Pier Damiano, santo
Damiano Nato a Ravenna nel 1007, pare abbia aggiunto al suo nome, Pietro, quello di un suo fratello, Damiano, cui doveva gratitudine per essere stato aiutato negli anni di studio, a Faenza e poi a Parma. È improbabile che appartenesse alla famiglia degli Onesti, come vorrebbe una tradizione tarda. Non sappiamo quando fu ordinato sacerdote. La vocazione monastica lo fece entrare nel monastero dei Camaldolesi di Santa Croce di Fonte Avellana (Gubbio) nel 1035. Passò poi due anni nel monastero benedettino di Santa Maria di Pomposa presso Comacchio; infine, dal monastero di San Vincenzo presso Fossombrone, ritornò alla vita eremitica di Fonte Avellana. Nel 1043 ne fu nominato priore.
A Fonte Avellana D. fa riferimento in Pd XXI 106-111: come eremo (v. anche Pg V 96) sorgente sotto l'isolato monte Catria. Una tradizione non inattendibile vuole che D. vi soggiornasse (cfr. U. Cosmo, Vita di D., Bari 1930, 228-229). Ma i vv. 119-120 (e ora è fatto vano, / sì che tosto convien che si riveli), che parrebbero, da una constatazione di decadenza, alludere a un qualche fatto che avrebbe reso nota a tutti Fonte Avellana, forse vanno intesi piuttosto come generica affermazione; almeno di nessun fatto particolare noi abbiamo notizia.
La terzina In quel loco fu' io Pietro Damiano, / e Pietro Peccator fu' ne la casa / di Nostra Donna in sul lito adriano (vv. 121-123), ha dato origine - scrisse M. Barbi - " nel corso dei secoli, a venti interpretazioni (se sono state contate bene) e anche soltanto le due o tre che sono sopravvissute e sopravvivono hanno fornito abbondantissima materia di discussione negli ultimi anni ".
Se sicuro il riferimento, a Fonte Avellana, del primo verso, i due versi che seguono furono interpretati, ad es. da Benvenuto, come alludenti a Santa Maria ‛ in Portu ' di Ravenna, unita, per confusione, al ricordo di P. Damiano detto Pietro Peccatore. Altri commentatori (Lana, Ottimo, Pietro) l'intesero come una distinzione, parentesi erudita, offerta da D. (in questo caso e Pietro Peccator fu...), tra il P. Damiano di Fonte Avellana e quel Pietro degli Onesti (v.) " auctor et prior olim monasterii Sanctae Mariae in Portu canonicorum regularium quod est prope Ravennam iuxta mare " (Pietro).
Contro questa interpretazione il Mercati - che propose invece l'identificazione della casa / di Nostra Donna in sul lito adriano con il monastero di Santa Maria di Pomposa - si domandava dove D. avrebbe mai potuto attingere quel Peccator designante Pietro degli Onesti. Ricordava l'epitafio scolpito sul suo sepolcro esistente in Santa Maria ‛ in Portu ': " hic situs est Petrus Peccans cognomine dictus, / cui dedit hanc aulam meritorum condere Christus / anno centeno milleno debita solvit / in decimo nono defunctus corpore dormit / quarto kalendas aprilis ", ma per osservare che i caratteri epigrafici, se non lo stile, la datano al sec. XV; e che difficilmente il Boccaccio, che credette Santa Maria ‛ in Portu ', da lui visitata, fondazione di P. Damiano, avrebbe fatto confusione, se avesse visto, comunque, quell'iscrizione, dal momento che " il sepolcro del Damiano era nella vicina Faenza ed era notissimo "; e che, infine, solo una volta, in una lettera - genuina? - a Pasquale II, Pietro degli Onesti si dice " peccator " (" Petrus peccator clericus "). Ma vorremmo opporre che Salimbene - non ricordato dal Mercati - scrive che " ordinis Petri Peccatoris caput est Ravenna in Sancta Maria in Portu " (Cronica, ediz. Scalia, Bari 1966, 165 e 709).
Secondo il Barbi - che respinge l'interpunzione propósta da G. Scartazzini: in quel loco fu' io Pier Damiano / e Pietro Peccator; fu' ne la casa, che " spezza in così malo modo la terzina in due parti " - è invece ben possibile che D. abbia consentito con una tradizione locale che identificava P. Damiano - il quale, si sa, amava chiamarsi " petrus peccator monachus " - e il Pietro Peccatore ravennate: e allora avrà creduto che quell'appellativo di ‛ peccatore ' fosse stato assunto da P. Damiano quando, lasciata Fonte Avellana, sarebbe passato a Santa Maria ‛ in Portu ', dove avrebbe vissuto fino agli ultimi anni di vita (v. 124 Poca vita mortal m'era rimasa), quando fu tratto al cappello cardinalizio.
Certo l'approssimatività di questi dati danteschi è notevole: non tanto per quel cappello seguito da poca vita mortal (P. Damiano cardinale nel 1057, morto nel 1072), ma per la stranezza - che è più tale, però, per le nostre documentate e significanti distinzioni - di un maestro di vita eremitica e contemplativa fondatore di canonia di canonici regolari. (Né la soluzione pomposiana ' del Mercati risolve la perplessità, poiché, se non ammettiamo la tradizione locale che ci porta necessariamente a Santa Maria ‛ in Portu ', .quel Pietro Peccator, riferito al biennio di Pomposa, non ha senso come qualificante, dopo il P. Damiano di Fonte Avellana, il biennio pomposiano). E però è accettabile il fatto che la conoscenza delle vicende di P. Damiano per D. potesse essere approssimativa, confusa, come lo fu, del resto, per il Boccaccio e per il Petrarca. Perciò non ci pare necessario tenere in vita la proposta, anche se stilisticamente forse suggestiva, che i due versi costituiscano una breve precisazione, differenziante, quale fu colta, si è detto, da antichi commentatori e sottolineata con favore da commentatori moderni, come il Torraca e, in parte, il Sapegno.
Esaltatore della vita eremitica come forma perfetta del monachesimo (v. gli opuscoli, ad es., De Perfectione monachorum, De Ordine eremitarum), animatore di austerità e di rigori penitenziali (De perfecta monachorum informatione, De Laude flagellorum), P. Damiano denunciò, con cruda violenza, i vizi che macchiavano il clero secolare e i monaci nel celebre Gomorrhianus. Consacrato nel 1057 cardinale vescovo di Ostia, per volontà di Stefano IX, ebbe gran parte nell'elezione di Niccolò II (1059) e nella composizione dello scisma, nato dalla contrapposta elezione di Benedetto X. Inviato, insieme con Anselmo da Baggio, come legato papale, a Milano scossa dal movimento della pataria, riuscì poi a evitare che, all'elezione di Alessandro II (1061), il favore di Enrico IV per Cadalo (l'antipapa Onorio II) irrigidisse il contrasto in un lungo scisma. Ancora legato papale nella questione della chiesa fiorentina, travagliata dalle accuse di simonia contro l'arcivescovo Pietro Mezzabarba, tentò d'imporre il rispetto, comunque, della gerarchia.
Se deciso in P. Damiano è l'impegno di riforma, di restaurazione " ad instar primitivae Ecclesiae ", della vita ecclesiale, di fronte alle tesi estreme che sollecitavano l'annullamento delle ordinazioni fatte da vescovi simoniaci, P. Damiano sosteneva che queste dovessero essere considerate canonicamente valide; e validi i sacramenti anche se amministrati da preti indegni, " non auctores sed ministri " della grazia sacramentale. Ma la sua riforma, che, accentuando il tema del " regale sacerdotium " di tutti i fedeli, voleva essere una chiamata a santificazione, sollecitava un'intesa con il potere temporale, con l'Impero, e il suo intervento a fianco dell'autorità apostolica (Disceptatio synodalis, Liber gratissimus); mentre invece - sarà la linea che prevarrà da Leone IX a Gregorio VII -la restaurazione ‛ morale ' sarà perseguita attraverso l'affrancamento, " libertas Ecclesiae ", dalla tutela laica della gerarchia ecclesiastica.
Dopo questa intensa attività, come homme d'Église, svolta non sempre con successo, P. Damiano ottenne finalmente, dopo insistente richiesta (De Abdicatione episcopatus, Apologeticus ob dimissum episcopatum), di essere restituito all'eremo di Fonte Avellana. S'impegnò ancora, nel 1072, per riportare all'obbedienza la Chiesa ravennate che parteggiava per l'antipapa. Morì il 22 febbraio di quell'anno, nel monastero di Santa Maria degli Angeli (Faenza), mentre si accingeva a ritornare nel suo eremo.
D. che (vv. 116-117, 125) ha accolto la fama di austero eremita di P. Damiano (che nel suo " servitium Dei " lievemente passava caldi e geli, / contento ne' pensier contemplativi), e ha avuto notizia, parrebbe, della sua riluttanza ad accettare il cardinalato (fui chiesto e tratto a quel cappello), lo fa protagonista, nel cielo di Saturno, di una solenne e amara condanna, accusatrice nella contrapposizione dei primi Apostoli, Pietro e Paolo, magri e scalzi (come i frati di Francesco, rinnovatori della vita evangelica) e i grevi moderni pastori, ammantati sulle loro cavalcature sì che due bestie van sott'una pelle. La contrapposizione è nota comune nella polemica medievale: F.P. Luiso (Il Canto XXI del Paradiso, Firenze 1912, 68) ricorda un passo, simile nel concetto e nel tono, di s. Bernardo (De Consideratione IV III 6, in Migne, Patrol. Lat. CLXXXII 776). Il Mercati ha richiamato l'attenzione sull'opuscolo 31 di P. Damiano, Contra philargirium et munerum cupiditates (Patrol. Lat. CXLV 529 ss.), dove si riscontrerebbe se non " un parallelismo verbale proprio e rigoroso ", " un parallelismo reale ". Se i riscontri, in verità, non sono affatto puntuali ma piuttosto generici, un qualche peso, per l'ipotesi di una lettura dantesca, potrebbe forse avere il fatto che l'opuscolo è diretto proprio " Cardinalibus episcopis Apostolicae sedis ".
A questo proposito, va detto che si sono fatte più volte raccolte di riscontri tra passi di P. Damiano e di Dante. Ma va precisato, anzitutto, che mai D. cita esplicitamente P. Damiano. Anche se non è impossibile il fatto che D., nelle vicende della sua vita errabonda, abbia potuto aver tra mano codici di opere damianee, nonostante la loro limitata tradizione manoscritta, non ci pare che la grande messe di riscontri proposti offra prove perentorie di vere citazioni; e quando un riecheggiamento è proponibile, si può risalire, e perciò non è necessario il tramite, ad Agostino o a Gregorio o ad altre autorità dantesche.
Ma P. Damiano, di là di particolari citazioni, è stato anche presentato come fonte dell'opera di Dante. Più di un secolo fa il Villemain, ad es., indicò in un racconto riportato da P. Damiano la fonte della disposizione dei nove cerchi infernali o almeno dell'invenzione della pena dei simoniaci. O, più recentemente, l'Amaducci pretese che D. avesse avuto presente, nell'immaginare il viaggio nei tre regni, il De quadragesima et quadraginta duabus mansionibus, sì da adottare una scansione del suo viaggio secondo le " mansioni o stazioni " dell'itinerario degli Ebrei dall'Egitto alla Terra promessa.
Faremo ancora cenno di due punti particolari. A proposito di Pd XXII 88-90, ancora l'Amaducci volle identificare il Pier che cominciò sanz'oro e sanz'argento in P. Damiano, e non nell'apostolo Pietro (e invece, cfr. Act. 3, 6 " Petrus autem dixit: argentum et aurum non est mihi "; e v. Pd XXI 127). Dal Witte infine fu suggerita la lezione Damianus, invece di Damascenus, per Ep XI 16 (ma questa lezione non ha appoggio nell'unico codice Laurenziano Mediceo XXIX 8, né ha giustificazione alcuna, tra un Dionysius e un Beda).
Bibl. - Si vedano anzitutto i numerosi e autorevoli contributi pubblicati nel volume San P. D. nel IX centenario della morte (1072-1972), I, Cesena 1972; e inoltre: J. Leclerq, S. P. Damien hermite et homme d'Église, Roma 1960 (traduz. ital. Brescia 1972); O. Capitani, S. P. Damiani e l'istituto eremitico, in Atti II Settimana internaz. di studio, Mendola 1962; ID., L'eremitismo in Occidente nei secoli XI e XII, Milano 1965, 122-163; G. MIccoli, Chiesa Gregoriana, Firenze 1966. Su P. Damiano e D. cfr. G. Mercati, " Pietro Peccatore " ossia della vera interpretazione di Paradiso XXI, 121-133, in " Studi e Documenti di Storia e Diritto " XVI (1895) 3-47 (e in Opere Minori, I, Studi e testi, 76, Città del Vaticano 1937, 107-201); A. Cimmino, Il Beato Pietro Peccatore e D.-Conferenza tenuta in Arcadia il 14 aprile 1901, Napoli 1901; E. Anzalone, D. e P. Damiani. Saggio, Acireale 1903; V. Capetti, Studio sul Paradiso dantesco, con un'appendice: D. e le leggende di S. P. Damiani, Bologna 1906; L. Rocca, S. P. Damiano e D., in " Rendic. R. Ist. Lombardo Scienze Lettere " s. 2, XLIV (1911) 506-532; XLV (1912) 731-748; P. Amaducci, Commento ai versi 88-90 del canto XXII del " Paradiso ", in " Giorn. d. " XXV (1922) 155-156; G. Vitaletti, S.P. Damiani e D. (a proposito di Fonte Avellana), ibid. XXV (1922) 352-365; XXVI (1923) 52-67; P. Amaducci, La diretta dipendenza della D.C. dal " De quadragesima et quadraginta duabus mansionibus " di S.P. Damiani ravennate, S. Marino 1934-36; M. Barbi, P. Damiano e Pietro Peccatore, in " Studi d. " XXIV (1939) 39-78 (rist. in Con D. e i suoi interpreti, Firenze 1941, 257-296); L. Cicchitto, Alcuni riscontri tra S. P. Damiani e D., in " Miscellanea Francescana " XLVIII (1948) 479-495; K. Reindel, Petrus Damiani bei D., in " Deutsches Dante-Jahrbuch " XXVI-XXVII (1958) 153-176; A. Zini, La fortuna di S. P. Damiani nel Petrarca e nel Boccaccio, in Studi in onore del Card. A.G. Cicognani, Faenza 1961,135-165; S.G. Di Fede, D. e S.P. Damiano, in " Arch. Stor. Siciliano " XV (1964) 45-51; F. Kempf, P. Damiani und das Papst - Wahldetnet von 1959, in " Archiv. Hist. Pont. " Il (1964) 73-89; O. Capitani, S.P. Damiano e l'istituto eremitico, in L'eremitismo in Occidente nei secoli XI e XII, Milano 1965, 122-163; M. Petrocchi, Note su Fonte Avellana, in Aspetti dell'Umbria dall'inizio del sec. VIII alla fine del sec. XI, Atti del terzo convegno di studi umbri, Perugia 1966, 243-253; O. Capitani, Italicum est, non legitur, in " Studi Mediev. " VIII (1967) 745-761; D.B. Ignesti, San P. D. e i suoi discepoli, Siena 1972.