SAPONE
. Nel linguaggio scientifico si chiamano saponi tutti i sali degli acidi grassi con numero elevato di atomi di carbonio. Nel linguaggio comune con questo nome sono chiamati i sali sodici, potassici, ammonici di tali acidi. Si dicono anche saponi resinosi o resinati i sali degli acidi abietinico, pimarico, silvinico, acidi che sono i componenti principali della colofonia (pece greca; v. resina).
I saponi sono noti da tempo antichissimo. Secondo Plinio furono i Galli che per i primi li prepararono. Egli in proposito così si esprime: "Prodest et sapo Gallicorum hoc inventum rutilandis capillis. Fit ex sebo et cinere; optimus fagino et caprino: duobus modis spissus ac liquidus; uterque apud Germanos maiore in usu viris quam feminis".
Sembra che Galeno abbia per la prima volta consigliato l'uso del sapone come detergente. Tale impiego andò col tempo aumentando specialmente dopo che si diffuse l'uso della biancheria e si trovò preferibile il sapone alla liscivia (natron), ottenuta estraendo con acqua la cenere delle piante e trattando questa soluzione acquosa con calce viva. Nel sec. IX Marsiglia divenne famosa per l'industria del sapone e nel sec. XI Savona la superò in fama. Nel sec. XV tale industria fiorì anche a Venezia e nel sec. XVII a Genova. Cosicché per molti anni il monopolio mondiale della fabbricazione del sapone fu tenuto dalle quattro città sopra ricordate insieme con Alicante.
Verso la fine del sec. XVII l'Inghilterra iniziava la fabbricazione di questo prodotto e, dopo i famosi studî eseguiti sui grassi dal M.-E. Chevreul (1810-30), la fabbricazione del sapone si estese ovunque.
I saponi di soda e di potassa quando sono puri si disciolgono completamente nell'acqua e nell'alcool, sono insolubili nell'etere, nel benzolo, nella benzina; le loro soluzioni fatte a caldo, se abbastanza concentrate, si rapprendono per raffreddamento in una gelatina più o meno trasparente. Le soluzioni saponose per trattamento con acido cloridrico o solforico separano gli acidi grassi liberi sotto forma di grumi bianchi o giallo-verdognoli, che per riscaldamento fondono e galleggiano come olio alla superficie del liquido. Se alla soluzione acquosa di sapone si aggiunge quella di un sale di un metallo alcalino-terroso, terroso o pesante, precipitano i saponi di questi metalli, i quali sono insolubili in acqua.
Le soluzioni acquose dei saponi presentano un comportamento fisico chimico particolare. Mentre le soluzioni diluite e specialmente quelle alcooliche hanno tutte le proprietà delle vere soluzioni, quelle acquose concentrate possiedono già tutte le proprietà delle soluzioni colloidali; infatti sono suscettibili di coagulare per aggiunta di soluzioni di elettroliti, come per esempio di cloruro sodico. L'industria approfitta precisamente di questa proprietà per separare il sapone dalle acque madri nella preparazione di questo prodotto (salatura). Il fatto poi che le soluzioni concentrate di saponi possiedono una conduttività elettrica debolissima e non presentano innalzamento del punto di ebollizione con un'ulteriore concentrazione, prova ancora che esse sono soluzioni colloidali. L'azione detergente del sapone costituisce un fenomeno chimico-fisico che fino ad ora non è completamente chiarito. Come già lo aveva dimostrato lo Chevreul, le soluzioni di sapone subiscono un'idrolisi:
Si forma cioè da una parte alcali caustico, capace, in grazia dei suoi idrossilioni, di saponificare una parte di grasso che costituisce il sudiciume e d'altra parte si genera acido grasso libero, il quale col sapone non dissociato forma un composto molecolare cioè un sale acido assai poco solubile in acqua:
Questi sali generano alla superficie della soluzione saponosa una pellicola colloidale, la quale concorre alla formazione della schiuma; a questa pellicola aderiscono il grasso e i materiali in genere che costituiscono il sudiciume e si staccano così e si asportano dalla superficie del corpo sottoposto al lavaggio grazie alla variazione della tensione superficiale: questo distacco è poi favorito meccanicamente dallo strofinamento. Perciò una delle condizioni necessarie perché il sapone possa esplicare la sua azione detergente è che esso sia solubile in acqua. I saponi sodici dell'acido stearico, come sono principalmente quelli ottenuti per saponificazione del sego, sciogliendosi solo in acqua calda, non lavano che a caldo, invece quelli dell'acido oleico lavano anche a freddo.
Essendo poi, com'è stato detto, i saponi dei metalli terrosi insolubili in acqua, se l'acqua in cui si opera il lavaggio è dura, cioè contiene disciolte notevoli quantità di questi sali; a mano a mano che il sapone sodico si discioglie in essa, si trasforma in sapone calcare e precipita insolubile senza esplicare la sua azione detergente. Il sapone comincia a lavare solo quando tutti i metalli alcalino-terrosi contenuti nell'acqua sono stati precipitati allo stato insolubile. Le grandi industrie che adoperano forti quantità di sapone debbono quindi adoperare acque prive di questi sali.
I metodi maggiormente impiegati per la fabbricazione del sapone sono due: il più antico, bollendo i grassi con soluzioni acquose di soda o di potassa caustica, e il più moderno, neutralizzando con carbonato sodico o potassico gli acidi grassi ottenuti dai grassi naturali con speciali processi di scissione (v. grassi).
I saponi alcalini si possono distinguere in due tipi principali: saponi duri che sono i sali sodici e saponi molli che sono i sali potassici. A seconda poi del loro modo di preparazione, della composizione, degli usi, si possono distinguere in quattro gruppi. Il primo gruppo è dato dai saponi comuni e comprende:
1. Il sapone di Marsiglia, fabbricato un tempo solo con l'olio di oliva; ora lo si prepara da miscele di olî di oliva, arachide, sesamo, e anche dal solo olio di arachide, oppure dagli acidi liberi ottenuti da miscele di questi olî per preventiva scissione. Questo sapone si presenta sotto forma di una massa quasi bianca, dura; esso rappresenta il tipo di sapone più puro. In commercio però vi sono anche saponi simili, nell'aspetto esterno, a quello di Marsiglia che si ottengono da olî di palmisto e di cocco; essi, grazie alla proprietà speciale dei saponi ottenuti dagli olî di cocco, possono incorporare, pur rimanendo solidi e duri, grandi quantità di acqua e perciò a parità di peso dànno minori rese per quel che riguarda il potere detergente.
2. I saponi marmorati, preparati partendo da grassi di varia origine o dai corrispondenti acidi. Sono caratterizzati dal loro colore variegato a fondo bianco con venature rosse o blu o miste dovute a composti di ferro aggiunti durante il raffreddamento della massa del sapone. Questo sapone ebbe un tempo grande voga perché la marezzatura non si poteva ottenere regolarmente se non con saponi contenenti poca acqua, di modo che il consumatore aveva già per questo una garanzia. Oggi però si possono preparare saponi marezzati contenenti, oltre che notevoli quantità di acqua, altre materie estranee come: silicato di sodio, caolino, talco, ecc.
3. I saponi gialli resinati, di qualità comune, fatti con grassi diversi e con saponi di colofonia.
4. I saponi verdi duri, sodici, ordinarî, fabbricati con grassi o acidi grassi di qualità scadente; contengono anche saponi di colofonia; hanno di solito odore sgradevole, sono colorati in verde e giallo-verde. I saponi verdi molli, hanno esclusivamente usi industriali; essi sono sali potassici e miscele di sali potassici e sodici di acidi grassi diversi; si presentano sotto forma di una massa molle di color giallo-verde; sono igroscopici, solubilissimi nell'acqua. Qualche volta in questi saponi è incorporata benzina e in questo caso trovano un impiego speciale nello sgommaggio della seta.
Al secondo gruppo appartengono i saponi di toletta; esso comprende i saponi per barba, i saponi leggieri da bagno, i saponi trasparenti, i saponi alla glicerina e quelli profumati, in genere.
Il terzo gruppo contiene i saponi medicinali, i quali di solito sono saponi del tipo Marsiglia in cui sono incorporati principî medicamentosi: alcool, acido salicilico, acido tannico, acido fenico, formaldeide, solfuri alcalini, cloruro mercuroso, derivati arsenicali e antimoniali; possono essere fatti anche partendo da grassi speciali, come olio di mandorle, ecc. (v. oltre).
Infine al quarto gruppo appartengono i saponi metallici (vedi oltre).
Saponi di resina. - I saponi sodici di colofonia, detti anche resinati, si preparano bollendo la resina con soda e con potassa caustica; si presentano sotto forma di masse solide o di polvere giallognola; sono solubili in acqua. Da soli non si usano come detergenti, ma per preparare i corrispondenti resinati dei metalli pesanti, i quali sono discretamente impiegati nell'industria. Questi resinati si ottengono in due modi diversi: 1. per precipitazione, trattando la soluzione acquosa dei saponi sodici di colofonia con quella dei sali metallici di cui si vuole ottenere il sapone, raccogliendo il precipitato ottenuto ed essiccandolo; 2. per fusione, fondendo la colofonia insieme con l'ossido metallico; quest'ultimo processo si usa specialmente per la preparazione dei saponi di manganese e di piombo o misti, i quali s'impiegano per rendere essiccativi gli olî. I resinati di alluminio, di cadmio, di cobalto, di cromo, di ferro, di rame e di piombo servono per la preparazione dei colori detti a lustro e per la decorazione delle porcellane; quelli di alluminio e di zinco per la preparazione delle lacche.
Chimca fisica della saponificazione. - Il sapone, inteso come prodotto commerciale, viene ottenuto nell'industria attraverso due processi consecutivi ben distinti. Il primo, di natura chimica è costituio dalla reazione di saponificazione; il secondo, chimico-fisico, riduce il prodotto non commerciale, fornito dalla saponificazione, in prodotto finito, attraverso trasformazioni colloidali. Alla fine del processo chimico-fisico altre operazioni industriali di natura fisica (essiccazione, trattamenti meccanici) possono modificare ancora la composizione percentuale e l'aspetto dei saponi.
Alla formazione del sapone alcalino si può pervenire nei tre modi seguenti, basati su tre diverse reazioni:
1. Inversione in sapone sodico, per ebollizione con soluzione di carbonato sodico, di un sapone metallico preformato.
2. Neutralizzazione degli acidi grassi superiori con un alcali caustico o con carbonato alcalino.
3. Saponificazione alcalina dei gliceridi superiori.
Mentre il primo metodo, che sta a base del processo Krebitz, ha una scarsa diffusione, gli altri due sistemi sono entrambi largamente usati. L'adozione dell'uno o dell'altro di essi è decisiva per l'orientamento della lavorazione di saponeria e del ricupero della glicerina.
Il primo metodo, che chiameremo di Krebitz, è basato sulla seguente reazione:
Questo processo, pur essendo legato in pratica a ostacoli non facili da superare, è chimicamente assai semplice e non offre particolare interesse. La neutralizzazione degli acidi grassi può essere fatta con alcali caustico o con carbonato alcalino secondo l'una o l'altra delle due reazioni:
In entrambi i casi essa non rappresenta che un processo di neutralizzazione in sistema eterogeneo (data l'insolubilità degli acidi grassi superiori nell'acqua) a cui può essere applicata la teoria di Langmuir-Harkins (v. oltre).
Meno semplice è la saponificazione dei grassi neutri, che è stata oggetto di numerose esperienze e speculazioni, e intorno alla quale le vedute degli scienziati sono state per lungo tempo discordi.
Oggi si deve ammettere a questo riguardo quanto segue.
I grassi, come pure gli acidi grassi e altre sostanze organiche, in contatto con acqua prendono una disposizione orientata, vale a dire i gruppi attivi sono diretti verso l'acqua e si devono immaginare immersi in questa, mentre la parte inattiva della catena è disposta in senso normale alla superficie di separazione. Come gruppi attivi si devono intendere: il carbossile, il gruppo amminico, i legami multipli, le catene laterali dei composti aromatici, mentre il gruppo alchilico, il nucleo benzolico si devono considerare inattivi (teoria di Langmuir-Harkins).
La reazione di saponificazione dei gliceridi superiori avviene là dove gruppi esterici si trovano in contatto con l'acqua, in seguito all'urto delle molecole d'acqua contro di essi, sotto l'influenza di un catalizzatore (p. es., un alcali).
Prendono dunque parte alla reazione soltanto quelle molecole che si trovano alla superficie di separazione grasso-acqua. Perciò la reazione di saponificazione è facilitata dall'intervento di sostanze che agiscono portando il grasso allo stato di finissima suddivisione (emulsori).
L'ipotesi di una solubilità anche minima del gliceride nell'acqua non può, per motivi di natura chimico-fisica, render ragione della saponificazione in sistema eterogeneo (Bergell-Laskaray).
È provato, sia analiticamente sia per via chimico-fisica, che la reazione di saponificazione in sistema omogeneo (triacetina) avviene per stadî successivi attraverso la formazione del digliceride e del monogliceride pervenendo finalmente alla trasformazione totale in sapone e glicerina libera (Geitel, Abel, Yamasaki, van Euler, Treub, J. Meyer).
Anche per la saponificazione in sistema eterogeneo si deve ammettere, per analogia con quanto si ha in sistema omogeneo, che essa avvenga per passaggi graduali successivi; infatti, anche nel caso della saponificazione eterogenea l'esistenza dei prodotti intermedî della saponificazione fu dimostrata analiticamente (Kellner, Fahrion, Thieme).
Il primo passo verso la saponificazione consiste, come si è detto, in una intima emulsione tra la soluzione alcalina e il grasso, in essa non solubile. Più fine è l'emulsione, più rapidamente e facilmente avviene la reazione di saponificazione.
Il lavoro di emulsionamento è aiutato dagli acidi grassi liberi, che, in maggiore o minor misura, si trovano in ogni grasso tecnico. Gli acidi grassi liberi vengono prontamente neutralizzati dall'alcali presente con formazione di sapone; questo poi favorisce la formazione dell'emulsione. Nella lavorazione industriale, anche il sapone della cotta precedente che sia rimasto in caldaia favorisce l'emulsione e quindi la saponificazione.
Procedendo la reazione e aumentando così la quantità del sapone formato, si passa a poco a poco allo stato di "colla".
Questa si deve considerare un sistema eterogeneo, cioè la coesistenza di due fasi: il sapone o fase dispersa e la soluzione dell'alcali o fase disperdente. Il sapone tiene in adsorpzione il grasso, mentre la fase disperdente si arricchisce in glicerina. La reazione continua alla superficie di separazione delle due fasi, fino a che si abbia coesistenza di grasso e di alcali. Può talora darsi il caso che tutto l'alcali venga consumato e che insieme alla soluzione colloidale di sapone si abbia soltanto grasso. In questo caso la viscosità può aumentare fino al punto da aversi la solidificazione della massa del sapone. Per evitare ciò, si deve curare che allo stato di colla nella massa in lavorazione sussista sempre un certo eccesso di alcalinità caustica. D'altra parte l'alcalinità eccessiva può tendere a precipitare il colloide sapone allo stato di gel, data la sensibilità delle soluzioni colloidali di sapone verso gli elettroliti.
Nel misurare l'eccesso di soda occorre tener conto della natura del gliceride o gliceridi in saponificazione. Infatti, quanto più è elevato il numero di saponificazione del gliceride, cioè in ultima analisi quanto più è basso il peso molecolare degli acidi grassi componenti, tanto minore è la tendenza del rispettivo sapone ad essere precipitato allo stato di gel da parte degli elettroliti. Gli olî di cocco e di palmisto, a basso peso molecolare, possono essere saponificati con soluzioni di soda concentrate senza che lo stato colloidale del sapone venga ad essere alterato. Per contro, nella saponificazione di grassi a più elevato peso molecolare conviene impiegare soluzioni alcaline più deboli. La saponificazione viene così continuata nello stato di "colla" fino a che essa sia giudicata completa.
Per aggiunta di elettroliti i saponi vengono precipitati allo stato di gel e si ha la separazione o granatura: per l'aggiunta alla colla di un sale o di alcali (nella pratica dei saponi comuni però esclusivamente di cloruro di sodio) si ha la formazione di un solvato tra l'elettrolita aggiunto e l'acqua. Questa viene sottratta al sol di sapone e il sistema è distrutto. Il sapone separato costituisce ora un nuovo sistema colloidal-disperso, mentre la liscivia è un sistema molecolare-disperso. Il colloide disperso fa da membrana dializzatrice e l'elettrolita passa per la massima parte alla fase molecolar-dispersa. Anche il non elettrolita glicerina passa in parte nella liscivia distribuendosi tra i due sistemi apparentemente in ragione delle masse rispettive; a causa di ciò più granature sono necessarie per poter raccogliere nelle liscivie la maggior parte della glicerina contenuta nei grassi, pervenendo così a una conveniente resa industriale in glicerina.
F. Merklen, che per primo ha studiato la fabbricazione del sapone dal punto di vista chimico-fisico, ha fissato il concetto di "liscivia limite di solubilità". Per tale è intesa una liscivia a concentrazione di elettrolita tale da non permettere più l'esistenza del sapone allo stato di sol, in altre parole a una concentrazione appena sufficiente per la granatura del sapone. Al disotto di questa concentrazione dell'elettrolita, e in misura tanto maggiore quanto più la concentrazione dell'elettrolita si abbassa, si deve avere soluzione del sapone nella liscivia.
La concentrazione della liscivia limite di solubilità varia a seconda della materia grassa componente il sapone, crescendo col diminuire del peso molecolare degli acidi grassi del sapone. Essa è inoltre maggiore a caldo che a freddo, e perciò a caldo è necessaria, per granare un dato sapone, una concentrazione maggiore in elettrolita che non a freddo.
Per una determinata concentrazione, che non causa alla temperatura di ebollizione alcuna separazione, si possono avere fenomeni di separazi0ne dopo raffreddamento. Vedremo subito l'applicazione di questo concetto all'operazione di liquidazione.
Eseguita la granatura, e trascorso un periodo di riposo, si allontana la liscivia e si procede alla liquidazione. Questa è basata sulla reversibilità del colloide sapone, vale a dire sulla proprietà del gel di sapone di ridisciogliersi in acqua tornando allo stato di sol, e consiste nell'aggiungere al gel di sapone, dopo aver allontanato la liscivia, un'opportuna quantità d'acqua, in presenza del sale rimasto in adsorpzione nel gel o da esso meccanicamente trattenuto, e di altre piccole quantità di sale opportunamente aggiunte.
La liquidazione inizia il passaggio da gel a sol, ottenendo l'effetto di ingrossare e riunire i fiocchi del sapone. Data però la presenza di elettrolita non si può formare un unico sistema, ma si manifesta la tendenza alla formazione di due sistemi distinti, sapone e liscivia. Ora, non essendo la concentrazione dell'elettrolita sufficiente per la granatura, avendosi in altre parole una concentrazione in sale inferiore al valore della liscivia limite, una parte del sapone si scioglie nella liscivia. A questa soluzione di sapone nella liscivia si dà il nome tecnico di "colletta".
Già a temperature vicinissime all'ebollizione si ha la coesistenza di due sistemi colloidal-dispersi: sopra il sapone, sotto la colletta. Lasciando poi la caldaia in riposo, col diminuire della temperatura aumenta la sensibilità del sapone verso l'elettrolita. In conseguenza di ciò via via che la temperatura diminuisce si ha nella liscivia il passaggio per stati di equilibrio successivi con separazione di sempre nuove quantità di colletta. Così si riscontra nella colletta una struttura stratificata, e non di rado, nelle liquidazioni fatte avvenire in presenza di quantità di sale alquanto più alte del necessario, si riscontra in fondo alla caldaia la formazione di un sistema molecolar-disperso, una vera liscivia, cui si dà il nome di "liscivia di fondo".
La formazione della colletta è accompagnata da fenomeni di dialisi; gli elettroliti e la glicerina migrano verso la colletta.
La liquidazione ha per effetto di purificare il sapone, lasciando nella sua massa quantitativi minimi di alcali caustico, di carbonato alcalino, di cloruro sodico e di glicerina.
Dopo il riposo, che segue la liquidazione, si deve considerare finita la serie delle trasformazioni colloidali.
Si dà il nome di saponi liquidati ai saponi che, dopo la saponificazione, siano stati sottoposti al processo di depurazione descritto. Con questo metodo vengono fabbricati la maggior parte dei saponi duri da bucato e da toletta. La fabbricazione degli altri tipi di sapone sodico differisce da quella del sapone liquidato essenzialmente per le trasformazioni chimico-fisiche che seguono la saponificazione.
I saponi marmorati si ottengono aggiungendo al sapone, alla fine della reazione di saponificazione, quantità di elettroliti non sufficienti a provocare la formazione della colletta alla temperatura d'ebollizione, tali però da turbare l'equilibrio allorquando la temperatura sia diminuita. Dopo aver praticato l'aggiunta al sapone dell'elettrolita nella quantità opportuna (operazione che va sotto il nome di "carica"), si avvia il sapone fluido dalla caldaia di cottura ad appositi cassoni in cui la marmoratura ha luogo.
Quando col raffreddamento si sia raggiunta una certa temperatura (che è funzione del tenore in elettroliti e della natura della materia grassa), si ha la separazione dei due sistemi colloidal-dispersi. Ma a quella temperatura la viscosità della massa è tale che il sistema corrispondente alla colletta non può raccogliersi al fondo. I due sistemi solidificano uno in seno all'altro. Le sostanze coloranti insolubili che si sono aggiunte al momento della carica passano nel sistema corrispondente alla colletta e si ha così, dopo raffreddamento completo, una struttura maculata dovuta al compenetramento dei due sistemi colloidali diversamente colorati, che prende il nome di "marmoratura".
In questi saponi per una determinata composizione della materia grassa (data la diversa sensibilità agli elettroliti dei saponi dei diversi acidi grassi) si devono avere quantità di acqua e di elettrolita presso a poco costanti. Se per errore la concentrazione di elettrolita è troppo scarsa, essa può non essere sufficiente, neppure a temperatura abbassata, a provocare la separazione dei due sistemi. Si ha in questo caso la "cotta cieca".
Se invece la concentrazione dell'elettrolita è troppo forte, allora si ha la separazione dei due sistemi a temperature elevate, alle quali il valore della viscosità non è abbastanza alto. La colletta si raccoglie in fondo alla caldaia e si ha la "cotta caduta".
Nei saponi "d'impasto" "a freddo" o "a caldo" si omettono tutte le operazioni chimico-fisiche. Il sapone, preparato con la quantità di alcali strettamente necessaria, è versato in stampi e abbandonato al raffreddamento. La glicerina eventualmente presente e tutte le impurezze, quali alcali in eccesso, carbonati e cloruri contenuti nell'idrato alcalino tecnico, rimangono nel sapone finito.
Questo sistema è impiegato per saponi sodici quasi solo nel caso dei saponi a freddo a base di olio di cocco di prima qualità.
Nella preparazione di questi saponi si sfrutta il decorso esotermico della reazione di saponificazione e, data la purezza e le speciali qualità della materia grassa impiegata, si perviene a saponi di un bell'aspetto.
La tecnica dei saponi d'impasto è invece la regola nella fabbricazione dei saponi potassici o saponi molli, e nei saponi misti sodico-potassici (saponi per barba), data la scarsa attitudine di questi saponi a subire le operazioni di granatura e di liquidazione.
Industria saponiera.
Materie prime. - Le proprietà del sapone ottenibile da ogni singola materia grassa sono peculiari di quella data materia grassa, e non esistono due grassi che diano saponi tra loro eguali. Inoltre, materie grasse che sono adatte per alcuni tipi di sapone, non lo sono per altri. Perciò si può dire che l'accurata scelta delle materie prime è parte essenziale dell'arte del saponiere. La seguente tabella dà un'idea degli acidi grassi che compongono le materie grasse più diffuse.
Gli acidi stearico, palmitico, oleico e linoleico sono i più rappresentati tra le materie grasse elencate, che sono quelle di maggior uso in saponeria. È assai importante, per fissare le basi dell'uso da farne, esaminare le proprietà dei saponi di questi acidi.
È chiaro che ciascun acido grasso impartirà le sue proprietà saponiere alla materia grassa di cui è componente, in ragione della quantità di esso presente in quella data materia grassa. La conoscenza della composizione qualitativa e quantitativa di una materia grassa potrà d'altra parte, qualora ci siano note le proprietà saponiere dei singoli acidi grassi, farci prevedere le proprietà saponiere di quella data materia grassa.
L'acido oleico è presente nella massima parte dei grassi e olî e, in questi ultimi, in proporzione preponderante.
Il sapone sodico di acido oleico è troppo molle per le esigenze commerciali. Fornisce una schiuma abbondante e, come comunemente si dice, grassa. Le proprietà saponiere degli acidi grassi a maggior insaturazione che l'oleico sono analoghe a quelle dell'acido oleico. Caratteristica dei saponi sodici ottenuti dagli acidi grassi a forte insaturazione è iveece la tendenza all'irrancidimento, dovuto a ossidazione.
Questo comportamento esclude dall'adoperare per produrre saponi sodici gli olî semisiccativi e siccativi, che contengono quantità notevoli di acidi grassi a forte insaturazione.
Negli acidi grassi della serie satura si nota che col crescere del peso molecolare la solubilità dei sali sodici rispettivi diminuisce. Le qualità della schiuma migliorano fino all'acido laurinico, indi peggiorano dal laurinico in avanti. La durata della schiuma aumenta. Le bolle della schiuma si fanno più piccole. Il valore detersivo del sapone diminuisce.
Così gli olî di cocco e di palmisto, composti in gran parte di acidi grassi a basso peso molecolare, producono saponi di grande solubilità e di pronta schiuma, mentre il sevo, che contiene forti percentuali di acido stearico e palmitico, dà un sapone a schiuma non abbondante, ma tenace.
I grassi ricchi in acidi grassi solidi dànno saponi non commerciabili per la poca solubilità e la scarsa schiuma, mentre qualità opposte si riscontrano negli olî. Un sapone sodico di soli olî avrebbe buone doti di schiuma, ma apparirebbe troppo molle per essere commerciabile.
Le qualità saponiere del cocco e del palmisto sono tutte particolari. Le elevate percentuali di acidi grassi a basso peso molecolare conferiscono ai saponi di questi grassi una grande solubilità e un'ottima schiuma. L'assenza quasi totale di acidi grassi non saturi è causa di una notevole solidità e durezza. Così troviamo accoppiate nei saponi di cocco e di palmisto queste doti che in nessun altro grasso vanno unite: la solubilità e la durezza.
La resina, ingrediente ordinario di tipi assai diffusi di sapone da bucato, è il residuo della distillazione della resina greggia delle conifere. Il suo sapone sodico è molle, odoroso, di buona schiuma, di buon potere detersivo. Usata in miscela, diminuisce la durezza del sapone ma aumenta la resistenza all'irrancidimento.
Nella pratica è abituale la classificazione delle materie grasse in: grassi (materie grasse a elevato tenore in acidi grassi solidi); olî (materie grasse a elevato tenore in acido oleico); cocco e palmisto (materie grasse a elevato tenore in acidi grassi saturi inferiori).
Nel comporre la ricetta del sapone commerciale si deve tener conto delle diverse qualità proprie alle singole materie grasse, cercando di compensarle e armonizzarle in modo da ottenere nel prodotto finito un "optimum" per ciascuna delle diverse doti: compattezza, durata, schiuma, solubilità, aspetto.
L'ingrediente principale dei saponi commerciali è dato da un grasso (sevo, olio di palma, grasso d'ossa): è poi necessario un olio per ammorbidire, conferire trasparenza, migliorare la solubilità. L'aggiunta di cocco servirà, nelle qualità migliori, a dare l'ultimo tocco alla composizione, migliorando la durezza, la solubilità, la schiuma.
Gli olî semisiccativi e siccativi, esclusi come dicemmo dai saponi duri, sono invece gl'ingredienti ordinarî dei saponi potassici o saponi molli, nei quali un eccesso d'alcali caustico impedisce il manifestarsi del fenomeno d'irrancidimento.
Fabbricazione dei saponi liquidati. - Conle già abbiamo detto, due diversi sistemi si contendono il primato nell'industria saponiera: la saponificazione diretta dei gliceridi e la neutralizzazione degli acidi grassi previamente preparati.
Saponi liquidati da grassi neutri. - I grassi e gli olî pervengono alla fabbrica in barili, botti o carri-cisterna e vengono immagazzinati, divisi per qualità, in serbatoi. Da questi serbatoi le diverse materie grasse vengono avviate alla lavorazione. Per la saponificazione s'impiegano caldaie a sezione circolare o quadrata, munite di più giri di serpentino forato per il riscaldamento mediante vapore diretto (fatto gorgogliare nella massa del sapone), di un dispositivo tuholare a giunto snodato per la versatura del sapone finito, e di una tubazione sul fondo con valvola a saracinesca, destinata allo scarico della liscivia (fig. 1).
Per i saponi liquidati non è generalmente necessario impiegare serpentini chiusi per riscaldamento indiretto. Questo può invece essere utile per saponi speciali, e tutte le volte che non si voglia aumentare il contenuto in acqua di un sapone o si voglia diminuirlo quando per un errore di lavorazione esso sia pericolosamente elevato. Nella caldaia si caricano prima i quantitativi di oli e grassi che compongono la ricetta e se ne inizia il riscaldamento, poi si comincia ad aggiungere soluzione di soda caustica. L'aggiunta dell'alcali si deve fare gradatamente via via che procede la saponificazione, in modo da evitare fenomeni di separazione del sapone formato (quali potrebbero essere causati da un fortissimo eccesso d'alcali), ma mantenendo sempre una certa alcalinità per impedire il rapprendersi improvviso della massa del sapone.
Generalmente non si comincia una cotta di sapone in una caldaia vuota, ma si carica la nuova materia grassa sulla colletta di una cotta precedente, dopo aver praticato su questa la granatura, cioè l'operazione di separazione mediante sale.
Seguendo le regole indicate si perviene, con un'ebollizione di varie ore, alla saponificazione completa.
Si dà allora subito inizio alla granatura, introducendo in caldaia sale comune solido o in soluzione satura, mentre il sapone è mantenuto all'ebollizione. Quando si sia oltrepassato il valore della concentrazione in sale corrispondente alla liscivia limite di solubilità, la separazione avviene quasi istantaneamente. La massa perde la sua omogeneità e si ha la formazione di masserelle, di grumoli staccati, galleggianti sulla soluzione degli elettroliti e della glicerina.
La quantità di sale aggiunto deve essere sufficiente alla completa separazione, tale cioè che, prelevando su una grossa spatola un campione di sapone granato, la liscivia scorra dalla spatola in gocce praticamente limpide; mentre i grumi del sapone granato rimangono sulla spatola.
Una liscivia torbida sarebbe indizio di separazione non completa; occorrerebbe in tal caso un'ulteriore aggiunta di sale. Non si deve d'altra parte eccedere nell'aggiunta di sale, perché un eccesso troppo grande turberebbe l'operazione successiva di liquidazione.
A granatura avvenuta, la caldaia deve essere lasciata in riposo per un certo tempo, affinché la separazione dei due sistemi divenga completa. Alla fine del periodo di riposo si estrae la liscivia dal fondo della caldaia e la si invia a uno speciale riparto, nel quale si effettua la purificazione e la concentrazione delle acque di liscivia, ottenendone un prodotto che va sotto il nome di glicerina greggia di sottoliscivia (v. glicerina).
Durante la concentrazione delle liscivie di saponeria depurate si ha la cristallizzazione della maggior parte del sale in esse contenuto. Questo sale viene ricuperato con appositi dispositivi e reimpiegato nella granatura dei saponi.
Estratta che sia la liscivia dal fondo della caldaia, si aggiunge acqua fino a riportare il sapone allo stato di "colla"; si ripete quindi l'operazione di granatura, con lo scopo di depurare ulteriormente il sapone, ma particolarmente di sottrargli parte della glicerina che ancora contiene.
Eseguita la seconda granatura, si lascia riposare la massa e si spilla la seconda liscivia ottenuta, che viene anch'essa inviata alla lavorazione di ricupero della glicerina. Il sapone è ora pronto per la liquidazione.
Questa viene eseguita aggiungendo acqua in presenza di opportune quantità di sale. La pratica insegna a regolare l'aggiunta dell'acqua e le eventuali aggiunte di sale in base all'esame organolettico di campioni della massa, che si prelevano e si osservano sopra una comune cazzuola da muratore.
Se la concentrazione in sale è piuttosto elevata, si ha quella che si chiama "liquidazione forte". In questo caso osservando un campione di sapone sulla cazzuola tenuta molto inclinata, si vedrà il formarsi di lamelle che tendono ad abbandonare la superficie della cazzuola lasciandola asciutta.
Si avrà invece una liquidazione "fine", se il tenore in sale sarà tenuto piuttosto basso. Osservato sulla cazzuola, il sapone avrà minor tendenza ad abbandonare la superficie di questa, e, abbandonandola, non la lascerà asciutta, ma "grassa", vale a dire rivestita da uno straterello di sapone. Mentre una liquidazione forte è particolarmente adatta per caldaie piccole, per le quali il tempo di riposo dopo la liquidazione non può essere molto lungo, la liquidazione fine ha il vantaggio di conferire al sapone un aspetto più legato, più compatto, o, come si dice in linguaggio tecnico, di "abbellirne la pasta".
Con la liquidazione fine si ha una maggiore quantità di colletta, e quindi una minor resa in sapone. Malgrado ciò la necessità di un bell'aspetto del sapone finito fa generalmente preferire una liquidazione tendente al fine.
Eseguita la liquidazione, la massa in caldaia viene lasciata riposare. Durante questo periodo di riposo si completa la formazione della colletta, accompagnata da fenomeni di dialisi e di deposizione meccanica d'impurezze; il che tutto insieme ha per effetto una finale depurazione del sapone.
Saponi liquidati da acidi grassi. - Questo sistema ha per base la neutralizzazione degli acidi grassi previamente ottenuti dai gliceridi per saponificazione catalitica.
I sistemi di saponificazione catalitica più in uso oggi sono la scissione in autoclave e la scissione Twitchell. Fra questi due, la scissione in autoclave ha il pregio di dare acidi grassi più chiari e glicerina di migliore qualità. La scissione Twitchell per contro richiede un assai semplice impianto e l'impiego di vapore a basse pressioni.
Tanto l'uno quanto l'altro metodo di scissione dànno un prodotto finito costituito per il 95% circa di acidi grassi e per il resto del gliceride non scomposto e di costituenti insaponificabili (sterine, idrocarburi).
Questo acido grasso tecnico offre il vantaggio che l'acido grasso libero in esso contenuto può essere neutralizzato con carbonato sodico, il cui grammo-equivalente è meno costoso di quello della soda caustica.
La reazione di neutralizzazione si fa avvenire nella comune caldaia di cottura, facendo cadere nella soluzione di carbonato sodico già preparata in caldaia gli olî e i grassi che compongono la ricetta. Il processo avviene con vivace svolgimento di anidride carbonica, e si ottiene alla fine della reazione un prodotto vischioso che contiene, insieme col sapone sodico formatosi, tutto il grasso neutro e una certa quantità di acidi grassi liberi. L'esistenza di acidi grassi liberi nel sapone di neutralizzazione è dovuta al fatto che il carbonato sodico viene di proposito calcolato in difetto, perché si preferisce completare con idrato sodico la neutralizzazione degli acidi grassi anziché avere nel prodotto finito un eccesso di carbonato sodico.
Al sapone di neutralizzazione si aggiunge la quantità necessaria di una soluzione di soda caustica e si prolunga l'ebollizione fino a saponificazione completa. Da questo punto in poi la lavorazione diventa uguale a quella del sapone ottenuto direttamente dal gliceride, fatta eccezione per le liscivie che, non contenendo glicerina, vengono gettate. È così perduto il sale in esse contenuto.
La saponificazione diretta del grasso neutro ha, rispetto alla neutralizzazione degli acidi grassi, il vantaggio di fornire saponi più chiari. Inoltre, la glicerina, che, con questo sistema, rimane nel sapone finito in ragione di 0,4-0,6%, conferisce al sapone un aspetto migliore e una maggiore morbidezza di pasta. D'altra parte le migliori rese in glicerina ottenibili con la saponificazione diretta del gliceride non superano l'85%, mentre all'autoclave e al Twitchell è abituale una resa del 95% della glicerina contenuta nei grassi. Ora il ricupero della maggiore quantità possibile di glicerina ha una tale importanza, da far talora pendere la bilancia della convenienza economica dalla parte del liquidato da acidi grassi.
Nella fabbricazione dei saponi da toletta le esigenze per il colore e l'aspetto sono tali da far passar sopra senz'altro alle considerazioni economiche; e quindi non si può applicare che il processo della saponificazione del grasso neutro.
Allestimento del sapone liquidato. - Dopo il riposo che segue la liquidazione, il sapone è pronto per essere versato.
La versatura avviene a cominciare dalla parte superiore della caldaia per mezzo del tubo snodato visibile nella fig. 1. L'estremità libera di questo tubo è assicurata a una catena manovrata dall'operaio addetto alla versatura, ed essa viene sempre fatta affiorare in modo che si riversi nel tubo il sapone che è alla superficie. Così prosegue il lavoro di versatura finché non si pervenga alla colletta.
L'operaio si accorge del mutamento dell'aspetto della massa in caldaia e interrompe la versatura. La colletta rimasta in caldaia viene riportata all'ebollizione e sottoposta a granatura. La liscivia ottenuta nella granatura, qualora contenga glicerina in quantità notevoli, si avvia al reparto glicerine per il ricupero, mentre sulla colletta granata si caricano le materie grasse di una nuova cotta.
Il sapone fluido che abbandona la caldaia viene avviato per la solidificazione alle presse di raffreddamento (fig. 2). Queste presentano una serie di cavità raffreddate ad acqua, ciascuna delle quali viene riempita di sapone fluido. In breve tempo il sapone è solidificato e, smontata la pressa, può venire estratto in forma di grosse lastre. Il riempimento dei vani della pressa può esser fatto per caduta dall'alto oppure dal basso per pressione.
Le presse di quest'ultimo tipo sono oggi preferite, perché il sapone raffreddato sotto pressione guadagna in compattezza e bellezza. Le lastre provenienti dal raffreddamento sono avviate al taglio. Questo viene eseguito col mezzo di macchine da taglio o taglierine, di cui un tipo è rappresentato dalla fig. 3. Le lastre vengono poste sul piano della macchina a taglio e spinte da una testata mobile contro fili di acciaio tesi verticalmente. Alla fine della corsa le liste così ottenute sono spinte, da una testata mobile disposta normalmente alla prima, verso una seconda batteria di fili verticali. Si ottiene così il sapone in pezzi, la cui dimensione e forma può essere variata variando gl'intervalli tra i fili delle due filiere.
I pezzi ottenuti alla taglierina passano poi alla modellatrice. Questa, comprimendo il pezzo di sapone su due o su tutte le sei facce, gli conferisce una determinata forma, e nello stesso tempo imprime, su alcune o su tutte le facce, marchî o diciture.
Il sapone in pezzi fornito dalla modellatrice (contenente 63% di acidi grassi circa), è già un prodotto commerciale, sotto il nome di sapone fresco modellato.
È però altrettanto e più diffuso il sapone secco, che si ottiene assoggettando per un tempo più o meno prolungato il sapone fresco in pezzi stampigliati o modellati all'azione di un essiccatoio a vapore. Nell'essiccatoio i pezzi di sapone sono disposti in incastellature apposite e vengono tenuti in corrente d'aria calda per il tempo necessario a ottenere il grado di essicazione desiderato. È usuale un grado di essiccazione corrispondente a un tenore in acidi grassi di 72%.
Saponi da toletta. - vengono fabbricati esclusivamente da grassi neutri col metodo della liquidazione. La ricetta è composta in modo da ottenere le migliori doti di schiuma, e insieme solidità e bellezza di pasta.
Sevo e olio di cocco delle migliori qualità sono componenti obbligati di questi saponi, insieme con olio di palma imbianchito e un olio, p. es., di arachide o olivo.
Nella fabbricazione dei saponi da toletta la massima cura viene dedicata alla saponificazione e alla liquidazione. Una perfetta saponificazione è necessaria a evitare fenomeni di irrancidimento.
In molte fabbriche il sapone da toletta viene versato come il sapone da bucato in presse di raffreddamento. Però da questo punto la lavorazione del sapone da toletta segue vie proprie.
I pani passano dopo raffreddamento a una pialla o truciolatrice che li trasforma in trucioli (fig. 4). Questi vengono avviati a un essiccatoio a tappeto girante che essicca i trucioli fino a un tenore in acidi grassi di circa 80%.
Più modernamente l'operazione di truciolatura viene eliminata, ricorrendo a essiccatoi che compiono direttamente la trasformazione di un velo sottile di sapone liquido in truciolo secco.
Il truciolo all'uscita dall'essiccatoio viene avviato a un mescolatore dove si fanno aggiunte di profumo e di colore, e da questo passa alla pilatrice a cilindri. In questa macchina i trucioli sono impastati sotto la pressione esercitata da cilindri d'acciaio o di sienite rotanti in senso inverso fra loro (fig. 6). Ne risulta un truciolo omogeneo che è fatto affluire alla macchina per budino (fig. 5). Qui il truciolo già omogeneizzato dalla pilatrice subisce la forte pressione esercitata da una vite senza fine contro una testata riscaldabile munita di bocca sagomata, ed esce sotto forma di barra continua o budino.
Finalmente questo budino è tagliato in pezzi di voluta lunghezza per mezzo di una tagliatrice automatica, e questi sono inviati alla modellatura e all'imballaggio.
Saponi d'impasto a freddo. - Col metodo dell'impasto a freddo si preparano saponi a base di cocco dotati di bella apparenza e di buona schiuma. Per la loro preparazione l'olio di cocco di primissima qualità (Cochin) viene riscaldato in una piccola caldaia ribaltabile provvista di agitatore fino alla temperatura di 30°.
Si aggiunge allora la quantità necessaria di soluzione di soda caustica pure scaldata a 30°, e si mescola la massa fino a che la temperatura sia salita a circa 70° gradi e il sapone cominci a addensarsi. Si versa allora il sapone in stampi a isolazione termica, nei quali si completa la reazione di saponificazione.
Saponi d'impasto a semicaldo. - Questo sistema è impiegato nell'industria moderna quasi esclusivamente per i saponi per barba. La miscela delle materie grasse (scelte in modo da ottenere una schiuma pronta, densa e tenace e consistenti generalmente in stearina cocco, olio di lardo, sevo) viene scaldata a circa 70°.
Viene allora aggiunta una soluzione di potassa e soda caustiche in proporzioni opportune, quindi il sapone è abbandonato a sé e allo stato di riposo la saponificazione si completa.
Saponi d'impasto a caldo. - si ottengono saponificando all'ebollizione la materia grassa, e versando il sapone a saponificazione compiuta. Questa tecnica è impiegata quasi soltanto nel caso dei saponi di resina per cartiere.
Saponi marmorati. - vengono ottenuti in virtù della separazione parziale, come si è visto nella trattazione chimico-fisica.
Non permettendo la tecnica di questi saponi il ricupero della glicerina, generalmente s'impiegano come materia prima per marmorati gli acidi grassi ottenuti al Twitchell o all'autoclave.
L'acido grasso di olio di cocco è un ingrediente indispensabile di questi saponi. Altri componenti abituali sono gli acidi grassi di palma, di grasso d'ossa, d'arachide.
La lavorazione in caldaia del sapone marmorato non richiede più di un giorno. Si caricano in caldaia le materie grasse e si procede alla loro saponificazione.
Allorché la saponificazione sia completa si procede alla "carica". Si dà questo nome all'aggiunta di carbonato sodico nella quantità dosata per una buona marmoratura, di silicato sodico e di un colore insolubile (generalmente azzurro-oltremare). A carica eseguita si aggiunge altra acqua, la cui quantità si misura sulla base dell'esame organolettico di campioni della massa di caldaia prelevati successivamente.
Il saponiere sa dosare con sufficiente precisione, in base a saggi di consistenza e altri caratteri esterni, la quantità d'acqua e con questa la concentrazione dell'elettrolita necessaria e sufficiente a una perfetta marmoratura. Come abbiamo detto nella trattazione teorica, sia un difetto sia un eccesso nella eoncentrazione dell'elettrolita possono compromettere la riuscita della cotta. Quando si è aggiunta la giusta quantità d'acqua il sapone è pronto per essere versato in cassoni della capacità di circa 40 quintali. In essi è lasciato raffreddare lentamente (questo processo dura circa due settimane) e in queste condizioni avviene la marmoratura. Dopo raffreddamento i blocchi ottenuti vengono divisi a mano in blocchi più piccoli, questi infine sono avviati al taglio, modellatura ed eventuale essiccazione. Queste operazioni avvengono nel modo descritto per i liquidati.
Saponi molli. - Sono saponi potassici di oleina, di olî siccativi e semisiccativi. L'olio di lino (o il suo acido grasso) è la materia prima classica per questi saponi, ma anche olî semisiccativi quali quelli di colza, di girasole, di soia e gli acidi grassi rispettivi possono essere impiegati. I saponi molli di oleina (acido oleico tecnico) hanno particolari impieghi industriali. Dopo la saponificazione con potassa caustica, alla quale si procede con gli usuali accorgimenti, si praticano di solito a questi saponi aggiunte di acqua e di carbonato e cloruro potassici. Alla fine di queste operazioni si ottiene un sapone sotto forma di gelatina trasparente anche a freddo con un tenore normale di acidi grassi da 43 a 50%.
Saponi liquidi. - Sono soluzioni alcooliche di sapone potassico di olio di cocco. L'alcool viene aggiunto per evitare l'idrolisi. Zuccheri e glicerina possono anche essere usati allo stesso effetto. Questi saponi trovano impiego sui treni (distributori automatici).
Saponi in fiocchi. - Sono saponi liquidati a base di materie grasse assai pure e di lavorazione accuratissima, portati sul mercato sotto forma di scagliette rombiche. Il sapone in fiocchi è caratterizzato dalla pronta solubilità ed è adatto, in virtù della sua purezza, per il lavaggio a freddo delle sete e delle lane più delicate.
Saponi in Polvere a Base di ossigeno attivo. - Furono introdotti nel 1907, e la loro diffusione è costantemente aumentata. Sono costituiti da una miscela di sapone, di carbonato sodico e di un persale (assai spesso perborato sodico). Quando si sciolga questo detersivo, ha luogo, già a freddo, ma particolarmente nell'ebollizione, svolgimento di ossigeno attivo. La concomitanza dell'azione detersiva del sapone con quella imbiancante dell'ossigeno attivo dà ragione della reale efficacia di questi preparati, adatti particolarmente per il bucato a caldo delle biancherie, ma anche per il lavaggio a freddo di lane e di sete.
Sapone per cartiere. - È un resinato potassico o sodico, destinato all'incollatura della carta, che si fa avvenire per reazione del resinato con un sale di alluminio (precipitazione sulla fibra del resinato di alluminio).
Saponi per il lavaggio delle lane. - Sono particolarmente usati per questo scopo il sapone sodico e il sapone potassico di oleina.
Saponi metallici. - Sono i composti dei metalli, a eccezione degli alcalini, con acidi grassi. Vengono generalmente preparati per doppio scambio da un sapone alcalino e un sale metallico. Fra essi hanno particolare importanza: gli stearati di alluminio e di magnesio, impiegati nella fabbricazione delle ciprie; l'oleato di alluminio, impiegato come addensante nell'industria degli olî minerali; i saponi di calcio di olio di palma o grasso d'ossa, che sono la base dei grassi Stauffer; il sapone di piombo (v. sotto: Farmacologia); il resinato di rame, impiegato come anti-crittogamico nelle vernici sottomarine.
Bibl.: Webb, Soap and glycerine manufacture, Londra 1927; W. Schrauth, Handbuch d. Seifenfabrikation, Berlino 1927, 6ª ed.; K. Löffl, Technologie der Seifenfabrikation, Stoccarda 1928; I. Davidsohn, Lehrbuch der Seifenfabrikation, Berlino 1928; P. B. Meerbott, e I. V. S. Stanislaus, American soapmaker's guide, New York 1929; G. Martin, The modern soap and detergent industry, voll. 3, Londra 1929; L. Ubbelohde, Handbuch d. Chemie u. Technologie der Öle und Fette, III, ii: Chemie u. Technologie der Seifen und Waschmittel, Lipsia 1930, 2ª ed.; E. L. Lederer, Kolloidchemie der Seifen, Dresda 1932; Scansetti, L'industria dei saponi, 5ª ed., Milano 1933.
Farmacologia.
La Farmacopea italiana (1929) registra il sapone di potassa o sapone alcalino o sapone molle (sapo kalinus: olio di lino p. 50, soluzione di idrato potassico al 33%, p. 28, alcool 7, acqua quanto basta; serve alla preparazione del cresolo saponato); il sapone medicinale o sapone amigdalico o sapone veneto (sapo medicatus: olio di mandorle p. 100, soluzione di idrato sodico 30%, p. 50, alcool 30); il sapone di piombo o cerotto diachilon semplice (emplastrum diachylon: olio di olive p. 20, protossido di piombo 10, acqua 10); la soluzione alcoolica di sapone (solutio alcoholica saponis: sapone medicinale p. 1; alcool a 90°,9).