PAOLO, Santo
Nato tra il 5 e il 10 a Tarso di Cilicia (od. Turchia), l'apostolo Paulos - come egli stesso si definisce (1 Tm. 1, 1; Rm. 1, 1), grecizzando il soprannome latino Paulus - o Saulo, come viene chiamato in At. 13, 7, era ebreo e apparteneva al rigoroso gruppo dei farisei (Fil. 3, 5), il cui zelo religioso lo indusse ad avversare e a perseguitare il cristianesimo nascente (Gal. 1, 13-14; Fil. 3, 6; 1 Cor. 15, 9). In seguito all'apparizione di Cristo sulla via di Damasco (At. 9, 3; 22, 6; 26, 12-13), P. divenne cristiano e assurse all'apostolato per elezione divina (1 Cor. 15, 10-11). Clemente Romano (1 Cor. 5-7) e Ignazio di Antiochia (Rm. 4, 3) alludono alla morte violenta occorsa a P. insieme con Pietro, a Roma, durante la persecuzione neroniana, tra il 64 e il 68.
Alla fine del sec. 2° il presbitero Gaio vide il tropáion di P. sulla via Ostiense, dove ai tempi di Costantino il Grande (306-337) sorse la basilica a lui dedicata, che fu ampliata nel 386 per volere dei tre imperatori reggenti, Valentiniano II (375-392), Teodosio (379-395) e Arcadio (377-408).
Per quanto riguarda la genesi dell'iconografia paolina, essa si colloca nella generale costituzione dell'immaginario apostolico che, tra la fine del sec. 3° e gli esordi del 4°, si propone come blocco compatto e immobile, attorno al perno centrale di Cristo (v. Apostoli); durante la seconda metà del sec. 4° gli apostoli più prossimi a Cristo cominciarono ad acquisire fisionomie caratterizzate, come per es. quelle, attribuibili a Pietro e a P., che si trovano a Roma in un cubicolo dell'ipogeo dell'od. via Dino Compagni o in un celebre affresco nelle catacombe di Domitilla.Nonostante le fonti più o meno canoniche abbiano lasciato descrizioni anche dettagliate di P. - per es. si ricorda l'apostolo per la breve statura, la calvizie, le gambe curve e il naso aquilino (Acta Pauli et Theclae, II, 3) -, e nonostante si faccia riferimento ai ritratti di P., divenuti oggetti di culto assai precocemente - Eusebio di Cesarea ricorda immagini di Cristo, Pietro e P. (Hist. eccl., VII, 8, 4) -, la rappresentazione di P., l'apostolo delle genti, nacque per ricostruzione e antitesi nei confronti di Pietro, l'altro principe degli apostoli. Se quest'ultimo, infatti, mostrava un aspetto forte, irruento e piuttosto rude, in coerenza con il suo pensiero e la sua personalità, P. assunse tutti i tratti del filosofo, sia nei gesti sia nell'organizzazione del volto, alquanto esangue, scavato, concentrato in uno sguardo gravemente pneumatico.La figura di P., in un primo tempo disattesa rispetto alla fortuna riservata a Pietro, divenne alla fine del sec. 4° elemento determinante della renovatio Urbis che si tradusse in immagine con il codice-manifesto della concordia apostolorum, con i principi degli apostoli situati in un suggestivo 'faccia a faccia', nei medaglioni, nei vetri dorati, nelle lastre funerarie e in un singolare rilievo aquileiese (Aquileia, Mus. Naz. Paleocristiano). Nello stesso periodo si inventò il singolare abbraccio tra Pietro e P. che, desumendo l'iconografia dalla solidarietà dei Dioscuri e dalle solide congiunzioni imperiali, prime fra tutte quelle tetrarchiche, voleva significare da un lato l'indissolubile unità delle due realtà della Chiesa, quella ex gentibus e quella ex circumncisione, e dall'altro la coesione tra l'Oriente e l'Occidente, che in realtà non esisteva già più.Ma l'abbraccio tra Pietro e P. - che trova le sue più precoci espressioni in un affresco catacombale nel cimitero romano dell'ex vigna Chiaraviglio, di età teodosiana, e in un più tardo avorio conservato a Castellammare di Stabia (Mus. Diocesano) - si ispira anche alla letteratura apocrifa e, segnatamente, all'Epistula de morte apostolorum Petri et Pauli ad Thymoteum di Dionigi l'Areopagita e alla Passio sanctorum apostolorum Petri et Pauli, che in maniere e situazioni diverse rievocano la riconciliazione dei due apostoli dopo i conflitti teologici che si evincono da Gal. 2, 7-14.Allo scorcio del sec. 4°, la figura di P. filosofo servì anche come elemento trainante per attrarre nelle compagini del cristianesimo quella élite senatoriale e intellettuale che si era arroccata intorno ai revivals paganeggianti.Il gesto più appropriato alla figura di P. è quello dell'acclamatio, con la mano destra levata verso un perno centrale, che replica spesso il gesto di Pietro sull'altro lato, come nel mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, dove il nodo centrale è eliso, o come nel perduto arco trionfale della basilica romana di S. Paolo f.l.m. (Ciampini, 1693, tav. LVIII), dove i principi degli apostoli acclamano verso lo stuolo dei vegliardi dell'Apocalisse. Il gesto dell'acclamatio è proprio di P. anche nelle scene di Traditio legis, quando l'apostolo vuole dimostrare deferenza e meraviglia o quando vuole soltanto indicare la mistica trasmissione della Legge a Pietro da parte di Cristo.
Tra gli attributi che definiscono o aiutano a definire la figura di P., al di là dell'inconfondibile fisionomia, quello più ricorrente è sicuramente il libro, nella forma del rotulo o del codice, come in una miniatura bizantina del sec. 11° (Parigi, BN, gr. 224, c. 6v), che rappresenta l'apostolo mentre sta scrivendo una epistula, secondo il tipo degli evangelisti, e in una copertina eburnea di un libro (Parigi, Mus. Nat. du Moyen Age, Thermes de Cluny), riferibile anch'essa al sec. 11°, che raffigura il santo entro un portale, con un rotulo svolto su cui si legge l'incipit di 1 Cor. 15, 10.In quanto martire, P. sostiene, con le mani velate, la corona triumphalis in molti monumenti paleocristiani, bizantini e medievali, ma il martirio è anche espresso dalla spada, che - dopo essere apparsa come attributo di P. in una Traditio legis dipinta nelle catacombe di Grottaferrata e in una singolare lucerna (Strasburgo, Mus. Archéologique), riferibile al sec. 6° - diviene un signum distintivo dell'apostolo delle genti, quale corrispettivo delle chiavi di Pietro.Nell'area narrativa la materia paolina si mostra vivace, seppure esigua e raramente replicata. Un'idea delle storie apostoliche del perduto ciclo di S. Paolo f.l.m., noto grazie a un codice conservato a Roma (BAV, Barb. lat. 4406, c. 128r), viene suggerita dalla serie dei quadri musivi di Monreale (seconda metà del sec. 12°), mentre per quanto attiene al tragico momento finale della storia di P., se si eccettua una discussa rappresentazione della supposta condanna di Pietro e P. da parte di Nerone, su un sarcofago di Berja (Madrid, Mus. Arqueológico Nac.), la fortuna iconografica toccò all'arresto e alla decollatio Pauli, così come si propongono nei sarcofagi di passione durante la seconda metà del sec. 4°, a cominciare da uno splendido esemplare (350-360) nelle catacombe romane di S. Sebastiano.
Se la rappresentazione narrativa più celebre rimane quella della Conversione nella miniatura che orna la Topographia christiana di Cosma Indicopleuste, del sec. 9° (Roma, BAV, Vat. gr. 699), presumibilmente organizzata secondo lo schema di una scena analoga della decorazione di S. Paolo f.l.m., il ciclo più ampio relativo alla vita di P. resta sicuramente quello rappresentato sulla valva eburnea di un dittico del sec. 6° conservato a Firenze (Mus. Naz. del Bargello). L'avorio propone un'organizzazione in tre registri: in quello superiore si riconosce la Disputa di P. con i filosofi; in quello centrale è figurato l'episodio della vipera che morse P. a Malta (At. 28, 1-6); in quello inferiore si svolge una generica guarigione di infermi. Una coeva tavoletta eburnea (Londra, British Mus.) rappresenta la Lapidazione di Listra (At. 14, 19) e P. che legge dinanzi a Tecla a Iconio (Acta Pauli et Theclae, II, 5-7). Un'altra allusione simbolica alla storia acanonica di Tecla si trova in un rilievo del sec. 4° (Roma, Mus. Vaticani, Mus. Pio Cristiano), proveniente dal cimitero romano di S. Valentino, che raffigura P. come timoniere della nave Tecla, come aiutano a comprendere le didascalie. Un rilievo del monastero armeno di Eǰmiacin, di difficile datazione, sembra ripetere l'iconografia dell'avorio londinese, con P. seduto e Tecla stante, definiti da didascalie in greco, in una struttura architettonica che allude a Iconio, e ancora P. e Tecla appaiono in una pittura murale della cupola di una cappella della necropoli di al-Bagawāt in Egitto, affiancati e seduti su seggi pieghevoli, in atteggiamento oratorio.
Durante il pieno Medioevo nell'iconografia paolina da un lato si propose, in maniera sempre più stereotipata, l'iconamanifesto che rappresenta P. stante e insignito dei consueti elementi distintivi, il libro e/o la spada, dall'altro si svolsero cicli più o meno dettagliati della vita, con particolare attenzione per alcuni episodi, come la conversione e la sosta a Malta, che talora emergono per assurgere a tema autonomo.
Per il primo filone va ricordata una statua, riferibile al 1100 ca., nella cattedrale di Saint-Maurice di Vienne (dip. Isère), che mostra P. con il rotulo in mano. Più diffuso il tipo con la spada sguainata, come in una statua del ciborio (1285) di S. Paolo f.l.m., o nel fodero, come nel portale trecentesco della chiesa spagnola di Santa María de los Reyes di Laguardia (Álava), o in una terracotta dipinta del sec. 14° (Tolosa, Mus. des Augustins).
Per quanto attiene al filone ciclico, oltre all'ampia decorazione musiva del duomo di Monreale, nella quale emergono, per articolazione e urgenza narrativa, la Conversione, il Battesimo per mano di Anania e la Decapitazione, va segnalato un ciclo analogo, della seconda metà del sec. 12°, che decora a rilievo la facciata della chiesa del monastero di Santa Maria di Ripoll, in Catalogna. In qualche caso l'ispirazione proviene direttamente dagli scritti paolini e dagli Atti degli Apostoli, fissando in immagine episodi completamente trascurati dal repertorio paleocristiano, come quando si rappresenta P. nell'atteggiamento e nella parte del carnefice che assiste alla lapidazione di s. Stefano (At. 7, 58-60); emblematica la figurazione sul portale dedicato a s. Stefano nella chiesa di NotreDame a Parigi e nella cattedrale di Saint-Etienne a Bourges, entrambe della seconda metà del 13° secolo. Per quanto attiene alla conversione prodigiosa di P., oltre alle rappresentazioni nei cicli più noti (Cosma Indicopleuste, Topographia christiana; Palermo, Cappella Palatina, metà del sec. 12°; Herrada di Landsberg, distrutto Hortus deliciarum, del 1180 ca., già Strasburgo, Bibl. Mun., una copia è a Parigi, BN, Cab. Estampes, Fonds Bastard, A d 144 a), sembra singolare lo schema disegnato in uno smalto conservato a Lione (Mus. des Beaux-Arts), dove si riconosce P. in ginocchio, esterrefatto dinanzi all'apparizione.Sia nella Cappella Palatina di Palermo, sia nel rilievo della facciata della chiesa di Ripoll, sia in una pittura murale del sec. 14° della chiesa dedicata al Salvatore del monastero di Dečani, in Serbia, si narra, secondo schemi articolati sino al dettaglio, il Battesimo di P. da parte di Anania (At. 9, 17-19). I mosaici di Palermo e di Monreale accolgono nei loro cicli anche la drammatica Fuga di P. dalle mura di Damasco (At. 9, 25). Altri episodi, pur salienti nell'economia narrativa del percorso spirituale e umano di P., ebbero meno fortuna nell'espressione artistica più tarda, come quello della vipera di Malta, che, dopo la testimonianza tardoantica del dittico fiorentino, ritornò nel sec. 12° in un affresco della cappella di S. Anselmo nella cattedrale di Canterbury e in una vetrata del sec. 13° della cattedrale di Saint-Etienne ad Auxerre.
Bibliografia:
Fonti. - Epistula Beati Dionysii Ariopagite de morte apostolorum Petri et Pauli ad Thymoteum, in B. Mombritius, Sanctuarium seu Vitae Sanctorum, II, Paris 1910, pp. 354-357; Passio sanctorum apostolorum Petri et Pauli, in M. Erbetta, Gli Apocrifi del Nuovo Testamento, II, Atti e leggende, Casale Monferrato 1966, pp. 180-192: 180-182; Acta Pauli et Theclae, ivi, pp. 257-288; G. Ciampini, De sacriis aedificiis a Costantino Magno constructi, Roma 1693, tav. LVIII.
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