GIOVANNI Crisostomo, santo
Chiamato Χρυσόστομος (tradotto esattamente dai Trecentisti con "Boccadoro") per la sua eloquenza, nacque in Antiochia, nel 344 o 347, dal tribuno Secondo e da Antusa. Fu scolaro del retore Libanio e del filosofo Andragazio. Nel 381 fu ordinato diacono dal vescovo d'Antiochia Melezio, e nel 386 prete dal successore Flaviano, che gli affidò ivi la catechesi del popolo. Nel 397, morto Nettario vescovo di Costantinopoli, fu, per volere di Arcadio, o meglio, dell'onnipotente eunuco Eutropio, ordinato vescovo di quella città per mano di Teofilo patriarca d'Alessandria. Zelantissimo, si diede subito alla riforma dei costumi dei laici e del clero. Ma se il popolo, come ad Antiochia, aderì tenacemente a lui, una parte dei nobili e del clero l'avversò fieramente. Teofilo, che nel 403 era venuto a Costantinopoli per chiarire una lite ch'aveva con alcuni monaci egiziani rifugiatisi presso G., riuscì a trarre dalla sua i malcontenti e specialmente l'imperatrice Eudossia, che, dopo la caduta d'Eutropio, disponeva a suo piacere del debole Arcadio; cosicché un sinodo di vescovi (detto della Quercia, da una località presso Calcedone in Bitinia), del quale, realmente se non ufficialmente, era capo Teofilo, condannò e depose G., che fu costretto a esulare dalla città. Ma tosto vi fu richiamato, per il minaccioso contegno del popolo. La quiete durò poco tempo. Condannato e deposto una seconda volta (404) da un nuovo concilio fatto radunare da Eudossia (Teofilo non comparve, ma diresse ostinatamente da lontano la lotta, poiché credeva di vedere, nel crescere dell'autorità del vescovo bizantino, una menomazione dei privilegi del patriarcato alessandrino), G. fu relegato prima a Cucuso nell'Armenia (404), poi a Pitiunte sul Ponto (407); ma, nel viaggio da Cucuso a Pitiunte, morì presso Cumana il 14 settembre del 407.
Straordinaria è la produzione di questo genialissimo ed elegantissimo oratore cristiano. Più che alla parte teoretica e dogmatica della teologia, egli si attenne alla parte pratica e morale, sì da essere considerato come il più grande teologo moralista della Chiesa antica. Le sue opere dovrebbero distinguersi in due periodi; quelle del periodo antiocheno e quelle del periodo costantinopolitano; una differenza infatti si nota in esse: le prime sono più curate e limate; le altre lasciano scorgere la fretta e la mancanza di una accurata revisione, giacché le troppe cure, da cui era oppresso il vescovo bizantino, gl'impedirono di compiere questo lavoro.
Le opere principali sono: 6 omelie in Genesim e altre 67 in Genesim; una altra serie in Psalmos; 80 omelie in Matthaeum, che sono forse il suo capolavoro; 88 omelie in Johannem; 55 in Act. Apost.; 32 in ep. ad Rom.; 74 in duas ep. ad Cor.; un commentario in ep. ad Col.; 11 omelie in ep. ad Rom.; 15 in ep. ad Phil.; 12 in ep. ad Col.; 11 in ep. I ad Thess.; 5 in ep. II ad Thess.; 18 in ep. I. ad Tim.: 10 in ep. II ad Tim.; 6 in ep. ad Tit.; 2 in ep. ad Philem.; 34 in ep. ad Hebr. Inoltre 21 omelie de statuis (del 387) e due in Eutropium, nonché panegirici, sermoni su feste liturgiche e su argomenti diversi. Dei trattati vanno ricordati: De sacerdotio (bellissimo dialogo in 6 libri); Ad Theodorum; De compunctione; Adversus oppugnatores vitae monasticae; De virginitate; Ad iuniorem viduam; De non iterando coniugio: tutti del periodo antiocheno; De subintroductis, del periodo costantinopolitano, e altri. Infine una raccolta di lettere (238).
Edizioni principali sono quelle di Fronton Du Duc, voll. 12, gr.-lat. (Parigi 1609-33), riprodotta più volte; di H. Savile, voll. 8, solo testo greco (Eton 1612); di B. Montfaucon, voll. 13, gr.-lat. (Parigi 1718-38), riprodotta poi a Venezia (1731-41; 1789) e di nuovo a Parigi (1834-40). Del Montfaucon è pure quella della Patrol. Graeca (XLVII-LXIV), solo che le omelie in Matteo sono dell'edizione parziale di F. Field.
Bibl.: Per la vita, oltre a L.-S. Tillemont, Mémoires, XI, pp. 1-405, 547-626, cfr. J. Stilting, in Acta Sanctorum, settembre, IV, pp. 401-709; A. Neander, Der hl. J. Chr. u. d. Kirche, bes. des Orients, in dessen Zeitalter, voll. 2, Berlino 1821 e 1858; A. Puech, St. Jean Chr., Parigi 1900. Per gli scritti, Chr. Baur, St. Jean Chr. et ses oeuvers dans l'hist. litt., Parigi e Lovanio 1907, e le più generali storie lett. dello Stählin e del O. Bardenhewer. - Per questioni particolari v.: A. Naegle, Chr. u. Libanios, in Χρυσοστομικά, I, pp. 81-142; S. Colombo, in Didaskaleion, I, pp. 173-181; P. Ubaldi, La Sinodo ad Quercum dell'a. 403, Torino 1903; C. Baur, Joh. Chrysostomus, voll. 2, Monaco 1929-30.