Sarajevo
Una città contesa
La capitale della Bosnia ed Erzegovina, nota per l’eccidio di Sarajevo che diede avvio alla Prima guerra mondiale, è poi divenuta tristemente famosa per i lunghi mesi di assedio che ha subito, tra il 1992 e il 1995, durante la guerra civile in Bosnia, quando è stata distrutta. Dopo la ricostruzione, Sarajevo sta tornando alla normalità, ma non è facile sanare le sue ferite
Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina, sorge sulle rive del fiume Miljacka, in una conca non molto ampia e circondata da montagne, a circa 500 m di altitudine. Il clima della città è continentale, ma non particolarmente freddo e abbastanza umido.
Nell’area in cui oggi si estende la capitale sono state trovate tracce di età illirica e di epoca romana, ma la città fu fondata dai Turchi alla metà del 15° secolo. Qui venne fissata la residenza del governatore della Bosnia (il nome della città deriva dal turco sarai, che significa «palazzo»).
La città crebbe rapidamente d’importanza, specie nel secolo seguente, epoca alla quale risale buona parte degli edifici antichi sopravvissuti nella città vecchia. Nel Seicento Sarajevo era la città più importante della parte europea dell’Impero ottomano, dopo Istanbul. In questa fase la sua popolazione era già ampiamente mescolata, con prevalenza di Bosniaci (musulmani) ma con forti componenti serbe (ortodosse) e croate (cattoliche). Una parte di queste componenti serbe e croate è tuttora presente. Alla fine del secolo, però, la città fu distrutta da un incendio durante un attacco austriaco, e la sede del governatore ottomano venne spostata altrove.
Quando, nel 1878, l’amministrazione della Bosnia-Erzegovina fu assunta dall’Impero austro-ungarico, Sarajevo tornò a essere il centro principale della regione e conobbe una riorganizzazione secondo criteri urbanistici e stili mitteleuropei. Fu a Sarajevo che, in occasione di una visita ufficiale nel 1914, l’erede al trono austro-ungarico fu ucciso in un attentato da uno studente serbo-bosniaco – episodio che diede il pretesto per lo scoppio della Prima guerra mondiale.
Una nuova fase di crescita urbana ed economica si è poi avuta soprattutto nella seconda metà del 20° secolo, quando il governo iugoslavo aveva promosso l’industrializzazione della città, ma è stata bruscamente interrotta dalla guerra civile.
La città, con l’agglomerazione urbana, ha una popolazione di 579.000 abitanti: poco meno di un sesto della popolazione complessiva del paese, diminuita dopo la guerra dei primi anni Novanta del 20° secolo. Anche la popolazione di Sarajevo ha subito un calo consistente: la città fu, infatti, assediata e bombardata dai monti circostanti per più di tre anni, subendo molte perdite umane e danni gravissimi, con la distruzione di interi quartieri e un lungo isolamento. Al termine della guerra, una parte della popolazione che si era rifugiata altrove non è tornata in città, mentre altri abitanti ancora – specialmente tra le comunità minoritarie – sono emigrati. Il sistema produttivo della città, composto di qualche industria, era stato azzerato durante il conflitto.
La città è stata in larga misura ricostruita e le condizioni di vita stanno tornando alla normalità, vale a dire alla situazione di un centro politico-amministrativo e commerciale nel cuore di una regione agricola e non molto industrializzata. Tradizionali attività manifatturiere (oreficeria, tappeti) hanno ripreso vigore dopo la fine della guerra. Nonostante la presenza di alcune imprese industriali (meccanica, alimentari), in sostanza, la città era ed è prevalentemente terziaria.
Già prima della guerra Sarajevo era una meta turistica abbastanza ricercata, specialmente per gli sport invernali: i monti dei dintorni hanno un’altitudine fra i 1.500 e i 2.000 m e hanno buone attrezzature (ospitarono le Olimpiadi invernali nel 1984). I flussi turistici sono ripresi qualche anno dopo la fine delle ostilità. La città vecchia conserva edifici di epoca ottomana – una moschea del 15° secolo, il palazzo del governatore – e un’atmosfera orientale ben percepibile nelle vie commerciali (bazar); tutt’intorno sorge la città ottocentesca degli Austriaci. Ancora più esterna è la cerchia delle recentissime ricostruzioni: Sarajevo appare quindi come una città che testimonia la possibilità di convivere e, insieme, gli effetti dell’intolleranza.