saramento [plur. anche saramenta]
Voce antica per " giuramento ", derivata dal latino sacramentum, attraverso il francese antico sairement. Ricorre con altissima frequenza nel Fiore (12 esempi, contro un solo giuggiamento), per lo più nell'espressione ‛ far s. ' , " giurare ". Indica in primo luogo il giuramento solenne che suggella il rito dell'omaggio ad Amore (e saramento gli feci e omaggio, III 4), al quale il poeta si terrà sempre fedele (perciò ch'i' falseria mi' saramento, XXXVI 12; Allora avre' fallato a lui e te, / e sì sarei provato traditore, / ched i' gli ho fatto saramento e fé, XLII 11), nonostante Ragione lo inviti a spezzarlo (Falsar tal saramento è san peccato, XXXVII 1).
Un comico contrappunto al carattere sacrale e indissolubile del giuramento si avrà nei discorsi di Amico e della Vecchia, dove esso diventa parte della commedia dell'amore: O s'ella ancor ne fosse in sospezzone, / fa saramenta ch'ella t'aggi' a torto, / ch'unque ver lei non fosti in mesprigione, LXVI 10 (cfr. Roman de la Rose 9812-15); E s'alcun altro non ha che donare, / ma vorrassi passar per saramenta, / e dirà che la 'ndoman più di trenta / o livre o soldi le dovrà recare, / le saramenta lor non de' pregiare, CLXXIX 2 e 5 (cfr. Roman de la Rose 13781-90); E quando sol a sol con lui sarai, / sì fa che tu gli facci saramenti / che tu per suo danar non ti consenti, / ma sol per grande amor che tu in lui hai, CLX 2 (cfr. Rose 13125 " Deus se rit de tel sairement "). Ricorre infine, riferito a personaggi allegorici, in LXXXIII 5 (Roman de la Rose 10690 " Fors de Richece seulement, / Qui a juré son sairement / Que ja cet chastel n'asserrà "), CLI 7, CCXIX 1 e 9 (Roman de la Rose 15877 " Lors font en l'ost le sairement ").
D. si mostra attento agli aspetti etici e giuridici del giuramento. Nel sonetto CCXIX Amore e Venere si servono, per giurare, delle loro armi anziché dei tradizionali oggetti sacri (reliquie e messale), mostrando così, col sostegno delle Decretali (v. 14), che la sostanza del giuramento è più importante delle sue circostanze esteriori. L'autorità delle Decretali viene citata anche nel son. XXXVI, dove Ragione, per convincere il poeta a sciogliersi da Amore, afferma che non vi è obbligo a mantenere un giuramento che abbia un fine malefico. Il dibattito tra Ragione e il poeta può ricordare la trattazione sui voti nel c. V del Paradiso (cfr. in particolare vv. 64-72).