VINCENZO PALLOTTI, santo
VINCENZO PALLOTTI, santo. – Nacque a Roma il 21 aprile 1795 da Pietro Paolo Pallotti, originario di San Giorgio di Cascia (Perugia) e gestore di una pizzicheria in via del Pellegrino, e da Maddalena De Rossi.
Terzo di dieci fratelli, fu battezzato il giorno successivo nella chiesa di S. Lorenzo in Damaso. Educato dai genitori alla fede cristiana, Vincenzo sviluppò particolare inclinazione per la penitenza e le pratiche di autoflagellazione, a cui sottopose il proprio corpo già in tenera età. Fu cresimato il 10 luglio 1801, a sei anni, mentre a dieci ricevette la prima comunione, ottenendo di poterla ripetere ogni giorno, ma in chiese diverse, per non attirare le chiacchiere dei fedeli su tale privilegio non abituale per l’epoca.
Dopo aver frequentato la scuola di San Pantaleo, presso gli scolopi, nel 1807, dodicenne, decise di proseguirli al Collegio romano, già determinato a divenire prete, affidandosi alla direzione spirituale del sacerdote Bernardino Fazzini. Il ‘giornale dell’anima’ permette di documentare l’evoluzione spirituale del giovane in questi anni (Hettenkofer, 1921). La convivenza con la zia Rita De Rossi, clarissa costretta ad abbandonare il convento nel 1810 per le leggi di soppressione degli ordini religiosi, fu per lui di ulteriore stimolo a scegliere la vita consacrata.
Nella primavera del 1814 cominciò all’Università della Sapienza lo studio di teologia e filosofia, ottenendo come studente meritevole del triennio teologico una borsa della Dataria apostolica. Il 16 maggio 1818, dopo il diaconato ricevuto il 10 settembre 1817, fu ordinato sacerdote presso la basilica di S. Giovanni in Laterano e il 15 luglio conseguì la laurea. Alla vigilia del sacerdozio aveva voluto ascriversi anche come terziario domenicano (4 febbraio 1818), minimo (12 febbraio) e francescano (25 febbraio). Avrebbe infatti voluto farsi cappuccino, ma si opposero a questo desiderio il padre e il confessore, preoccupati per le privazioni penitenziali che avrebbero aggravato la sua salute. Decise quindi di restare nel clero secolare, ma di praticare contemporaneamente l’asprezza della penitenza, flagellandosi ogni sera e dormendo sul nudo pavimento. Nel 1839 questa pratica gli fu proibita dal suo confessore.
Dopo aver fondato, ancora studente, una Società di lavoro filosofico e teologico, sempre nel 1818 fondò una Lega antidemoniaca, che riuniva ecclesiastici e laici allo scopo di distruggere manufatti, quadri, stampe e libri ritenuti immorali dalla Chiesa. Fin dal 1817 aveva abbracciato la devozione al Preziosissimo Sangue, promossa da s. Gaspare del Bufalo e s’impegnò per diffondere ulteriormente il culto del sangue divino, lavacro dei peccati di ogni penitente. Nonostante un’ascetica basata sulla mortificazione dello spirito e della carne, culminata con le nozze mistiche con la Madonna contratte il 31 dicembre 1832, fu animatore di numerosi gruppi giovanili, come la Congregazione dei giovani a S. Maria del Pianto, la parrocchia in cui era incardinato, o la stessa Società fondata durante l’università e che nel 1819 per volere del rettore dell’Archiginnasio, monsignore Belisario Cristaldi, venne istituzionalizzata in Accademia teologica, direttore della quale venne designato Pallotti, che però nel 1829 preferì abbandonare la carriera universitaria per dedicarsi completamente al ministero sacerdotale. Sempre a partire dal 1819, dall’esperienza delle predicazioni serali di piazza al termine delle quali invitava i fedeli in una vicina chiesa a pregare, avviò delle scuole notturne per istruire i fanciulli alla dottrina cristiana e a leggere, scrivere e far di conto.
Delle scuole se ne occuparono dapprima l’artigiano Giacomo Casoglio e poi alla morte di questi, nel 1823, l’avvocato Michele Gigli. Nel 1835 si costituì una società di cooperatori che raccoglieva mensilmente contributi economici per il mantenimento di queste scuole notturne che passate nel 1837 alla cura dell’Opera dell’apostolato cattolico dopo la morte di Gigli, moltiplicarono il proprio numero impiantandosi anche ad Albano. Nel 1941, negli anni di turbolente critiche alla Società dell’apostolato cattolico, esse furono sottratte al controllo della Società e poste sotto la direzione del Vicariato, anche se nello stile rimasero pervase dell’impronta pallottiana.
Proprio per le sue capacità pastorali, presto fu chiamato ad assistere anche opere fondate da altri, come il Ritiro dei divoti di Maria al Gianicolo, ovvero una casa di esercizi spirituali che monsignore Antonio Piatti aveva aperto per nobili e impiegati dello Stato pontificio, oppure l’Adunanza di Maria Santissima Assunta a Ponterotto, che nel 1820 il canonico Antonio Muccioli aveva creato per giovani disagiati e per la quale chiese al cardinale vicario di essere affiancato da Pallotti, che fu quindi trasferito da S. Maria del Pianto.
Pallotti si metteva inoltre a disposizione presso varie chiese e oratori per amministrare il sacramento della riconciliazione, in particolare presso la chiesa dell’Arciconfraternita del Suffragio in via Giulia, dove è ancora visibile il confessionale utilizzato dal santo e conservato come oggetto di venerazione nella cappella del Crocifisso. Prestò inoltre servizio presso altre opere pie, come l’Istituto agrario aperto nel 1814 a porta Salaria dal sacerdote Paolo Campa, o l’ospizio di S. Maria degli Angeli, detto il Clementino, che raccoglieva giovani mendicanti per dar loro una buona istruzione elementare e artigianale e che per le sue insistenze nel 1834 fu stabilmente affidato ai fratelli delle Scuole cristiane.
Nel 1827 divenne direttore spirituale del seminario romano e nel 1833 del Pontificio collegio urbano De Propaganda Fide, direzione che mantenne finché il collegio non passò sotto la direzione dei gesuiti. Nel 1834 divenne rettore della chiesa di S. Spirito dei Napoletani, in via Giulia, e fu proprio in quella chiesa che il 9 gennaio 1835 presentò ai compagni, preti secolari, religiosi e laici, un triplice programma di apostolato universale: per evangelizzare i non credenti, per accrescere la fede tra i cattolici, per le opere di carità. Secondo Pallotti solo con il sostegno di tutti i fedeli laici poteva infatti realizzarsi quel progetto di restaurazione della fede cristiana e di lotta alle sette nel quale si inserivano tutte le attività da lui fino ad allora seguite: «A ciascuno ha comandato Iddio di procurare la salute eterna del suo prossimo [...] come tutti sono chiamati, anzi obbligati ad imitare Gesù Cristo, così tutti, in proporzione della loro condizione e stato, sono chiamati all’Apostolato [...]. Dunque l’Apostolato Cattolico, cioè universale, come può essere comune ad ogni classe di persone, è il fare quanto ciascuno può e deve fare per la maggiore gloria di Dio e per la propria e altrui eterna salvezza» (Opere complete, a cura di F. Moccia, 1964-1967, III, p. 143). Nasceva così la Società dell’apostolato cattolico ad salvandas animas et ad destruendum peccatum.
Secondo la tradizione la nascita della Società fu legata all’incontro nel 1834 tra Pallotti e Giacomo Salvati, occasionata dalla guarigione a opera del santo della figlia di questi affetta da una grave malattia. In seguito al miracolo, Salvati divenne uno stretto collaboratore di Pallotti e della sua opera fino alla morte, avvenuta il 28 febbraio 1858.
Il 4 aprile 1835 la Pia unione apostolato cattolico ricevette il primo riconoscimento giuridico dal cardinale vicario Carlo Odescalchi e l’11 luglio dello stesso anno anche papa Gregorio XVI concesse la sua benedizione apostolica. L’attività della Società, all’inizio dedicata al sostegno delle missioni estere e ai poveri di Roma, non si limitò a un particolare campo della fede, curando soprattutto la formazione, la predicazione e la responsabilizzazione dei laici cristiani al proprio mandato apostolico, affiancandoli al clero in un apostolato organizzato. L’avvio dell’esperienza fu bene accolto e buona parte del clero romano, tra cui Gaspare del Bufalo, ma anche celebri scienziati, letterati, membri della nobiltà romana si iscrissero tra i contribuenti della società. Tuttavia, proprio il nome così generico dell’associazione, unito a un forte conflitto di competenze con Propaganda Fide, soprattutto in merito all’opera lionese fondata da Paolina Jaricot, attirarono sulla Società forti critiche e opposizioni dall’interno dei dicasteri romani, opposizioni che portarono il 30 luglio 1838 alla soppressione della Società, provvedimento revocato poco dopo con ricorso a papa Gregorio XVI, di cui Pallotti era il confessore dal 1835. Proprio a causa del perpetuarsi di queste polemiche nel 1854 Pio IX avrebbe cambiato il nome della creatura pallottiana in Pia società delle missioni, titolo che essa avrebbe mantenuto fino al 1947, quando la congregazione dei Religiosi le restituì il titolo originario di Società dell’apostolato cattolico.
Stremato da queste vicende e dai problemi di salute dovuti all’emottisi, Pallotti trascorse un periodo di ritiro a Camaldoli di Frascati dove, nel 1939, scrisse le prime regole per la sua congregazione. Fu però nel 1846, dopo l’apertura della missione di Londra, che Pallotti, con la consulenza del padre Gioacchino Ventura, organizzò sistematicamente la disciplina della Società, distinguendo l’Opera dalla congregazione dei preti secolari dell’apostolato cattolico, di cui già nel 1838 aveva fondato il ramo femminile, ovvero la congregazione delle Suore dell’apostolato cattolico e la relativa Pia casa di carità per fanciulle indigenti. L’Opera risultava così tripartita tra gli «operai», cioè coloro che contribuivano direttamente all’opera formativa, i cooperatori spirituali che, non potendo esercitare alcun ministero, aiutavano l’apostolato cattolico con la preghiera, e i cooperatori temporali, ovvero i contribuenti. L’autorità centrale era affidata all’associazione romana, sottomessa al papa, mentre le associazioni locali dipendevano ciascuna dal proprio vescovo.
Morì il 22 gennaio 1850 di pleurite, qualche mese dopo essersi offerto a Dio come olocausto di riparazione per le colpe accumulate dai concittadini durante il periodo della Repubblica Romana. È sepolto nella chiesa di S. Salvatore in Onda a Roma.
Le opposizioni all’opera pastorale di Pallotti pesarono anche sul suo processo di beatificazione: la causa fu introdotta da Leone XIII nel 1887; il 22 gennaio 1950 fu beatificato da Pio XII e canonizzato il 20 gennaio 1963 da Giovanni XXIII, che nell’aprile successivo lo proclamò patrono della Pontificia unione missionaria del clero.
Fonti e Bibl.: I documenti del processo di canonizzazione si trovano in Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Congr. SS. Rituum, Processus 2426-2428, 5343-5345, 5346-5347, 5348-5351, 5402-5403. Le carte personali e gli scritti di Pallotti si conservano invece a Roma, presso la casa generalizia dei Pallottini, e sono state in parte pubblicate dalle raccolte curate da Johannes Hettenkofer tra il 1907 e il 1944, come i Propositi ed Aspirazioni del Ven. V. P., Roma 1921, e successivamente ripubblicate in edizione critica nelle raccolte Opere complete, a cura di F. Moccia, Roma 1964-1967 e Opere complete. Lettere, a cura di B. Bayer, Roma 1997-2004. Tra i numerosi studi si vedano: L. Vaccari, Compendio della vita del ven. servo di Dio V. P., Roma 1888; E. Weber, Vinzenz Pallotti. Ein Apostel und Mystiker, Limburg 1927; F. Amoroso, Il beato V. P., sacerdote romano, fondatore della Società dell’apostolato cattolico, Roma 1950; J. Frank, Vinzenz Pallotti. Gründer des Werkes vom Katholischen Apostolat, I-II, Friedberg 1952-1963; F. Amoroso, San V. P. romano, Roma 1962; D. Pistella, San V. P. apostolo di Roma e precursore dell’Azione cattolica, Roma 1963; A. Faller, V. P., in Bibliotheca Sanctorum, XII, Roma 1969, coll. 1181-1186; H. Schulte, Gestalt und Geschichte des Katholischen Apostolats Vinzenz Pallottis, I-III, Limburg 1971-1986; T. Gandlau, P., V., in Biographisch-Bibliographisches Kirchenlexikon, VI, Herzberg 1993, pp. 1466-1469; Die «Vereinigung des Katholischen Apostolats» Vinzenz Pallottis. Idee, Geschichte, Gestalt, a cura di M. Probst - H. Socha, Limburg 1993; F. Todisco, San V. P. Profeta della spiritualità di comunione, Roma 2004.