NICOLA, Santo
Le notizie circa la figura storica di N. sono assai scarse e appaiono come il risultato del confluire di due distinte personalità: un vescovo di Mira (od. Demre, presso Antalya, in Licia, Turchia), vissuto nel sec. 4°, e un vescovo del sec. 6°, abate del monastero di Sion, anch'esso in Licia.
Del primo personaggio non si sa quasi nulla, eccetto che venne sepolto a Mira e che la sua tomba continuò a essere venerata anche dopo la traslazione delle sue ossa a Bari nel 1087 (Peschlow, 1975). La notizia secondo cui N. avrebbe partecipato al concilio di Nicea nel 325 ebbe probabilmente origine nel sec. 6° (Ševčenko, 1983, p. 18, n. 3), così come la più antica narrazione relativa a N., la Praxis de stratelatis, che racconta di come il santo avesse salvato tre innocenti dall'esecuzione fuori le mura di Mira e di come tre generali, che avevano assistito all'evento, avessero chiesto a N. di fare altrettanto quando si trovarono ad affrontare la morte a Costantinopoli, accusati di tradimento dall'eparca della città. Una seconda leggenda relativa all'intervento di N., che salvò tre fanciulle dalla prostituzione gettando borse d'oro per la loro dote nella casa del padre, si ritrova per la prima volta in un testo del sec. 9°, la Vita per Michaëlem (Cioffari, 1987).
Già nel sec. 8° la fama di N. aveva superato i confini della Licia, anche se non è chiaro quando e per quali vie il culto si sia diffuso a Costantinopoli. Giustiniano (527-565) edificò nella capitale imperiale una chiesa dedicata ai ss. Prisco e Nicola, ma non è certo che si tratti dello stesso santo: la maggior parte delle testimonianze indica che il culto di N. si era affermato pienamente a Costantinopoli solo nel sec. 9°, quando il santo era celebrato da agiografi e innografi.
Agli inizi del sec. 10° la figura di N. di Mira si andò sovrapponendo a quella di N. di Sion, che nel sec. 6° aveva fondato nei pressi di Mira un grande monastero, cui apparteneva la maggior parte del tesoro in argento ritrovato nella vicina località di Kumluca (Antalya, Antalya Müz.; Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.; Ecclesiastical Silver Plate, 1992).
N. di Sion operò vari miracoli nella regione e le sue gesta vennero narrate nei particolari da un anonimo biografo che scrisse probabilmente dopo la morte dell'abate, nel 564, la Vita Nicolai Sionitae. I biografi costantinopolitani dell'inizio del sec. 10° presero a prestito i miracoli operati dall'abate del monastero di Sion per arricchire la storia della vita del vescovo di Mira: le storie relative all'aiuto prestato da N. ai naviganti e l'abbattimento di un cipresso abitato dai demoni sono miracoli operati da N. di Sion.La prima immagine di un santo indicato con il nome di N. si trova sul pannello laterale di un'icona a trittico (S. Caterina sul monte Sinai, Mus.), forse di origine palestinese e databile già al sec. 7°-8° (Weitzmann, 1976, nr. B33). Risale al tardo sec. 9° il primo ritratto di N. in un'opera costantinopolitana, un perduto mosaico nella chiesa della Santa Sofia (Mango, 1958, figg. 57-59). Nel sec. 11° la figura di N. apparve regolarmente in icone e in absidi di chiese, insieme a illustri Padri della Chiesa come Giovanni Crisostomo e Basilio il Grande (Ochrida, Santa Sofia). Nel sec. 12° compaiono anche le prime icone murali del santo, ritratti ad affresco di grandezza superiore al naturale, situati accanto all'iconostasi oppure isolati e destinati a un culto particolare (Kastoria, S. Nicola Kasnitzi; Pelekanides, Chatzidakis, 1985, pp. 54-59, figg. 4, 11).
In tali immagini il santo è rappresentato come un uomo anziano con sopracciglia rade e sporgenti e una barba bianca dal profilo arrotondato, che appare appuntita solo nell'icona più antica. Il personaggio è a capo scoperto e indossa abiti vescovili: lo stichárion, ovvero una tunica a maniche lunghe, il phelónion, cioè la cappa, simile a un pallio, e l'omophórion, la lunga stola bianca decorata con croci che scende lungo la parte anteriore del corpo. Egli reca un vangelo nella destra e benedice con la sinistra. In alcuni casi N. è fiancheggiato da piccole figure di Cristo e della Vergine; il primo gli dona il vangelo, la seconda l'omophórion: è possibile cogliere in questa raffigurazione un riferimento a una leggenda del sec. 10° secondo la quale N., sognando la sua futura consacrazione a vescovo, vide Cristo e la Vergine che gli offrivano i simboli del suo ufficio (Vita compilata; Ševčenko, 1983, p. 79, n. 9), ma è anche possibile che l'immagine sia più antica e che abbia ispirato la narrazione. In epoca successiva questa composizione venne collegata a un immaginario episodio del concilio di Nicea; la più antica raffigurazione del genere ancora conservata è costituita da un'icona a mosaico del sec. 11° (Patmo, monastero di S. Giovanni, tesoro; Patmos, 1988, p. 129).
I cicli narrativi con scene della Vita di N. costituiscono elaborazioni tarde, come accade in generale per tutte le espressioni analoghe dell'arte bizantina. Il primo dei ca. sessanta cicli di questo tipo conservati si trova sul pannello laterale di un'icona a trittico del sec. 11° (S. Caterina sul monte Sinai, Mus.; Ševčenko, 1983, nr. 1). Una successiva e più comune forma di icona istoriata prevede al centro un ritratto di N. di grandi dimensioni, incorniciato sui quattro lati da una serie di piccoli riquadri che illustrano episodi della Vita di N. e miracoli postumi. Icone di questo genere - ne esistono sei esempi in area bizantina - appaiono per la prima volta nel tardo sec. 12° (S. Caterina sul monte Sinai, Mus.; Ševčenko, 1983, nr. 3; Sinai, 1990, p. 177, fig. 51). All'incirca a questo stesso periodo risalgono i primi cicli di affreschi conservati, come per es. quello citato della chiesa di S. Nicola Kasnitzi a Kastoria (Ševčenko, 1983, nr. 2).
Nei manoscritti si trovano alcuni ritratti di N. - per es. in un frontespizio della Bibbia di Leone sakellários, altrimenti nota come Bibbia di Cristina di Svezia, del sec. 10° (Roma, BAV, Reg. gr. 1, c. 3r), nel Menologio di Basilio II, della fine del sec. 12° (Roma, BAV, Vat. gr. 1613, p. 226), e nel volume di dicembre del Menologio di Simeone Metafraste (Ševčenko, 1990) - ma non si ritrova una sola scena della sua vita in tutta la miniatura bizantina, né esistono cicli miniati.Il mezzo artistico più diffuso con il quale vennero realizzate scene della Vita di N. fu l'affresco. Dipinti spesso nel nartece, talvolta nella protesi o nel diaconico, oppure sulle navate laterali delle chiese a pianta basilicale, tali cicli sono presenti in tutte le regioni dell'impero bizantino e anche nei territori circostanti (Bulgaria, Serbia, Georgia, Romania) che subivano l'influenza dell'arte di Costantinopoli. Tra i cicli più estesi vanno ricordati quelli della chiesa dei Ss. Pantaleone e Nicola a Bojana, in Bulgaria (1259), della chiesa del Salvatore nel monastero di Dečani, nel Kosovo (ca. 1343), e della chiesa di S. Nicola a Platsa, in Grecia (ca. 1343), che comprendono rispettivamente diciotto, diciassette e sedici scene (Ševčenko, 1983, nrr. 10, 28, 34). Un ciclo con scene della Vita di N. potrebbe essersi conservato in una struttura parallela alla navatella sud della chiesa dedicata al santo a Mira; la datazione e l'identificazione del ciclo sono attualmente oggetto di indagine.Nel territorio di Rus' si trovano ritratti di N. già nel sec. 11° (Kiev, Santa Sofia, mosaico nell'abside) e icone con scene della Vita di N. compaiono in Russia a partire dal sec. 14° (Boguslawski, 1982); queste ultime seguono generalmente modelli bizantini, ma possono comprendere anche scene della Traslazione delle reliquie a Bari e occasionalmente anche miracoli locali.I cicli dipinti su icona e ad affresco si aprono con la scena della nascita di N., strettamente modellata sull'iconografia tradizionale delle scene di natività, quali per es. quelle relative alla Vergine o a Giovanni Battista; in qualche caso esse sottolineano la capacità del neonato N. di tenersi in piedi, senza sostegno, già durante il suo primo bagno. La nascita è spesso seguita da una scena in cui N. viene condotto a scuola da un genitore: essendo uno degli episodi che non aveva precedenti biblici, esso si sviluppò con maggiore libertà e vi furono inseriti particolari di genere. Segue quindi la successione delle consacrazioni, a diacono, a prete e a vescovo. Altre scene mostrano N. che salva le tre fanciulle dall'infamia - la rappresentazione mostra N. con una borsa d'oro in mano, accanto al letto del padre dormiente delle tre fanciulle - e N. che con la preghiera salva una nave in pericolo di essere rovesciata dal diavolo che si attacca al sartiame. La storia più elaborata è quella dei tre generali, derivata dalla Praxis de stratelatis, spesso illustrata in sei episodi: N. giunge velocemente a fermare la spada dei carnefici a Mira; i generali seduti in prigione a Costantinopoli; N. appare in sogno all'eparca e all'imperatore; l'imperatore dà udienza ai generali; i generali portano a N., rimasto a Mira, i doni concessi dall'imperatore. Altre scene comprendono l'abbattimento da parte di N. del cipresso abitato dai demoni e il miracolo postumo del riscatto del fanciullo Basilio rapito dagli arabi, seguito dal ritorno del fanciullo presso la sua famiglia a Mira. I cicli terminano in genere con la scena dei funerali del santo, disteso su una bara e compianto da monaci e chierici assorti; in alcuni casi è presente anche un coro i cui componenti indossano preziose vesti di seta e cappelli allungati.A eccezione delle scene che comprendono cerimonie liturgiche - sviluppate nel sec. 14° in grandi composizioni a più figure -, il numero dei personaggi presenti in queste scene è generalmente limitato, così come l'ambientazione appare ridotta all'essenziale per assicurare la massima leggibilità e sottolineare il carattere paradigmatico delle immagini (Maguire, 1995). Tali scene costituiscono delle vere epitomi, quintessenza delle azioni cui si fa riferimento, e molti dei particolari che arricchiscono la narrazione testuale sono esclusi dalle pitture.La scelta degli episodi rimane generalmente costante nei diversi cicli e nel corso del tempo. L'ordine in cui essi sono presentati in ciascun ciclo può essere tuttavia piuttosto casuale: i cicli delle icone iniziano con la scena della nascita, posta nell'angolo superiore sinistro della cornice, e terminano con la morte del santo nell'angolo inferiore destro, ma per il resto la successione degli eventi si mantiene piuttosto libera. È evidente che gli artisti non seguivano lo svolgersi degli eventi secondo un testo particolare, ma semplicemente inserivano una serie di eventi essenziali in una preordinata sequenza di riquadri.
Se la successione dell'evoluzione umana e 'professionale' di N. è data dalle scene della nascita, dell'apprendimento, della consacrazione e della morte e se la carità e i miracoli di N. si evidenziano nelle storie delle tre fanciulle e del mare, è però la storia dei tre generali che diede a N. il suo carattere speciale, assicurandogli in Oriente una straordinaria popolarità. Il racconto della falsa accusa e la prospettiva di una morte imminente rovesciata da un intervento in extremis del santo presso le più alte autorità costituivano una vicenda rassicurante per l'osservatore bizantino, che aveva normalmente a che fare con la legge e la giustizia (Maguire, 1994, pp. 227-238) e con l'ineluttabilità del Giudizio universale.
Bibliografia:
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N.P. Ševčenko
La diffusione in Occidente del culto di N. trasse forte impulso dalla traduzione in latino del testo greco della sua Vita, a opera di Giovanni, diacono della chiesa di Napoli, nel terzo quarto del 9° secolo. Con la traslazione del suo corpo da Mira a Bari nel 1087 si compì la vicenda della fortuna in Occidente del culto di N., i cui miracoli vennero esaltati in alcuni testi latini composti a Bari, all'indomani dell'impresa, dal chierico Niceforo e dall'arcidiacono Giovanni, e in ulteriori testi dovuti a un anonimo compilatore franco e a un altrettanto anonimo russo (Cioffari, 1980; 1984; 1987; Corsi, 1987). Successivamente, dallo scorcio del sec. 13°, la diffusione del testo della Legenda aurea di Jacopo da Varazze, che contiene anche le narrazioni relative alla vita e ai miracoli di N., contribuì a collocare definitivamente il culto del santo fra quelli più diffusi in Occidente.
Sul versante iconografico, le ondate di maggior fortuna del culto sembrano coincidere con l'apparizione dei testi agiografici relativi a N., ma, sia pure in modo episodico, a Ravenna, Venezia, e soprattutto Roma, il santo appare rappresentato già prima del 9° secolo. A Roma infatti è presente nella teoria dei santi a S. Maria Antiqua (sec. 8°), dove compare inoltre, in una nicchia della navata destra, la coeva immagine di tre figure femminili che sembrano affacciate a una finestra, scena ipoteticamente identificata con il celebre miracolo del dono della dote alle tre fanciulle (Tea, 1937, p. 279ss.). Questa ipotesi appare abbastanza convincente, nonostante il testo greco relativo alla leggenda sia posteriore di alcuni decenni: si tratterebbe della più antica scena superstite della Vita di N., anche se l'ipotesi va ulteriormente vagliata. Se è infatti verosimile che nel suo santuario di Mira, fin dalle origini, come di consueto in Oriente e in Occidente, dovesse comparire un ciclo della Vita del santo, alla luce delle testimonianze superstiti, per il periodo antecedente al tardo sec. 11°, appare più diffusa l'immagine isolata di N., di solito rappresentato stante, con l'abito episcopale bizantino. L'immagine di S. Maria Antiqua è dunque una delle più antiche raffigurazioni di N. in Occidente: a Roma del resto, già prima della traduzione della Vita di N., papa Leone IV (847-855) aveva fatto erigere due oratori dedicati al santo, uno presso S. Lorenzo f.l.m. e uno ai Ss. Quattro Coronati, mentre poco più tardi Niccolò I (858-867) fece costruire in onore di N. un oratorio presso S. Maria in Cosmedin.
Papa Callisto II (1119-1124) costruì presso il triclinio lateranense una celebre cappella dedicata al santo di Mira - la stessa legata al Concordato di Worms (1122) -, della quale si conservano interessanti disegni relativi alla sua decorazione, con N. in posizione preminente. Del resto, a Roma il culto per N. fu sempre vivo, come indicano sia le numerose chiese a lui dedicate (Armellini, Cecchelli, 1942) sia la rappresentazione di alcuni suoi miracoli - in particolare quello relativo a N. che procura la dote alle tre fanciulle - all'interno di contesti iconografici di alto prestigio, quali innanzitutto la cappella del Sancta Sanctorum (1279-1280) e gli affreschi di S. Saba, di pochi anni posteriori (Romano, 1995).
L'epicentro del culto di N. nella Penisola va però individuato nelle aree dell'Italia meridionale bizantina, dove esso era già vivo prima del 1087, come attestano fonti greche e latine relative a edifici di culto a lui dedicati e la stessa documentazione iconografica superstite: per es. alcune immagini nella chiesa-cripta delle Ss. Cristina e Martina a Carpignano Salentino (prov. Lecce), anteriori a quella data (Falla Castelfranchi, 1991). È soprattutto in queste regioni che appaiono i più antichi cicli della Vita di N. nella pittura monumentale di area bizantina, a partire dall'11° e fino a oltre il 14° secolo. Va segnalato in particolare il ciclo più antico, recentemente individuato, nella chiesa di S. Marina a Muro Leccese - che probabilmente era all'epoca dedicata al santo di Mira -, per il quale è stata proposta una datazione intorno alla metà del sec. 11°, al tempo dell'imperatore bizantino Costantino IX Monomaco (1042-1055), lo stesso che restaurò, con la moglie Zoe, il santuario di Mira nel 1042. Nel ciclo salentino compaiono le scene della consacrazione di N. a diacono e a vescovo, dell'abbattimento del cipresso di Plakoma, le c.d. storie marine e altre ancora (Falla Castelfranchi, 1991).
All'età tardocomnena (sec. 12°) si possono assegnare l'episodio della dote delle tre fanciulle nella cripta di S. Margherita presso Mottola (prov. Taranto) e soprattutto l'icona con N. e scene della sua Vita (Bari, Pinacoteca Prov.), proveniente dalla chiesa privata di S. Margherita a Bisceglie, di solito assegnata al sec. 13°, ma la cui datazione andrebbe anticipata al 1197, anno in cui fu costruita la chiesa che la ospitò fin dalle origini, secondo una cronologia confermata dall'analisi formale dell'icona stessa. Gli altri cicli della Vita del santo si datano nella maggior parte dei casi al sec. 13°, come quelli conservati nella chiesa di S. Maria Maggiore a Monte Sant'Angelo, nella cripta di S. Maria dei Miracoli ad Andria, nella cripta di S. Maria Amalfitana a Monopoli (Lavermicocca, 1987; Milella Lovecchio, 1987; Calò Mariani, 1987).Anche in Campania, in aggiunta alle numerose immagini isolate di N., spesso ricorrenti all'interno dei cicli medievali, sono attestati due cicli della Vita del santo. Uno di essi è campito in una piccola cappella nel complesso in parte rupestre di S. Maria de Olearia presso Maiori (prov. Salerno) ed è datato tra la fine del sec. 11° e gli inizi del 12° (Bergman, Cerenza, 1994): le pitture, di buon livello, sono quindi di pochi anni posteriori all'arrivo delle spoglie di N. a Bari e mostrano tangenze con un'icona con scene della Vita del santo databile al sec. 12° (S. Caterina sul monte Sinai, Mus.). L'altro, del 1200 ca., fa parte degli affreschi della cripta della chiesa dell'Annunziata a Minuto presso Ravello (prov. Salerno): si tratta di due episodi relativi al miracolo del fanciullo Adeodato (Basilio, nelle fonti greche), rappresentato raramente nei cicli bizantini, ma che ebbe vasta fortuna in quelli occidentali, forse in ragione dell'ampia circolazione della traduzione latina della Vita di N., che dà ampio spazio al miracolo. La presenza di ben due cicli nella costiera amalfitana può inoltre essere messa in rapporto con il fatto che nelle citate fonti latine immediatamente successive alla traslazione delle ossa del santo da Mira a Bari si menziona un miracolo di N. verificatosi ad Amalfi, la guarigione di un fanciullo liberato da uno spirito maligno; va infine ricordato che il vescovo Alfano (v.) di Salerno (m. nel 1085) dedicò un inno a Nicola.
I dati che emergono dall'analisi della pittura monumentale sono confermati dalle fonti, che registrano la presenza di numerosi edifici di culto dedicati a N. nelle regioni dell'Italia meridionale all'indomani della riconquista bizantina alla fine del 9° secolo. Anche importanti monasteri e chiese di età normanna risultano dedicati a N.: il celebre monastero italo-greco di S. Nicola a Casole, presso Otranto, fondato alla fine del sec. 11° da Boemondo I d'Altavilla, principe di Antiochia; la chiesa di S. Nicolò Regale a Mazara del Vallo (prov. Trapani), fondata nel sec. 12° da Ruggero II di Sicilia (Ciotta, 1992, p. 258ss.); e ancora la chiesa monastica dei Ss. Nicolò e Cataldo a Lecce, fatta costruire nel 1180 da Tancredi, conte di Lecce e dal 1189 ultimo re normanno di Sicilia. In quest'ultima chiesa, nella lunetta esterna del portale meridionale è campita una bella immagine di N., vicina agli affreschi degli inizi del sec. 13° di S. Maria di Cerrate a Squinzano (prov. Lecce) e, come questi, segnata da una chiara tendenza tardocomnena (Falla Castelfranchi, 1996). L'immagine di N. compare infine anche su monete e sigilli coniati in Italia meridionale dall'età normanna in poi (Colucci, 1987).Al passaggio di una reliquia di N. in Piemonte, allo scorcio del sec. 11°, nell'abbazia di Novalesa (prov. Torino), si deve la presenza in questa regione di due cicli della Vita del santo: l'uno nella cappella di S. Eldrado nell'abbazia di Novalesa, recentemente datato al 1096-1097 (Segre Montel, 1994, p. 39), ma da Demus (1968) assegnato alla metà del sec. 13°; il secondo, coevo, nel campanile della chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo a Verzuolo (prov. Cuneo; Segre Montel, 1994, p. 39).La diffusione delle leggende nicolaiane non interessò solo la pittura monumentale, ma anche le arti suntuarie: una pianeta e una dalmatica in opus anglicanum, entrambe del sec. 13° (Anagni, Tesoro del Duomo), presentano, tra le altre, anche alcune scene della Vita di N. (Mortari, 1963).La diffusione della Legenda aurea di Jacopo da Varazze segna il terzo momento di fortuna del culto nicolaiano, come indicano le numerose immagini isolate del santo nella pittura monumentale e in quella su tavola, e anche alcuni cicli della sua Vita: per es. quello della cappella a lui dedicata e posta al termine del transetto destro della basilica inferiore di S. Francesco ad Assisi (v.), riferito spesso a Giotto e ai suoi collaboratori, e il ciclo della cappella Castellani in Santa Croce a Firenze, eseguito intorno al 1380 da Agnolo Gaddi (v.), cui si deve anche la decorazione della predella di una tavola d'altare con alcuni episodi della Vita di N. (Monaco, Alte Pinakothek; Cole, 1977). I cicli tardomedievali della leggenda di N. accentuano, per le loro precise scelte iconografiche, la divaricazione con la tradizione bizantina, processo iniziato già all'indomani della traslazione barese nei testi e nelle immagini a essa immediatamente successivi.
Il culto per N. fu assai vivo in età medievale anche in alcuni paesi europei, segnatamente in Francia - nelle più celebri vetrate medievali francesi sono ampiamente attestati cicli della Vita di N. -, in Inghilterra e soprattutto in Germania. In quest'ultima regione sembra che la sua diffusione sia in parte da imputare all'influenza di Teofano, la principessa bizantina andata sposa all'imperatore Ottone II nel 972, che dedicò a N. l'abbazia di Burtscheid, nei pressi di Aquisgrana; va inoltre ricordato che nel sec. 11° Ottone di St. Emmeram (1010-1170) scrisse una Vita di N., così come il vescovo Eriberto di Eichstadt (1021-1042). Nell'abbazia benedettina di Brauweiler (Renania) dedicata ai ss. Nicola e Medardo, dove intorno al 1160 si verificarono alcuni miracoli a opera del santo, si conserva una bella statua lignea di N., assiso, del tardo 12° secolo. In Inghilterra e in Belgio si segnalano alcuni fonti battesimali scolpiti con scene della Vita di N., come quelli di Winchester e di Zedelghem, presso Bruges (Stone, 1955), a conferma della diffusione capillare del culto di questo santo orientale, uno fra i più venerati nell'Occidente medievale.
Bibliografia.:
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M. Falla Castelfranchi