FILIPPO Benizi, santo
Nacque a Firenze, nel sestiere d'Oltrarno, nel 1233, da Giacomo e da una Albaverde. I suoi dati biografici divengono sufficientemente precisi solo dopo la sua elezione a quinto priore generale dell'Ordine dei servi di Maria, tramite la documentazione archivistica: prima di tale data disponiamo di quelli, in parte contrastanti, contenuti in una sua Legenda detta "arcaica", da poco rinvenuta e ritenuta scritta intorno al 1305, nella redazione definitiva della Legenda de origine Ordinis, posteriore alla traslazione delle reliquie, del 1317, cronologicamente assai più precisa, e nell'altra sua Legenda, riduzione della precedente, a lungo invalsa, dell'ultimo quarto del sec. XIV.
Nella giovinezza F. ricevette una formazione culturale di rilievo, tramite l'affidamento iniziale a un "maestro religioso", raggiungendo un livello universitario (al momento di farsi frate è detto "in medicinalibus doctus"), e si impegnò in un genere di vita spirituale e devoto conforme ai canoni del tempo: frequenza delle chiese e perseveranza nell'orazione, recita quotidiana dell'ufficio parvo della Madonna, di quello dei defunti e dei salmi di penitenza, mortificazione del corpo, assistenza caritativa dei poveri. Durante una di queste frequentazioni devote, dopo il periodo quaresimale del 1254(si indica più precisamente il giovedì di Pasqua, 18 aprile di quell'anno), vissuto con particolare intensità, egli si sarebbe sentito interiormente ispirato ad entrare nel piccolo Ordine dei "servi di S. Maria", iniziato nell'eremo di monte Senario prima del maggio 1247, che dal 1250aveva un insediamento stabile anche presso Firenze. Ad attrarlo potrebbe essere stato proprio il genere di vita evangelica, umile e ritirata condotta dai primi frati e la loro dedizione al servizio della Vergine; lo avrebbe accolto fra' Bonfiglio, lo stesso che col nome di Figliolo risulta priore di monte Senario nel 1250-51. Inizialmente, per sua esplicita volontà, semplice frate laico, F. sarebbe stato promosso agli ordini sacri dopo che la sua "sapientia" era stata accidentalmente scoperta da un chierico o da due frati domenicani in una itineranza tra un convento e l'altro. Dopo una prima permanenza a monte Senario o a Firenze, lo troviamo a Siena nel novembre 1255,dove ricevette con fra' Bandino un versamento del Comune per il locale convento; nel settembre 1257 partecipò al capitolo generale di Firenze in cui si decise di inviare due frati presso la Curia romana allo scopo di ottenere dal benevolo Alessandro IV l'annullamento di restrizioni circa l'apostolato emanate da Innocenzo IV nell'agosto 1254 e concessioni relative alle confessioni e sepolture dei fedeli e all'assistenza di donne ai divini uffici nelle chiese dell'Ordine. Troviamo ancora un fra' Filippo a Siena in un atto capitolare del novembre 1259.
L'elezione di F. a priore generale del suo Ordine è da attribuirsi al capitolo generale tenuto a Firenze nel giugno 1267, in cui il predecessore fra Manetto da Firenze rinunziò alla carica. A tenore della Inducunt nos, concessa all'Ordine da Urbano IV nel 1263 e confermata nel 1265 da Clemente IV, si recò certamente allora per la conferma presso la Curia papale a Viterbo, divenendo generale anche "auctoritate Sedis Apostolice". In quel periodo sarebbe stato di convento a Cesena, dove peraltro risulta attivo come mercante - secondo atti rogati nel 1273 dal notaio bolognese Nicolò di Rolando Bonvignoni - un omonimo, o forse parente, "Filippo detto Lippo, del fu Giacomo Benizi da Firenze". Ricoprì la carica, che si dice abbia a lungo occultato ai parenti, fino alla morte, coadiuvato negli ultimi mesi da fra' Lotaringo da Firenze, poi suo successore.
L'Ordine, al momento in cui F. fu eletto generale, aveva raggiunto in vent'anni una certa estensione (dieci conventi collocati tutti nell'Italia centrale eccetto quello di Bologna) ed era ormai convalidato dal papa nelle sue basi legislative e organizzative e nella sua attività pastorale. L'adozione della regola agostiniana e di istituzioni ad essa conformi e l'impegno di povertà assunto collettivamente a Firenze dai primi frati nell'ottobre 1251 (per cui, come affermò Alessandro IV nel 1255, essi erano tenuti ad "aliqua immobilia non habere") erano stati confermati, come "clausola di regolarità", dallo stesso nel marzo 1256 e, ancor prima, da Innocenzo IV. Alessandro IV aveva concesso poco dopo alla comunità suburbana di Firenze di poter ascoltare le confessioni dei fedeli e all'Ordine intero, nel 1259, di accoglierli nelle proprie chiese per la sepoltura, convalidando nel contempo l'autorità del generale. La lettera di Urbano IV del 1263 aveva riconosciuto all'Ordine di potersi riunire in capitolo per eleggersi, a tempo debito, un priore generale.
I diciotto anni di generalato di F. si possono dividere in due periodi: dall'elezione al secondo concilio di Lione del 1274 e da questo alla morte.
L'attività svolta da F. negli anni anteriori al concilio di Lione, quale risulta dalla documentazione d'archivio, appare notevolmente impegnativa. Sotto di lui furono fondati nel 1269 il convento di Sant'Angelo in Vado nelle Marche e nel 1273 quello di Foligno, con annessa cura parrocchiale (la prima nell'Ordine); appaiono come già esistenti, dal 1270 e dal 1273, quelli di Pistoia e di Spoleto, e da assai prima della morte di F. quello di Todi; dovevano già esistere da prima del concilio (data la difficoltà di passare poi a nuove fondazioni) quelli di Forlì, di S. Maria del Paradiso di Halberstadt, di Viterbo, Città della Pieve e Cortona. Si raddoppiò così in quegli anni il numero degli insediamenti, con espansione dell'Ordine in area germanica. È pure da attribuire a F. il raggruppamento dei conventi, territorialmente, in province religiose rette da priori provinciali che vi godevano dell'autorità che aveva il generale sull'intero Ordine. Dal 1273 è documentata l'esistenza della provincia del Patrimonio e dal 1276 e 1289 quelle, rispettivamente, di Romagna e di Toscana, che possono avere avuto origine anche anteriormente.
Prima del 1274 F. risulta presente in non pochi atti conventuali a partire da quello di Bologna dell'8 luglio 1267, volto a salvaguardare i diritti della comunità locale nei confronti del rettore della vicina chiesa di S. Biagio. Il 10 ott. 1269, durante il lungo conclave successivo alla morte di Clemente IV, ritirò forse personalmente a Viterbo il vidimus - recapitato poi in Germania - del cardinale Guido di S. Lorenzo in Lucina riguardante la lettera di Alessandro IV del 1255 circa la possibilità di avere luoghi propri dotati di oratorio e cimitero, e partecipò ad Orvieto, nel febbraio 1270, all'accordo tra i frati e i premostratensi della locale abbazia di S. Severo. Intraprese poi forse, dalla primavera dello stesso 1270 alla metà dell'anno successivo, un viaggio in Germania - attestato dalle fonti agiografiche - al fine di realizzarvi fondazioni dell'Ordine. Nel gennaio 1272 era a Città di Castello per chiedere al vescovo Nicolò licenza per costruire una chiesa presso Sansepolcro; presiedette forse ad Arezzo, fra maggio e giugno 1273, il capitolo generale annuo durante il quale avrebbe concesso lettere di partecipazione dei beni dell'Ordine alla Società della laude di S. Maria di Cafaggio. Era di nuovo a Bologna, in un atto di procura dei frati, nell'ottobre 1273.
F. deve essersi dato anche cura di serbare "memoria" delle origini dell'Ordine e di adeguarne la legislazione alle nuove esigenze. Ad un De origine Ordinis da lui scritto, comprendente origine e sviluppi dei servi fino al suo generalato, fa esplicito riferimento, la Legenda de origine, che lo dichiara perduto ma che di fatto sembra potersi identificare con la sezione centrale arcaica della stessa Legenda. L'impostazione cristocentrica di questa sezione, le caratteristiche della spiritualità dei "padri" in essa evidenziate (spirito penitenziale e pauperistico, intenti contemplativi e di fraternità) fanno comunque datare la sua composizione anteriormente al 1274. Circa la legislazione, risultando le Constitutiones antique, primo testo conosciuto, sostanzialmente anteriori al 1295 e notevolmente dipendenti da quelle dei predicatori degli anni 1241-57, si deve supporre un'importante revisione legislativa, resa più necessaria dall'approssimarsi del secondo concilio di Lione, proprio al tempo di Filippo.
Mentre era in pieno, sviluppo questa attività di F., il secondo concilio di Lione del 1274 venne a condizionare l'avvenire degli Ordini mendicanti e in particolare gli ultimi undici anni di governo dello stesso F., anche se gli effetti del concilio sul suo Ordine non sono univocamente valutati dalla storiografia recente.
Annunziato subito dopo la consacrazione del nuovo papa Gregorio X (marzo 1272), il concilio era stato preceduto da un'inchiesta preliminare che aveva evidenziato, tra i problemi da affrontare, quello dell'eccessivo numero e dell'invadente attività apostolica degli Ordini mendicanti. Se ne occupò l'ultima sessione conciliare del 17 luglio 1274 con il canone 23 Religionum diversitatem nimiam che prendeva particolari misure contro quelle tra esse cui la professione o la regola proibivano di avere "reditus aut possessiones", obbligandole a ricorrere alla "incerta mendicitas". Si stabiliva che esse potessero continuare a sussistere momentaneamente a condizione di non ammettere più postulanti e di non fondare nuovi conventi (venendo così a scomparire per consunzione) e sospendendo immediatamente l'esercizio di privilegi di tipo apostolico. Furono esentati da tali misure i soli predicatori e minori.
È probabile (come afferma la Legenda arcaica convalidata da riferimenti indiretti delle fonti archivistiche) che F. si sia recato a Lione come generale di un Ordine approvato, o lo abbia fatto, come Pietro da Morrone per i suoi eremiti, dopo la pubblicazione delle costituzioni del concilio (novembre 1274). Non ottenne comunque alcuna lettera da parte del papa, e la sopravvivenza stessa dell'Ordine divenne precaria. Che anche l'Ordine dei servi di origine fiorentina - incluso in alcune cronache del tempo tra quelli soppressi - sia rimasto come in sospeso in quegli anni non aprendo conventi, non ricevendo novizi e cercando di qualificarsi come non mendicante, lo dimostrano, diversi documenti.
In tale situazione, F. deve avere provvisoriamente ottemperato alle disposizioni del concilio cercando nel frattempo di sostenere una politica di acquisto di possedimenti da parte dei conventi. Preparò poi una linea di difesa giuridica dell'Ordine, formalizzata nella risposta negativa data nel febbraio 1277 da tre avvocati di Curia ad un quesito posto dal generale e dai frati serviti che, desiderosi di "certificare" la propria coscienza, domandavano appunto se l'Ordine fosse da ritenere "cassatus" dalla costituzione conciliare.
Il consilium, espresso con circospezione e con una qualche reticenza, era motivato dal fatto che né la regola su cui era fondato l'Ordine né alcuna delle sue costituzioni proibiva di avere possedimenti (che di fatto non pochi conventi avevano) e che, d'altra parte, avendo concesso il papa agli stessi frati di tenere capitolo generale eleggendovi un proprio priore generale, l'Ordine era da ritenere implicitamente approvato. Due mesi dopo, nell'aprile 1277, Giovanni XXI, con l'unica lettera pontificia riguardante l'Ordine tra il secondo concilio lionese e il papato di Onorio IV, confermò una donazione fatta qualche mese prima ai "frati dell'ordine di S. Agostino, volgarmente detti servi di S. Maria" del convento di S. Maria del Paradiso, diocesi di Halberstadt.
Questa lettera fu seguita da un lungo periodo di silenzio da parte del papa. I servi, che cercavano di passare per Ordine genericamente agostiniano e facevano talvolta uso per i loro membri del titolo di dominus, continuavano a condurre in quegli anni una vita collettiva e locale apparentemente ordinaria, anche se la sospensione almeno momentanea della questua poteva rendere più difficile la loro esistenza. Tennero probabilmente capitolo generale annuo, come gli eremiti agostiniani, ricevettero numerosi lasciti testamentari e infittirono acquisti di terreni. Parteciparono alla vita pubblica di diversi Comuni inserendosi (come a Siena nel 1280) in trattative di pace, si occuparono dei circoli di "devoti" gravitanti intorno alle loro sedi.
F. doveva essere l'ispiratore di questa politica locale che non poteva non influire sulle decisioni del pontefice, anche se il suo nome non compare in atti capitolari, peraltro rari in quegli anni. Risulta solo intestatario di una lettera di nomina a priore per Città di Castello, presentata al vescovo locale nel settembre 1274. Gli si attribuisce, dal sec. XVI, un incarico da parte di Martino IV di recarsi a Forlì per condurre i cittadini sotto obbedienza papale: risulta comunque che "al tempo della scomunica" (marzo 1282 - settembre 1283) F. ricevette un prestito dai frati del locale convento. Costretto a lasciare la città, avrebbe indotto a conversione il giovane Pellegrino Laziosi, poi frate e santo.
Nel 1285, proprio quando il pericolo per l'Ordine sembrò divenuto maggiore, la situazione prese una piega favorevole a seguito dell'elezione, nell'aprile 1285, di Onorio IV, che riprese contatto anche con gli eremiti carmelitani e agostiniani. Sotto di lui e il francescano Niccolò IV i servi si riportarono lentamente in zona di sicurezza: subito dopo l'incoronazione del nuovo papa (20 maggio 1285), e forse dopo aver tenuto capitolo generale a Todi, F. si recò con fra' Lotaringo (già associato al governo dell'Ordine) presso la Curia romana per riallaccíare trattative a più riprese iniziate e interrotte.
Lo attestano annotazioni autografe di prestiti da lui ricevuti da frati per la causa dell'Ordine il 1º giugno di quello stesso 1285 conservate nell'Acceptiet expensi liber del successore Lotaringo. L'azione ripresa da F. e proseguita dal successore porterà questa volta, dopo nuovi consulti favorevoli all'Ordine, alle prime lettere papali del gennaio-marzo 1287 volte a garantire per il momento singoli conventi. In seguito ad esse, comunque, nel maggio successivo il vescovo di Foligno rinunziò a una causa in cui contestava ai frati la facoltà di ricevere novizi.
Di ritorno forse dalla Curia, affaticato e malato ma anche aperto a nuova speranza, F. tornò nel convento di S. Marco di Todi, accolto festosamente dal popolo. Provato anche nello spirito e dopo avere - come si narra - esortato i frati a umiltà, pazienza e carità, e raccomandato al Signore il "poverello Ordine" dei servi della sua "dolcissima madre", morì il 22 ag. 1285.
Numerose guarigioni verificatesi attorno alla sua salma e attribuite alla sua intercessione furono registrate in un Liber miraculorum degli anni 1285-90, conservato in copia quattrocentesca; altre, narrate nelle Legendae, avvennero il 10 giugno 1317 durante la traslazione delle sue reliquie in un'apposita cappella (tali reliquie sono conservate dal 1599 sotto l'altare maggiore di S. Maria delle Grazie - ora S. Filippo - dove i frati si trasferirono nel 1598). Da tali miracoli l'autore della Legenda de origine, il generale Pietro da Todi (1314-44), o un frate a lui vicino, dice di essere stato indotto a raccogliere notizie circa la vita del santo. Tra le sue prime raffigurazioni iconografiche va rilevata quella del 1346 conservata nel coro dei frati di Todi (ora monastero di clarisse), recuperata di recente in tutta la sua ampiezza, nella quale, rappresentato con la raggiera dei beati e un ramo simbolico in mano, trasmette a s. Pietro l'anima accolta dalla Vergine e da lei incoronata all'uscita del purgatorio (di cui si ha qui una delle prime raffigurazioni). Il 24 genn. 1516 Leone X convaliderà il culto di F. come beato, fissandone la festa al 23 agosto, e il 12 apr. 1671 Clemente X lo dichiarò santo.
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