FRANCESCO D'ASSISI, SANTO
Figlio del ricco mercante di panni Pietro di Bernardone e di Giovanna, F. nacque ad Assisi nel 1182. Venne chiamato in un primo momento Giovanni, ma il padre, tornato dalla Francia dove si era recato per affari, gli volle dare il nome di Francesco.
F. ricevette un'educazione coerente con il suo stato sociale: come dimostrano gli scritti autografi conservati, era in grado di scrivere in un latino semplice ma relativamente corretto e di utilizzare, sia pur con qualche fatica, forme scrittorie simili a quelle dei notai della regione alla fine del XII secolo. Pare, inoltre, che fosse in grado di parlare il francese e alcune fonti gli attribuiscono un genuino interesse per alcuni temi della poesia epica e cortese allora in voga: la povertà viene definita da F. sua domina (signora) e i suoi frati "cavalieri della tavola rotonda". Né va dimenticato che il Cantico di Frate Sole (o delle Creature), composto da F. negli ultimi anni ‒ o mesi ‒ di vita, rappresenta uno dei primi monumenti della lingua italiana.
Fu verso il 1203, dopo un periodo di prigionia a Perugia e una lunga malattia, che F. abbandonò le sue ambizioni di gloria militare e iniziò a condurre una vita ascetica, ponendosi al servizio degli ammalati e non trascurando neanche la cura dei lebbrosi. E proprio a un profondo cambiamento interiore nei confronti di questi sventurati F. fa risalire nel Testamento la sua definitiva decisione di abbandonare il mondo. Rinunciata pubblicamente l'eredità paterna, F. assunse l'abito del penitente e da quel momento (1206) gli si raccolsero intorno dei compagni che volevano condividere la sua forma di vita e che, desiderosi di seguire l'insegnamento del Cristo, conducendo una vita simile a quella degli Apostoli, con F. incominciarono a predicare. In questa fase dovettero godere dell'appoggio del vescovo di Assisi, Guido II, la cui autorità non si estendeva però oltre i confini della diocesi. Sarebbe così maturata in F. la decisione di ottenere dal papa l'autorizzazione a seguire la forma di vita che aveva adottato e a predicare senza limiti territoriali.
Il viaggio a Roma va collocato nel 1209, o più probabilmente nel 1210, e segna una svolta nella vita di Francesco: la sua azione si pone da qui deliberatamente al servizio della Chiesa romana; segno di ciò è la tonsura che, secondo alcune fonti, sarebbe stata imposta a F. e ai suoi compagni per conferire loro una posizione canonicamente inattaccabile, in quanto ai laici la predicazione era vietata.
Negli anni successivi i Frati minori, come cominciavano a chiamarsi, si diffusero nell'Italia centrale. Dopo la conversione nel 1212 di Chiara, giovane donna di Assisi, l'Ordine ebbe una partecipazione femminile: nel 1216 ‒ è Jacques de Vitry a dirlo ‒ intorno a Perugia, accanto ai fratres minores, si contavano anche numerose sorores minores. F. volle spingere i suoi frati nell'opera di evangelizzazione in varie regioni d'Europa e tra gli infedeli, andando incontro anche a ripetuti fallimenti. Pure v'era un problema legato all'incertezza canonica della loro forma di vita, soprattutto dopo che il IV concilio lateranense aveva vietato la nascita di nuove forme di vita religiosa, imponendo l'obbligo di adottare o la regola di S. Benedetto o quella di S. Agostino.
La Curia romana cominciò a esercitare pressioni sempre più forti affinché la nuova famiglia religiosa si 'normalizzasse'. Ma, proprio in questa fase (1219), F. decise di unirsi ai partecipanti alla quinta crociata a Damietta in Egitto. Qui sarebbe riuscito a predicare davanti al sultano, affrontando anche un dibattito in materia di fede con alcuni dotti musulmani. Dall'Egitto passò forse in Terrasanta, visto che tornò in Italia in compagnia di frate Elia che, da alcuni anni, era impegnato nella diffusione del francescanesimo in Siria.
Il 1220 è un anno cruciale per Francesco. Il movimento è ormai un Ordine (nel settembre papa Onorio III introduce l'obbligo del noviziato di un anno, prima di essere definitivamente accolti), ma il suo comportamento è pieno di contraddizioni. Fu egli stesso probabilmente a chiedere una sorta di interlocutore privilegiato in Curia, per aiutarlo nella guida dei suoi frati e nella stesura della regola; questi fu il cardinale Ugolino d'Ostia, poi papa Gregorio IX. Non vi è dubbio che F. partecipò al complesso lavoro di redazione di una regola che egli volle diversa da quella benedettina, in cui fosse prevista la rinuncia a ogni forma di proprietà e di reddito e in cui avesse un notevole peso, insieme al lavoro manuale e al servizio dei poveri, il carattere 'misto' della compagine, Ordine di chierici e di laici. D'altro canto, però, nell'autunno del 1220, F. rinunciò a ricoprire la carica di superiore, lasciando la cura di dirigere l'Ordine a Pietro Cattani e, alla morte di questi (marzo 1221), a Elia. Egli restò tuttavia per la Curia il vero rappresentante della comunità minoritica.
Rifiutata una prima volta, la regola francescana, rivista e semplificata, viene approvata da Onorio III nel novembre del 1223. Il testo porta chiaramente il segno degli interventi, in prima persona, di F. che, nel prologo, giura obbedienza al papa e ai suoi successori.
Fra l'estate e l'inizio dell'autunno del 1224, F. si ritira sulla Verna, per trascorrervi un periodo di solitudine e preghiera, accompagnato dal solo frate Leone. Qui gli viene concessa la grazia di portare sul proprio corpo i segni della Passione, le stimmate.
Ma i problemi di salute di F. si sono aggravati. È tormentato dal tracoma, che lo ha colpito in Egitto, ma, ancor più, da una grave malattia dello stomaco. Vorrebbe abbandonarsi alla volontà divina ma è costretto, per obbedienza, a curarsi. Pochi mesi prima di morire compone il Testamento, in cui ribadisce la propria scelta di povertà, il valore del lavoro manuale, il proposito di servire poveri e malati. F. esprime inoltre la volontà che il Testamento venga affiancato alla regola, che i frati dovranno osservare nella sua interezza e senza commenti. Muore nella notte tra il 3 e il 4 ottobre del 1226. Per intervento di Gregorio IX la sua santità viene riconosciuta dalla Chiesa nel luglio del 1228. Vengono intanto avviati i lavori per la costruzione della basilica, in cui il suo corpo viene traslato il 25 maggio del 1230.
F. sembra non avere nulla in comune con Federico II. Eppure sono entrambi interpreti profondi del loro tempo, amanti della nuova cultura che si esprime in volgare; poeta F., protettore e padre di poeti Federico. Entrambi hanno la chiara consapevolezza del fallimento della crociata come fatto militare: F. cerca di convertire con la parola lo stesso sultano con cui Federico stipula una tregua decennale e da cui ottiene senza colpo ferire Gerusalemme. Entrambi sono schierati a favore dell'ortodossia: F. combatte con le parole e con l'esempio in difesa di quella stessa fedeltà a Roma che Federico vuole garantire con le più spietate leggi antiereticali mai emanate fino a quel momento.
Fonti e Bibl.: le opere latine di F., le sue più antiche biografie e le prime cronache dell'Ordine minoritico sono edite in Fontes Francescani, a cura di E. Menestò-S. Brufani, Assisi 1995. Una bibliografia aggiornata fino al 1992 si può leggere in R. Rusconi, Francesco d'Assisi, santo (Francesco di Pietro di Bernardone), in Dizionario Biografico degli Italiani, IL, Roma 1997, pp. 664-678. Un'altra ricca appendice bibliografica in G.G. Merlo, Nel nome di san Francesco. Storia dei frati Minori e del francescanesimo sino agli inizi del XVI secolo, Milano 2003, pp. 7-56. L. Battais, La courtoisie de François d'Assise. Influence de la littérature épique et courtoise sur la première génération franciscaine, "Mélanges de l'École Française de Rome. Moyen Âge", 109, 1997, pp. 131-160;W. Maleczek, Francesco, Innocenzo III, Onorio III e gli inizi dell'Ordine minoritico. Una nuova riflessione su una questione antica, "Frate Francesco", n. ser., 69, 2003, nr. 1, pp. 167-206; P. Maranesi, La conversione di Francesco secondo il Testamento, ibid., pp. 91-125; Franziskus von Assisi. Das Bild des Heiligen in neuer Sicht, in corso di stampa.