Vedi SARDI dell'anno: 1966 - 1997
SARDI (v. vol. vii, p. 44)
p. 44). L'attività della missione archeologica americana a S. è proseguita ininterrottamente con la conduzione di scavi, restauri e ricognizioni topografiche nel territorio della città antica. Le indagini hanno interessato numerosi monumenti di varie epoche, individuando testimonianze risalenti sino al III millennio a.C. (tombe in località Eski Balikhane, presso il lago di Gige).
Periodo lidio. - Lo scavo di vasti settori ha messo in luce numerose abitazioni risalenti al periodo lidio, evidenziando che tutte le case erano costruite con uno zoccolo in pietrame gettato direttamente sul terreno e con un alzato realizzato in mattoni crudi o in fango disposto in apposite intelaiature, coperte con tutta probabilità da paglia, canne e terra. Tali unità abitative erano a «cella unica», relativamente ampia, forse divisa all'interno da materiale deperibile (probabilmente canne o teli). Negli ultimi anni è stata indagata un'ampia struttura monumentale, costituita anch'essa da un basamento in pietrame e un alzato in mattoni crudi, pertinente a un poderoso muro con le pareti inclinate, largo alla base c.a 20 m e alto più di 9, identificato come tratto della cinta della città lidia, conquistata da Ciro il Grande nel 542 a.C. Per lo stesso periodo sono comunque note nell'area urbana strutture realizzate in blocchi (un lungo muro di terrazzamento nel settore del Forte Bizantino, un altro nel settore «MSM-N»), per cui si può presumere che tale tecnica costruttiva fosse impiegata per gli edifici pubblici o comunque di notevole importanza.
Indagini archeologiche sono state condotte anche presso le necropoli della città: nella vasta area funeraria ubicata presso il fiume Pattòlo sono state messe in luce nuove tombe a camera, mentre recenti analisi e ricostruzioni hanno permesso di attribuire la «Tomba a Piramide» (una delle più significative testimonianze di architettura greco-persiana) ad Abradatas, il luogotenente di Ciro morto durante la conquista di Sardi. Scavi di emergenza, infine, hanno interessato i tumuli ubicati sul limite settentrionale della città e in località Bin Tepe.
Riguardo alle arti figurative, se per la scultura la definizione di uno stile lidio rimane al momento ancora problematica (sono comunque ravvisabili influenze dall'area ionica e dalla Grecia continentale, in particolare da Corinto), nell'ambito della pittura vascolare, oltre a numerose attestazioni di materiale di importazione (stele di Fikellura, Wild Goat Style, ecc.), sono state isolate alcune produzioni locali, databili tra la fine del VII e gli inizî del VI sec. a.C., che si differenziano per tecnica e stile, quest'ultimo definito «Sardis Style».
Periodo romano. - Rispetto all'estensione della città, pochi sono i monumenti di epoca imperiale indagati. È comunque possibile ipotizzare che dopo il disastroso terremoto del 17 d.C. la città sia stata interessata da una nuova pianificazione. A causa della frammentarietà dei dati non si può desumere l'esatto quadro urbanistico di S. in epoca romana: è comunque molto probabile che l'asse viario principale fosse quello orientato in senso E-0 (oggi ricalcato dalla strada Smirne-Ankara); sondaggi di scavo hanno rivelato che esso era una via colonnata larga m 12,50, fiancheggiata da portici pavimentati da mosaici (quelli indagati sono di V sec. d.C.) e da tabernae.
Le terme-ginnasio di S. (ubicate nella parte nordoccidentale della città) costituiscono la maggiore testimonianza del periodo. Esse rientrano in quel gruppo di monumenti tipici dell'Asia Minore (v. i casi di Alessandria nella Troade, Efeso, Hierapolis, ecc.) che prevedono un complesso termale di tradizione romana unito a una palestra e a vani specifici del ginnasio greco. L'insieme (ampio complessivamente m 122,60 X 169,30) si sviluppa su un asse principale E-0 con l'ingresso a E: una triplice porta immetteva nella palestra, una vasta corte peristilia con colonnati a doppio ordine. Gli ambulacri erano decorati con mosaici, a eccezione dei tratti in corrispondenza degli accessi, dove la pavimentazione era in lastre di marmo. A Ν e a S della palestra erano in origine due ali simmetriche rispettivamente articolate in tre vasti ambienti, concepiti con tutta probabilità per le riunioni ginnasiali, ma nel corso del III sec. d.C. gli accessi al blocco meridionale furono chiusi e l'area fu trasformata in una sinagoga.
A O della palestra era la parte termale del complesso: l'accesso principale immetteva in un grande ambiente, pavimentato con pannelli di marmo policromi e noto come «Corte di Marmo»; era decorato da un doppio ordine di colonne e dedicato, secondo l'iscrizione sull'architrave del primo piano, a Settimio Severo, Giulia Domna, Caracalla e a Geta (il cui nome fu in seguito eraso) e verosimilmente adibito al culto imperiale. Il lato occidentale del doppio ordine aveva al centro quattro colonne di giallo antico coronate da un grandioso «arco siriaco», in corrispondenza del quale era un ampio passaggio per un vano a pianta rettangolare molto allungata. Quest'ultimo era occupato quasi integralmente da un bacino con le estremità absidate, le cui funzioni erano pertanto quelle di una natatio, piuttosto che di un frigidarium. Da questo ambiente si accedeva a O a un altro più piccolo (utilizzato con tutta probabilità come tepidarium), fiancheggiato a N e a S da due aule disposte simmetricamente, munite di banchi in muratura nelle absidi esterne e presso le quali erano basi di statue imperiali (quella del vano meridionale era dedicata a Lucio Vero). L'asse del percorso principale terminava a O con un grande caldarium a pianta rettangolare.
Sebbene lo scavo dell'intero complesso non sia stato ultimato, la realizzazione del monumento è da ascrivere al periodo successivo al terremoto del 17 d.C.: gli elementi di datazione più significativi sono la base di Lucio Vero e l'iscrizione di età severiana della «Corte di Marmo», per cui si può ipotizzare che la costruzione (protrattasi per un lungo arco di tempo) sia stata completata in questo periodo, mentre l'edificio rimase in attività (con continui restauri) sino agli inizî del VII sec. d.C.
Connessa con le terme-ginnasio è la Sinagoga, dall'inconsueta pianta basilicale e dall'anomala ubicazione all'interno di un edificio pubblico. Dopo la parziale realizzazione del progetto iniziale inerente le terme-ginnasio, gli accessi verso la palestra furono chiusi e l'area fu divisa in un vano d'accesso a E e in una grande aula absidata divisa in tre navate, probabilmente da colonne. In seguito tutta l'area fu unificata e divisa da pilastri, infine nell'ultima fase l'edificio fu nuovamente diviso con la realizzazione di un vasto atrio con fontana centrale. In questa configurazione (databile alla seconda metà del IV sec. d.C.), l'aula principale fu pavimentata con marmi policromi e pannelli musivi con iscrizioni, indiscussa testimonianza della ricchezza della comunità ebraica della città.
Ulteriori testimonianze di epoca imperiale sono state riscontrate in varî punti dell'area urbana. Per quanto riguarda l'architettura religiosa, un sondaggio nell'area centrale ha messo parzialmente in luce i resti di un tempio pseudodiptero, che costituisce quindi la prima attestazione nella città dopo il grande Tempio di Artemide. L'edificio, probabilmente dedicato al culto imperiale, fu realizzato nella seconda metà del I sec. d.C., ma cadde in disuso già tra il 140 e il 150 d.C.
Indagini parziali hanno interessato altri monumenti pubblici, tra i quali il c.d. edificio CG, sito nell'area nordorientale della città, le cui strutture, interpretate in passato come resti di una porta urbica, sono in realtà pertinenti a un impianto termale. Dell'edificio, realizzato probabilmente tra il I e il II sec. d.C., sono stati scavati solo alcuni vani, tra i quali un'aula rettangolare con nicchie alternativamente semicircolari e rettangolari che trova uno stretto confronto planimetrico e dimensionale con il caldarium delle terme di Hierapolis di Frigia.
Importanti testimonianze di architettura domestica sono state scoperte presso il settore del Forte Bizantino e soprattutto nei settori di scavo occidentali (area MSM), dove al di sopra del muro di fortificazione lidio fu realizzata tra il III e il IV sec. d.C. una vasta e ricca unità abitativa (con mosaici, pitture imitanti rivestimenti marmorei, ecc.), rimasta in vita sino agli inizî del VII sec. d.C.
Periodo bizantino. - Gli scavi delle botteghe ubicate a ridosso delle terme-ginnasio e distrutte violentemente agli inizî del VII sec. d.C. hanno restituito numerosi reperti di artigianato e cultura materiale, confermando la prosperità e l'importanza commerciale di S. nel periodo tardo antico e bizantino, testimoniate del resto dal ritrovamento di impianti industriali in alcuni settori della città (calcare e fornaci per ceramica).
Bibl.: Rapporti preliminari delle singole campagne di scavo sono editi in BASOR (dal 1985 nei Supplements della stessa rivista) e in Kazi Sonuçlan Toplantisi. Specifiche tematiche sono edite nei Reports e nelle Monographs della Archaeological Exploration of Sardis, dei quali sono stati rispettivamente pubblicati i seguenti volumi: G. E. Bates, Byzantine Coins, Cambridge (Mass.) 1971; J. C. Pedley, Ancient Literary Sources on Sardis, Cambridge (Mass.) 1972; R. Gusmani, Neue epichorische Schriftzeugnisse aus Sardis, Cambridge (Mass.) 1975; G. M. A. Hanfmann, J. C. Waldbaum, A Survey of Sardis and the Major Monuments outside the City Walls, Cambridge (Mass.) 1975; C. Foss, Byzantine and Turkish Sardis, Cambridge (Mass.) 1976; G. M. A. Hanfmann, Ν. Η. Ramage, Sculpture from Sardis: the Finds through 1975, Cambridge (Mass.) 1978; A. Ramage, Lydian Houses and Architectural Terracottas, Cambridge (Mass.) 1978; A. von Saldern, Ancient and Byzantine Glass from Sardis, Cambridge (Mass.) 1980; T. V. Buttrey, A. Johnston, K. M. Mac Kenzie, M. L. Bates, Greek, Roman and Islamic Coins from Sardis, Cambridge (Mass.) 1981; J. C. Waldbaum, Metalwork from Sardis: the Finds through 1974, Cambridge (Mass.) 1983; F. K. Yegiil, The Bath-Gymnasium Complex at Sardis, Cambridge (Mass.) 1986; J. S. Crawford, The Byzantine Shops at Sardis, Cambridge (Mass.) 1990.
- V. inoltre: C. H. Greenwalt Jr., Orientalizing Pottery from Sardis: the Wild Goat Style, in CalifStClAnt, III, 1970, pp. 55-89; id., Two Lydian Graves at Sardis, ibid., V, 1972, pp. 113-145; A. R. Seager, The Building History of the Sardis Synagogue, in AJA, LXXVI, 1972, pp. 425-435; F. K. Yegiil, Early Byzantine Capitals from Sardis. A Study on the Ionic Impost Type, in DOP, XXVIII, 1974, nn.· 261-274; G. M. A. Hanfmann, A Pediment of the Persian Era from Sardis, in Mansel'e Armaḡan, Ankara 1974, PP289-302; B. Mc Laughlin, Lydian Graves and Burial Customs, Berkeley 1975; G. M. A. Hanfmann, On the Palace of Croesus, in Festschrift für F. Brommer, Magonza 1977, pp. 145-154; Ch. Ratté, Th. Í. Howe, C. Foss, An Early Imperial Pseudodipteral Temple at Sardis, in AJA, XC, 1986, pp. 45-68; N. H. Ramage, Two New Attic Cups and the Siege of Sardis, ibid., pp. 419-424; R. L. Vann, The Unexcavated Buildings of Sardis (BAR, Int. S., 538), Oxford 1989; H. Dedeoglu, H. Malay, Some Inscribed Cinerary Chests and Vases from Sardis, in H. Malay (ed.), Eroi Atalay Memorial, Izmir 1991, pp. 113-120; Ch. Ratté, The «Pyramid Tomb» at Sardis, in IstMitt, XLII, 1992, pp. 135-161; C. H. Greenwalt Jr., A. M. Heywood, A Helmet of the Sixth Century B. C. from Sardis, in BASOR, 285, 1992, pp. 1-31.
(M Spanu)