Stefano, santo
Protomartire cristiano; fu lapidato, perché colpevole di predicazione blasfema, dagli Ebrei di estrazione greca fuori dalle mura di Gerusalemme (Act. Ap. 6, 8-15; 7, 54-60).
D. lo cita perifrasticamente, un giovinetto, impiegandolo, nella terza cornice del Purgatorio (Pg XV 106-114) dov'è punita l'ira, quale exemplum mansuetudinis. Nella descrizione del martirio di S., D. segue assai da vicino i passi scritturali sia traducendo liberamente ai vv. 106-108 Poi vidi genti accese in foco d'ira / con pietre un giovinetto ancider, forte / gridando a sé pur: " Martira, martira! ": " Audientes autem haec, dissecabantur cordibus suis, et stridebant dentibus in eum... Exclamantes autem voce magna, continuerunt aures suas, et impetum fecerunt unanimiter in eum... et lapidabant Stephanum " (7, 54, 57, 59); sia translitterando fedelmente ai vv. 109-114 E lui vedea chinarsi, per la morte che l'aggravava già, inver' la terra, / ma de li occhi facea sempre al ciel porte, / orando a l'alto Sire, in tanta guerra, / che perdonasse a' suoi persecutori, / con quello aspetto che pietà diserra: " Positis autem genibus... intendens in caelum... Ecce video caelos apertos... et lapidabant Stephanum invocantem et dicentem: Domine Iesu, suscipe spiritum meum... clamavit voce magna, dicens: Domine, ne statuas illis hoc peccatum " (7, 55-60).
Di fronte a questa fedele riduzione alla poesia dei passi scritturali liberamente mescidati, già lo Scartazzini aveva rilevato che la perifrasi un giovinetto dovesse esser considerata un lapsus della memoria dantesca dal momento che " secondo il racconto biblico S., quando fu lapidato, non era più giovinetto "; infatti: " et elegerunt Stephanum, virum plenum fide et Spiritu Sancto " (6, 15). Al Moore, invece, la formula perifrastica era apparsa una voluta scelta derivata dalla tradizione iconografica nella quale S. veniva sempre rappresentato di giovanile aspetto col volto radioso simile a quello degli angeli (Studies in D., I, Oxford 1896, 84). A maggior conforto dell'opinione espressa dal Moore, aggiungeremo che anche la tradizione esegetica che D., come in altre istanze, chiaramente contamina, ha sempre tipologicamente ricondotto S. ai ‛ typi Christi ' " iuvenes " = " martyres " da s. Eucherio (Patrol. Lat. L 752) fino a s. Bruno di Chartres (CLII 987). Infine faremo soprattutto rilevare che nel Convivio (IV XXIV passim) D., nel definire le diverse etadi, colloca la Gioventute tra il 25° e il 45° anno, per cui la traduzione del " vir " con giovinetto non è un lapsus perché ben consuona con la teoria delle etadi.