco del suo stesso pontificato, legato tuttavia alla deposizione di Paolo di Samosata come vescovo di Antiochia e soprattutto a una rilevante testimonianza della considerazione acquisita dalla Sede romana e ormai a essa largamente riconosciuta.
Importante funzionario dell'amministrazione finanziaria (ducenarius) dell'autonomo Regno di Palmira (retto prima da Odenato e poi, in nome del figlio Vaballato, dalla vedova Zenobia) e vescovo di Antiochia dal 260, Paolo venne presto accusato da una parte della comunità cristiana locale per la sua condotta di vita troppo sfarzosa e mondana, per sconcertanti innovazioni liturgiche e disciplinari (forse di tenore carismatico), ma soprattutto per le sue opinioni dottrinali considerate poco ortodosse (da quanto si può ricostruire, la dottrina di Paolo identificava il Figlio di Dio non con il Logos preesistente ma con l'uomo Gesù nel quale il Logos era comunque in qualche modo presente); questo contrasto venne con ogni probabilità aggravato dalla contrapposizione tra gli ambienti più ellenizzati, influenzati dalla teologia alessandrina, e quelli invece maggiormente radicati nella cultura locale, della quale Paolo era certo tra gli esponenti più in vista. Dopo un concilio che nel 264 si riunì senza esito ad Antiochia, un altro concilio antiocheno tenutosi nel 268 depose Paolo, lo sostituì con Domno (figlio di Demetriano, che era stato il predecessore di Paolo) e informò dei fatti il vescovo di Roma Dionigi e quello di Alessandria Massimo. La lettera, in buona parte conservata da Eusebio (Historia ecclesiastica VII, 30, 1-18), arrivò a Roma quando, dopo la morte di Dionigi, già era stato eletto come suo successore Felice.
Nonostante la deposizione decretata dal concilio antiocheno del 268 e l'elezione di Domno, Paolo non accettò queste decisioni e resistette al suo posto finché Zenobia non fu sconfitta nel 272 dall'imperatore Aureliano e questi, sulla base di un appello dei suoi avversari, decise la sua rimozione e assegnò la sede e gli edifici episcopali al gruppo che era in rapporto con i vescovi d'Italia e di Roma, secondo la notizia di Eusebio (ibid. VII, 30, 19). Quest'ultima espressione non esclude, secondo F. Millar, una possibile allusione alla lealtà politica nei confronti di Roma del partito avverso a Paolo ma, di sicuro sapore ecclesiastico, potrebbe essere stata ricavata dal testo del ricorso, perduto, all'imperatore e comunque appare una rilevante conferma dell'importanza attribuita alla Sede romana non solo nella cristianità orientale ma anche da parte dello Stato.
A tale episodio va molto probabilmente riferita una lettera, se autentica, attribuita a F. "santissimo vescovo di Roma e martire" e indirizzata a Massimo vescovo di Alessandria e al suo clero. Di questo testo, perduto, è sopravvissuta una breve professione di fede preceduta dall'intestazione citata nella quale si afferma tra l'altro che Gesù Cristo è "il Figlio eterno di Dio e Logos e non un uomo assunto da Dio". Citata due volte da Cirillo di Alessandria, quindi in un florilegio da lui ispirato letto durante il concilio di Efeso del 431 e poi inserita in altri florilegi più tardi, soprattutto siriaci e di origine monofisita, fin dal Settecento questa breve professione di fede è stata generalmente riconosciuta come un falso apollinarista (risalente cioè ai seguaci di Apollinare di Laodicea, sostenitore nel IV secolo di una cristologia fortemente unitiva, opposta quindi alle opinioni teologiche di Paolo di Samosata); tuttavia secondo P. Nautin, che ammette l'innegabile tenore apollinarista del frammento, questo potrebbe benissimo risalire in origine a una lettera di F. in seguito rimaneggiata, soprattutto perché la fabbricazione di un falso avrebbe comportato l'attribuzione al vescovo di Roma Dionigi, che figurava tra i destinatari della lettera del concilio antiocheno del 268, piuttosto che al suo successore F., che nulla metteva invece in rapporto con l'affare di Paolo di Samosata.
Certamente non autentiche e confezionate invece nell'alto Medioevo (quando furono inserite nelle decretali pseudoisidoriane, raccolte di testi canonistici che si voleva risalissero ai papi dell'epoca antica) sono altre tre lettere attribuite a F. e indirizzate a un Paterno vescovo (su garanzie e procedure da osservare nei processi ecclesiastici e sul diritto d'appello alle sedi primaziali e a Roma), ai vescovi della Gallia (su analoghi temi nei processi contro i vescovi) e a un vescovo Benigno (contro l'opinione teologica, dichiarata erronea, dell'inferiorità del Figlio nei confronti del Padre); indicazioni in proposito sono nella seconda edizione dei Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé-G. Wattenbach-S. Loewenfeld-F. Kaltenbrunner-P. Ewald, I, Lipsiae 1885, p. 23.
La breve notizia del Liber pontificalis afferma che F. ordinò di celebrare messe sulle memorie dei martiri. Secondo G.B. de Rossi il testo andrebbe interpretato nel senso che F. avrebbe riservato ai soli sepolcri dei martiri il privilegio della celebrazione di messe e in questo stesso senso si spiegherebbe l'uso, iniziato appunto verso la fine del III secolo, di chiudere gli arcosoli nelle catacombe con transenne marmoree mediante le quali sarebbe stato così possibile impedire la celebrazione di messe sulle memorie di chi martire non fosse stato. L. Duchesne, come sua abitudine, preferisce invece vedervi traccia dell'uso romano agli inizi del VI secolo, cioè dell'epoca a cui risale la redazione del Liber pontificalis; la consuetudine liturgica delle messe ad corpus (letteralmente "presso il corpo") è tuttavia attestata già verso la fine del IV secolo, ma soprattutto, dalla notizia del Liber pontificalis non si ricavano altri particolari su quest'uso romano; per quanto poi riguarda la chiusura degli arcosoli Duchesne pensa piuttosto a una misura precauzionale per impedire usi profani delle tombe dei martiri o anche solo la loro trasformazione in loculi per deporvi altri corpi. Il Liber pontificalis attribuisce poi a F. due ordinazioni annuali (di nove presbiteri, cinque diaconi e cinque vescovi) e la costruzione di una basilica al II miglio della via Aurelia dove ("in cymiterio suo" si legge nella prima redazione del Liber pontificalis), dopo aver subito il martirio, sarebbe stato sepolto il 30 maggio ("III kal. iunias"). Gli itinerari del VII secolo parlano di un luogo di culto dove sarebbero stati venerati i due pontefici e martiri di nome Felice (quindi F. e Felice II, l'antipapa del IV secolo) sulla via Aurelia, in una località nei pressi del cimitero dei SS. Processo e Martiniano. Nel Cronografo del 354 tuttavia F. compare nella Depositio episcoporum alla data del 30 dicembre ("III kal. ianuar.") e il suo luogo di sepoltura è indicato nel cimitero di Callisto (Codice topografico, p. 12), come è confermato anche dalla grande lastra marmorea collocata da Sisto III sul lato interno della parete d'ingresso della cripta dei papi recante i nomi dei vescovi, anche di alcuni non romani, sepolti nel cimitero (Inscriptiones Christianae urbis Romae, IV, nr. 9516: "Xystus Dionysius Stephanus Urbanus / Cornelius Felix Lucius Manno / Pontianus Eutychianus Anteros Numidianus / Fabianus Gaius Laudiceus Iulianus / Eusebius Miltiades Polycarpus Optatus"). Le spoglie di F., unitamente a quelle di altri papi, vescovi e martiri sepolti nel cimitero callistiano, al tempo di Pasquale I furono traslate nella chiesa di S. Prassede, come è documentato dall'iscrizione posta sul primo pilastro della navata destra (cfr. il testo riportato in Le Liber pontificalis, II, pp. 63-4). Il nome di F. è invece assente nella Depositio martyrum. Le indicazioni di questi antichi e affidabilissimi calendari liturgici romani portano quindi a escludere che papa F. sia morto martire. La notizia del suo martirio (fama diffusa anche in Oriente già nel V secolo, come si è visto dall'intestazione della professione di fede attribuitagli e sopra esaminata) e della sua sepoltura sulla via Aurelia, asserita dal Liber pontificalis, sarebbe quindi nata dalla confusione con uno o forse addirittura due personaggi di nome Felice realmente venerati come martiri e poi erroneamente identificati con i due omonimi pontefici. L'errore infine dello stesso Liber pontificalis per quanto riguarda la data si spiega facilmente secondo Duchesne con una svista dell'autore della notizia su F. che avrebbe erroneamente letto "III kal. iun." (30 maggio) invece dell'esatta lezione "III kal. ian." (30 dicembre), confermata nel V secolo anche dal Martyrologium Hieronymianum. Nel Calendarium Romanum la memoria liturgica di F., celebrata il 30 maggio, dal 1971 è stata spostata al 30 dicembre.
fonti e bibliografia
Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, I-II, Paris 1886-92: I, pp. CXXIII-CXXVI, 6-7, 10, 70-1, 158; II, pp. 63-4; III, a cura di C. Vogel, ivi 1957, p. 75.
Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica VII, 30, a cura di E. Schwartz, Leipzig 1908 (Die Griechischen Christlichen Schriftsteller. Eusebius Werke, II, 2), pp. 704-15.
Sulla notizia di Eusebio a proposito dell'appello ad Aureliano e della sua decisione v.: G. Bardy, Paul de Samosate. Étude historique, Louvain 1929 (Spicilegium Sacrum Lovaniense, 4), pp. 358-63; F. Millar, Paul of Samosata, Zenobia and Aurelian: The Church, Local Culture and Political Allegiance in Third-Century Syria, "The Journal of Roman Studies", 71, 1971, pp. 14-6; J. Rist, Paul von Samosata und Zenobia von Palmyra: Anmerkungen zu Aufstieg und Fall eines frühchristlichen Bischofs, "Römische Quartalschrift", 92, 1997, pp. 145-61.
Per la professione di fede attribuita a F., v. H. Lietzmann, Apollinaris von Laodicea und seine Schule. Texte und Untersuchungen, Tübingen 1904, pp. 91-4 (introduzione), 318-21; il frammento 186 è costituito dal testo greco e dalla traduzione tedesca di un suo ampliamento siriaco e il frammento 187 dalla traduzione tedesca di un altro testo siriaco; questi frammenti sono tradotti in italiano in Apollinare, Epifanio, Gregorio di Nazianzio, Gregorio di Nissa et al., Su Cristo: il grande dibattito nel quarto secolo, a cura di E. Bellini, Milano 1978 (Di fronte e attraverso, 35), pp. 185-87; sulla questione v. anche O. Bardenhewer, Geschichte der altkirchlichen Literatur, II, Vom Ende des zweiten Jahrhunderts bis zum Beginn des vierten Jahrhunderts, Freiburg i. Br. 1914², pp. 645-46; per le citazioni dei frammenti da parte di Cirillo e le edizioni (curate da E. Schwartz negli Acta Conciliorum Oecumenicorum) successive alla raccolta di H. Lietzmann v. la voce di P. Nautin nel D.H.G.E., XVI, coll. 886-87.
Per la bibliografia su Paolo di Samosata v. la rassegna critica di L. Perrone, L'enigma di Paolo di Samosata. Dogma, chiesa e società nella Siria del III secolo: prospettive di un ventennio di studi, "Cristianesimo nella Storia", 13, 1992, pp. 253-327.
Sugli aspetti agiografici v.: Propylaeum ad Acta Sanctorum Maii, Antverpiae 1742, pp. 142-43; Bibliotheca Hagiographica Latina [...], I, Bruxellis 1898-99, p. 430; H. Delehaye, Commentarius perpetuus in Martyrologium Hieronymianum [...], in Acta Sanctorum Novembris [...], II, pars posterior, ivi 1931, pp. 15-6; Martyrologium Romanum [...] scholiis historicis instructum, in Propylaeum ad Acta Sanctorum Decembris, ivi 1940, p. 215; B. de Gaiffier, Les notices des papes Félix dans le Martyrologe Romain, "Analecta Bollandiana", 81, 1963, pp. 333-36.
Tra gli altri studi si ricordano: A Dictionary of Christian Biography, II, London 1880, s.v., pp. 479-80; C.H. Turner, The Papal Chronology of the Third Century, "The Journal of Theological Studies", 17, 1916, p. 349; J.P. Kirsch, Le memorie dei martiri sulle vie Aurelia e Cornelia, in Scritti di storia e paleografia pubblicati sotto gli auspici di S.S. Pio XI in occasione dell'ottantesimo natalizio dell'E.mo cardinale Francesco Ehrle, II, Per la storia di Roma, Roma 1924 (Studi e Testi, 38), pp. 76-81; Codice topografico della città di Roma, a cura di R. Valentini-G. Zucchetti, II, Roma 1942 (Fonti per la Storia d'Italia, 88), p. 12; Catholicisme, IV, Paris 1956, s.v., coll. 1147-48; Inscriptiones Christianae urbis Romae. Nova series, IV, a cura di G.B. de Rossi-A. Ferrua, In Civitate Vaticana 1964, nr. 9516; J.N.D. Kelly, The Oxford Dictionary of Popes, Oxford-New York 1986, s.v., p. 23; Biographisch-bibliographisches Kirchenlexikon, II, Herzberg 1990, s.v., col. 9.