GIORGIO, santo
, Della sua vita si sa di certo solo che fu un cristiano, martirizzato prima di Costantino, probabilmente a Lydda (Diospolis) in Palestina. La sua leggenda narra che egli nacque da nobili genitori cristiani di Cappadocia, che fu valoroso soldato e che per il suo valore giunse a far parte della guardia del corpo di Diocleziano, sotto il quale subì il martirio nel 303.
L'episodio della liberazione della figlia di un re dal dragone è un motivo mitico che ravvicina la leggenda di S. Giorgio a quella di altri eroi uccisori di mostri: Perseo, Indra, Sigfrido; Iacopo da Varazze la registra nella sua Leggenda Aurea. Il culto di S. Giorgio fu oltremodo diffuso in tutto l'Oriente bizantino dove egli è per eccellenza il "grande martire" e il "trionfatore". Da Bisanzio il culto si diffuse in tutto l'Oriente, dalla Georgia, cui S. Giorgio diede il nome, alla Siria e all'Etiopia; e nell'Occidente, in Roma, dove già nel sec. VI Belisario gli affida la difesa della porta San Sebastiano e nel VII gli viene dedicata la già esistente chiesa del Velabro nel quartiere bizantino della città. Durante il Medioevo il culto di S. Giorgio si diffuse per tutta l'Europa, così che egli è il patrono di molti stati, provincie, città e istituti, fra cui l'Inghilterra (il sinodo di Oxford nel 1222 ne stabiliva la festa), la Catalogna, l'Aragona, la Georgia, la Lituania, il Portogallo, la Liguria. La festa si celebra il 23 aprile, e tra gli Slavi di Carinzia assume l'aspetto folkloristico di un rito per ottenere la pioggia (Giorgio verde). Tra i Georgiani si celebra il 14 agosto e v'ha preso il posto di una festa al dio Luno (Giorgio bianco).
Iconografia. - Episodî del suo martirio sono stati talvolta rappresentati tanto in Oriente quanto in Occidente non meno che storie analoghe d'altri santi, il solo nome c'indica che si tratta di san Giorgio (esempî del sec. X nelle chiese rupestri della Cappadocia). Il santo è figurato più spesso solo o in lotta con il drago. Come figura isolata appare nell'arte bizantina nella serie dei santi guerrieri: Procopio, Demetrio, Mercurio, Nestore, i due Teodori, che hanno tutti il costume simile: corazza e clamide con lo scudo e la lancia. S. Giorgio ha aspetto giovanile. L'immagine del santo a cavallo è forse di origine egiziana, poiché nell'arte copta i cavalieri santi sono numerosi; ed hanno il loro modello nelle divinità equestri antiche. L'arte bizantina li ha rappresentati spesso, e tutte le figurazioni di santi a cavallo non debbono considerarsi rappresentazioni di S. Giorgio.
Benché si sia voluto attribuirle una data posteriore, la lotta di S. Giorgio col drago appare in forma semplice nella pittura della Cappadocia verso la fine del sec. X (cappella di S. Barbara a Soghanle, altre più tarde a Goreme); galoppando il santo trafigge con la lancia il drago che si rotola ai suoi piedi, tipo spesso riprodotto dall'arte bizantina dei secoli seguenti (mosaico portatile del Louvre, sec. XIV). Pure questo motivo ha un modello nell'arte antica.
L'arte occidentale del Medioevo rappresenta S. Giorgio ora in piedi e ora a cavallo in lotta col drago. La leggenda, cara al mondo cavalleresco medievale, fu già nel Trecento italiano trattata largamente da grandi maestri: da Simone Martini nell'atrio del duomo di Avignone, dall'Altichieri nell'oratorio di S. Giorgio a Padova. Nel Quattrocento la pittura italiana diede alla leggenda il più brillante colorito fantastico nell'affresco del Pisanello a Santa Anastasia di Verona, e nelle tele del Carpaccio nell'oratorio degli Schiavoni a Venezia, mentre la scultura fiorentina con Donatello idealizzava in un nuovo modo la figura isolata del santo, facendone quasi una personificazione del diritto e della forza morale. Anche nell'arte settentrionale la leggenda del santo fu largamente trattata fino al sec. XVII, specie nell'episodio della lotta col drago facile a ogni amplificazione pittoresca. Dal Medioevo, Beirut ha preteso di essere stato teatro di questo episodio, che nella leggenda sarebbe accaduto in una città ignota, e che sembra ripetere l'antico mito di Perseo e Andromeda. Una cappella trasformata in moschea segna tuttora il posto del combattimento. In alcune icone orientali del sec. XVII e XVIII questi luoghi si riconoscono nello scenario in cui si svolge il dramma.
V. tavv. LXI e LXII.
Bibl.: Wallis Budge, The martyrdom and miracles of St. George, Londra 1888; E. Amélineau, Les Actes des Martyrs de l'Église Copte, Parigi 1890; Huber, Die Georgslegende, Erlangen 1906. - Sull'iconografia, v.: J. B. Aufhauser, Das Drachenwunder des heiligen Georg, in Byzant. Archiv, V (1911); I. Rosvaal, Nya Sankt Görans Studier, Stoccolma 1924; Comte du Mesnil du Buisson, Le lieu du combat de S. Georges à Beyrouth, in Mélanges de l'Univ. Saint-Joseph, XII, Beirut 1927, pp. 249-65; K. Künstle, Ikonographie d. Heiligen, Friburgo in B. 1926, pp. 263-279 (con bibl.).