GASPAREDel Bufalo, santo
Nacque a Roma il 6 genn. 1786 da Antonio e da Annunziata Quartieroni nel popolare rione Monti, dove il padre, discendente di un ramo cadetto dei marchesi Del Bufalo, svolse i più disparati mestieri fino al 1787 quando passò al servizio dei principi Altieri come cuoco e si trasferì con la famiglia nel palazzo nobiliare.
La nuova residenza nel rione Pigna consentì a G. di seguire la madre, donna molto pia, nelle pratiche devote presso la chiesa del Gesù, sede storica dei gesuiti ormai soppressi, e di entrare in contatto con un ambiente religioso fedele alla tradizione cattolica.
Dopo un breve periodo presso la scuola rionale di via del Piè di marmo, frequentò i padri scolopi e si iscrisse al Collegio romano. Nell'aprile 1800, ripristinato il potere pontificio dopo la Repubblica giacobina, G. prese gli ordini minori. Frequentava le conferenze o le conversazioni morali e scientifiche tenute dai lazzaristi (che avevano sostituito la soppressa Compagnia di Gesù nella formazione del clero romano) e degli ex gesuiti riuniti nella casa del Gesù (guadagnandosi la familiarità del rettore Giovanni Marchetti, dal quale ottenne di far parte dell'Accademia ecclesiastica da lui fondata).
Seguendo con profitto i corsi del Collegio romano e la scuola di "validi oratori" di mons. Giovanni Baccolo, G. affinò, come indicano le opere giovanili, cultura e tecniche della predicazione. Perseguiva al contempo una rigida autodisciplina e un instancabile impegno nelle opere di devozione e di carità: insegnava catechismo ai bambini e animava la liturgia nella basilica di S. Marco sotto la direzione del curato Antonio Aquari, esaminatore del clero presso il vicariato di Roma; recitava panegirici e discorsi sacri nella chiesa di S. Orsola a Tor de' Specchi dove era attiva una congregazione di preti secolari finalizzata sia al soccorso e alla formazione culturale dei chierici poveri, sia alla diffusione di forme liturgiche popolari.
Nominato dal vicariato segretario dell'Opera del catechismo di S. Maria del Pianto alle porte del ghetto ebraico e, dal 1801, esorcista e accolito della basilica lateranense, G. contribuì in modo determinante alla fondazione di nuovi sodalizi, destinati ad avere un ruolo fondamentale nella restaurazione religiosa della Roma ottocentesca: l'Associazione giovanile clerico-laicale di S. Pudenziana, ispirata all'Opera di s. Filippo Neri; l'Opera dei barrozzari, per il soccorso morale e materiale dei carrettieri che, provenienti dai Castelli romani, vendevano il fieno in piazza Montanara, luogo di lavoro e incontro dei lavoratori stagionali e immigrati più miseri.
Nel 1806, dopo un lungo impegno presso gli ospedali della Consolazione e dei "cento preti" (per i sacerdoti vecchi e ammalati), l'ospizio di S. Galla e il rifugio di S. Balbina (per i ragazzi "difficili"), G. venne chiamato a dirigere l'Opera di S. Galla; si trattava di un ospizio romano di antica fondazione che, rilanciato nel XVIII secolo e di nuovo caduto in rovina, veniva allora sviluppato per iniziativa del cardinale Carlo Odescalchi quale polo di assistenza caritativa e di aggregazione del laicato giovanile.
Nel marzo 1808, poche settimane dopo la seconda occupazione di Roma da parte delle truppe francesi del generale S.-A.-F. Miollis (2 febbraio), G. venne ordinato sacerdote. Prima del precipitare delle vicende politiche e dell'annessione di parte dello Stato della Chiesa all'Impero napoleonico (17 maggio 1809), G., coadiutore del parroco di S. Marco, istituì un oratorio notturno a S. Maria in Vincis alle pendici del Campidoglio, dedicato ancora ai lavoratori stagionali immigrati. Soprattutto, collaborò alla fondazione dell'Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue di S. Nicola in Carcere con il canonico Francesco Albertini, poi vescovo della diocesi di Terracina, Sezze e Piperno, che influenzò in modo determinante la sua spiritualità, centrata sul "mistero del sangue di Cristo".
Rifiutato il giuramento di fedeltà all'imperatore, dal giugno 1810 al febbraio 1814 G. venne deportato a Piacenza, poi a Bologna e, successivamente, a Imola e Lugo. Molte tracce dell'epistolario indicano che gli anni dell'esilio e la frequentazione, nel periodo bolognese, dell'Albertini, anch'egli refrattario al giuramento, orientarono la vocazione di G. nel senso dell'apostolato missionario.
Rientrato a Roma nel febbraio 1814, infatti, oltre a riprendere il suo ufficio come canonico di S. Marco e l'impegno di catechizzazione urbana, prese anche a collaborare all'attività missionaria rurale della Santa Lega, detta anche Opera degli operai evangelici, fondata nel 1813 dal secolare Gaetano Bonanni. Abbandonata l'idea di entrare nella ripristinata Compagnia di Gesù (a cui lo spingeva l'esempio del suo antico protettore, il cardinale Odescalchi, che aveva deciso di abbandonare la porpora per farsi gesuita), G. fu chiamato a svolgere le missioni per la restaurazione morale e civile dello Stato della Chiesa. Iniziò così l'apostolato che lo avrebbe portato in 22 anni a svolgere oltre 150 missioni popolari nei centri urbani e nelle campagne dello Stato e centinaia di esercizi spirituali presso conventi, monasteri e confraternite. Al contempo egli affinava il progetto organizzativo e gli obiettivi spirituali di un nuovo istituto missionario, progettato insieme con l'Albertini negli anni dell'esilio. La Congregazione dei missionari del Preziosissimo Sangue nacque il 15 ag. 1815, inserendosi in quel vasto movimento di nuove fondazioni religiose tese alla riscossa del cattolicesimo contro la Rivoluzione, le sette e l'ateismo.
Nata sotto il segno della devozione del Preziosissimo Sangue di Cristo - inteso quale forza primaria di conversione, "mistica arma dei tempi" - la congregazione si adattava perfettamente alla strategia della Chiesa romana per la restaurazione sociale, politica e della pietà. Composta alla fondazione da soli quattro sacerdoti essa poteva contare tuttavia sul nucleo di predicatori raccolti intorno al Bonanni, su potenti protettori, come monsignor Belisario Cristaldi (allora uditore concistoriale e poi tesoriere generale) e sulla straordinaria abilità oratoria del fondatore. Nel novembre 1814 Pio VII concesse ai missionari una somma annua di 300 scudi e una sede, la chiesa e convento di S. Felice, un antico complesso monastico tra i monti di Giano, presso Spoleto.
L'attività di G. e dei suoi compagni - sempre più organica alla strategia di rievangelizzazione perseguita dalla Chiesa romana - si orientò negli anni successivi sia in direzione delle missioni popolari nelle aree, specie della Romagna e delle Marche, a rischio di diffusione massonica e carbonara, sia nel rilancio dell'Arciconfraternita romana del Preziosissimo Sangue.
Ispirato al vasto patrimonio, specie gesuitico, delle missioni controriformistiche, il metodo di G. attingeva anche - sia per la centralità cristologica, sia per le pratiche ausiliarie della missione - ai tre grandi predicatori del Settecento italiano: Leonardo da Porto Maurizio, Alfonso Maria de' Liguori e Paolo della Croce (Metodo delle sante missioni…, Roma 1819; 2ª ed. riveduta ibid. 1835). Le missioni di G. erano soprattutto improntate alla penitenza e alla dura correzione dei peccati e dei "pericoli dei tempi"; l'apparato scenico e la forza oratoria vi rivestivano parte essenziale, con il ricorso al teschio, al bacio delle piaghe del Crocifisso, al suono delle campane a morto durante la predica centrale, con il rogo pubblico dei libri proibiti, la consegna e la distruzione delle armi.
Sebbene tali metodi segnati dagli eccessi procurassero spesso a G. feroci critiche - come quelle espresse dal Giornale ragionato sulla missione di Camerino del giugno 1819 - essi si rivelavano comunque adatti alla strategia della Curia romana. Egli perciò venne indicato come il protagonista ideale del progetto per la restaurazione morale e materiale della provincia pontificia di Marittima e Campagna stilato da mons. Cristaldi e approvato da Pio VII nell'ottobre 1821. Gli fu affidata quindi la "missione tra i lupi del monte" a Sonnino, a Vallecorsa e negli altri centri di un brigantaggio dalle forti radici sociali e dalla grande pericolosità eversiva; fondate tre case dell'Istituto in quella depressa provincia pontificia, G. - che frattanto, con Maria de Mattias, stava progettando l'Istituto delle suore adoratrici del Preziosissimo Sangue - continuò il suo apostolato pressoché esclusivo in quell'area fino a tutto il 1825.
Frattanto, con l'elezione del nuovo pontefice Leone XII, la posizione di G. nella Curia romana si era indebolita; pesanti critiche al suo operato trovavano ora spazio e credibilità: fu privato di alcune facoltà per il ministero e soprattutto del diritto di dedicare il proprio istituto al Preziosissimo Sangue. Anche Pio VIII e Gregorio XVI mostrarono una certa diffidenza verso il nuovo istituto, tagliando e talora bloccando le risorse finanziarie e contrastando ancora il titolo della congregazione e il varo delle Regole, che furono approvate soltanto nel 1841, dopo la morte del fondatore.
Tuttavia l'indefesso apostolato, i metodi di grande effetto, la varietà di pratiche devote offerte a tutti i ceti sociali (come la Congregazione del ceto primario e quella per i contadini, il ristretto di S. Francesco Saverio per i coadiutori dei missionari, quello dell'Immacolata Concezione e di S. Luigi Gonzaga per i giovanetti, i ristretti delle figlie di Maria per le giovani e quello delle sorelle della Carità per vedove e maritate), l'eco di conversioni e guarigioni prodigiose avevano ormai costruito intorno alla figura di G. un'immensa devozione popolare, ancora oggi viva specie tra gli strati rurali dell'Italia centrale.
G. morì a Roma il 28 dic. 1837.
I funerali furono celebrati nella chiesa di S. Angelo in Pescheria e, successivamente, con grande partecipazione popolare ad Albano nella sede dell'Istituto dove venne sepolto; dal 1861 le spoglie vennero traslate nell'oratorio romano di S. Maria in Trivio. La beatificazione, decretata il 24 giugno 1904 da Pio X, venne celebrata solennemente nella basilica di S. Pietro il 18 dicembre; la canonizzazione fu proclamata da Pio XII il 24 giugno 1954.
Gli scritti originali di G. sono conservati a Roma nell'Archivio generale della Congregazione dei missionari del Preziosissimo Sangue in 23 volumi manoscritti, così divisi: I-XI, XV-XIX, Lettere varie del fondatore; XII, Regolamenti; XIII, Scritti spirituali; XIV, Autografi vari del fondatore; XX-XXIII, Scritti scolastici. Sono stati recentemente editi gli Scritti spirituali, a cura di B. Conti, I-II, Roma 1995-96.
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Congr. riti, Processus, vv. 151-164, 3765, 5374-5378; Epistolario di S. G. D.B., a cura di B. Conti, I-X, Roma 1986-93; D.A. Rey, Il Divin Sangue negli scritti del b. G. D.B., Roma 1942 (manoscritta e dattiloscritta); B. Conti, S. G. apostolo del Sangue di Cristo, Roma 1978; G. D. Bufalo. Il venerabile mio zio. Deposizioni di Paolina e Luigia Del Bufalo al processo ordinario di Albano per la beatificazione e canonizzazione…, a cura di B. Conti, Roma 1991; Il metodo delle missioni al popolo secondo S. G. D.B.…, a cura di B. Conti, Roma 1991; G. D.B. conosciuto da vicino. Deposizioni di Vincenzo Severini, Giovanni Menicucci, Bartolomeo Panzini ai processi per la beatificazione e canonizzazione…, a cura di B. Conti, Roma 1992; G. D. Bufalo. Un santo scruta un santo. Deposizione del ven. Giovanni Merlini…, Roma-Albano 1994; N. Spezzati, G. D.B. nella Restaurazione post-napoleonica, Roma 1974; G. Papasogli, Vita e tempi di s. G. D.B., Roma 1977; S. G. in Campagna e Marittima…, Atti del Convegno (… 1985), Roma 1986; S. G. e Piacenza nell'età napoleonica. Atti del Convegno di studi (… 1986), Piacenza 1987; A. Santelli, Vita del servo di Dio G. D.B. missionario apostolico, Roma 1992; M. Spinelli, Vita di G. D. Bufalo. Senza voltarsi indietro, Roma 1996.