LUIGI (o Aluigi) Gonzaga, santo
Figlio primogenito di don Ferrante marchese di Castiglione delle Stiviere e di donna Marta Tana Santena da Chieri nel Piemonte, nacque nel castello paterno il 9 marzo 1568. Suo padre, uomo d'arme, lo condusse con sé a Casale Monferrato, nell'intento d'infondergli spirito militaresco. Ma, prima che compisse gli otto anni, prevalse nel fanciullo, a quella per i giuochi e gli esercizî militari, una singolare propensione alla vita divota, che s'accrebbe in Firenze, dove fece anche voto di perpetua verginità (1578). Trascorso un biennio in Firenze, tornò in Mantova, donde passò a Castiglione e nel 1580 a Casale, di cui suo padre era allora governatore. Là fece la prima comunione dalle mani di San Carlo Borromeo (1580), e altresì concepì il proposito di rendersi religioso. Frattanto, terminato il governatorato del padre (1581), L. tornò con lui a Castiglione, continuando anche qui un austero tenore di vita. Nell'autunno andò in Spagna alla corte di Filippo II, dove col fratello Ridolfo fu due anni paggio d'onore del principe don Diego figliuolo del re. E poiché si trovava già ben fondato in lettere, cominciò in Madrid lo studio della logica, della cosmografia e della teologia naturale. Continuando nella sua vita di pietà, il 15 agosto del 1583 stabilì di entrare nella Compagnia di Gesù, ma il padre solo dopo due anni gli concesse di seguire la sua vocazione. Il 2 novembre 1585 L. cedeva il marchesato a suo fratello Ridolfo, e ai 25 dello stesso mese entrava tra i gesuiti accolto a Roma come novizio in S. Andrea al Quirinale. I 6 anni, non interi, che sopravvisse nella Compagnia, dimorando la maggior parte del tempo nel Collegio romano, gli accrebbero l'aureola di giovane santo; valsero pure a mettere in chiara luce, insieme con le disposizioni del suo ingegno per gli studî delle scienze positive, anche il vigore del suo carattere prudente, atto al governo, come apparve nel 1589 quando, rimandato dai superiori in patria a comporre le gravi liti tra il marchese suo padre e il duca di Mantova, seppe riuscire sì bene nell'impresa quanto appena si poteva attendere dal più esperto negoziatore. Rientrò in Roma nel maggio 1590 alla vigilia della mortalità che nel seguente inverno desolò la città e i dintorni, e fu per lui e i suoi confratelli palestra di carità verso i più derelitti tra i colpiti dal morbo. Ma al fervore dello spirito non ressero le forze della natura; nel marzo ammalò e andò lentamente spegnendosi nell'infermeria del Collegio romano, dove spirava alla mezzanotte del 20 giugno 1591. Paolo V nel 1605, vivente ancora la madre, gli diede titolo di beato; Benedetto XIII, nel 1726, lo ascrisse tra i santi fissandone la festa al 21 giugno, e nel 1729 lo costituì patrono principale della gioventù cattolica, titolo confermatogli da Pio XI nella ricorrenza del secondo centenario della canonizzazione.
Bibl.: Per gli scritti ascetici e l'epistolario di s. L., v. Sommervogel, Bibl. de la Comp. de Jésus, III, coll. 1575-81; alle edizioni ivi elencate sono da aggiungere Lettere e scritti spirituali raccolti e annotati dal P. E. Rosa, Firenze 1926, tradotti in tedesco da J. Leufkens, Monaco 1928. Per la sua biografia è fondamentale V. Cepari, Vita del beato L. G., Roma 1606, ripubblicata con aggiunte e correzioni dell'autore a Piacenza, 1630. Tra le molte ristampe la più recente, con note, è di L. Rocci (Roma 1926). Uno studio sul carattere e la spiritualità di s. L., presentati spesso sotto ben falsa luce, è quello di F. Crispolti, San L. G., Mantova 1924. Per le fonti, oltre il Cepari, v. Acta Sanctorum, V, giugno, Anversa 1707.