SARMIZEGETUSA (Ζαρμιζεγέϑουσα; Sarmizegetusa)
Centro dacico nel cuore dei Monti d'OrăŞtie (a 24 km, in linea d'aria, a S-S-E della città di Oràstie sul corso medio del Mures,), il più importante tra il I sec. a. C. e il I sec. d. C. Gli scavi effettuativi nell'ultimo decennio ci permettono di identificarla col centro politico, militare e religioso dell'antico stato dace, la Sarmizegetusa τὸ βασίλειον. Distingueremo lo stanziamento dace originario da quello romano.
1. - Sarmizegetusa Dacica. - La capitale dell'antico stato dace occupa numerose terrazze e il vertice della collina di GrădiŞte, ben difesa a N e a O da un sistema poderoso e unitario di terrazze minori, tra le quali meritano una speciale menzione le cittadelle di CosteŞti, Blidarul e Piatra RoŞie (v.), nonché il vallo di pietra e terra di Cioclovina-Ponorici. Ritenendo che i monti a E e a S costituissero un sufficiente ostacolo per ogni eventuale attacco, i creatori di questo sistema difensivo non hanno elevato fortificazioni artificiali anche in questa direzione, nell'immediata prossimità della capitale, facendo un errore che dovevano pagare caro al tempo delle due guerre daciche (101-102 e 105-106 d. C.).
Gli scavi hanno dimostrato che la costruzione dei principali centri abitati e delle fortezze della contrada risale ai tempi di Burebista nella prima metà del I sec. a. C. Anche dopo la morte di Burebista, seguita dallo smembramento dello stato dace, questa regione ha conservato il suo carattere di centro statale e, sino alla fine, è riuscita a raggiungere una nuova epoca di sviluppo e di splendore sotto l'ultimo re della Dacia, Decebalo.
Il grande centro dacico di GrădiŞtea Muncelului si compone di tre parti distinte: la fortezza, il cosiddetto recinto sacro e l'abitato.
1) la fortezza situata a 1200 m d'altezza, ha la forma di un quadrilatero irregolare con gli angoli arrotondati e una superficie di circa 3 ettari. La tecnica struttiva del muro di cinta è quella dei muri di tutte le fortezze daciche di questa regione: due paramenti di blocchi di pietra calcarea regolarmente squadrati, che formano le due facce del muro, e un emplecton di schegge di pietra e terra. Per una maggiore solidità del muro, spesso circa 3 m, travi di legno collegano. in modo ingegnoso le due cortine del muro, fissate in appositi incassi a forma di coda di rondine.
La cinta aveva due porte monumentali una sul lato O, l'altra su quello E. A differenza delle mura delle fortezze di CosteŞti, Blidarul, Piatra RoŞie, questa cinta è priva di torri e bastioni. Manca egualmente qualsiasi altro elemento sussidiario di difesa, come ad esempio il vallo di terra e la palizzata di CosteŞti. All'interno della cinta sono apparsi poveri resti di baracche lignee, in netto contrasto con le monumentali torri-abitazioni di CosteŞti, costruite in pietra e mattoni. Tutto dunque c'induce a concludere che l'importanza di questa S. dacica era limitata dal punto di vista militare, e che la cittadella costituiva l'ultimo ridotto della popolazione in momenti di pericolo più che un elemento attivo del sistema di difesa.
2) Il recinto sacro di GrădiŞtea, situato a E della fortezza, rappresenta un complesso di santuari, disposti su due terrazze della montagna. Cronologicamente, si possono distinguere due fasi struttive: la fase dei santuarî in pietra calcarea, corrispondente al regno di Burebista e dei suoi immediati successori, e quella dei santuarî in andesite, databile al tempo di Decebalo.
Della prima fase è degno di nota un grande santuario (46 × 17 m) con 60 colonne calcaree disposte su quattro file parallele: costruito su una terrazza artificiale circondata su tre lati da imponenti muri di sostegno, l'edificio era accessibile dal lato meridionale per mezzo d'una scala di pietra. In questo santuario è stato scoperto un medaglione fittile (circa 12 cm di diametro) che porta l'immagine della dea Bendis. Della seconda fase ricordiamo il grandioso santuario rimasto incompiuto di andesite con 60 colonne delle quali rimangono solo le enormi basi discoidali (oltre m 2 di diametro), un edificio sacro di dimensioni minori con 18 colonne di andesite, nonché due rotonde.
Di questi due edifici circolari il più grande (m 30 di diametro) consta di un anello di blocchi d'andesite (104 in tutto) cui aderisce una fila di pilastri parallelepipedi pure di. andesite e, verso il centro, altre due file di pali lignei coperti da lastre di terracotta, la prima, circolare, la seconda a ferro di cavallo. La disposizione dei pilastri d'andesite presenta un particolare interesse: la loro divisione in 30 gruppi di 7 pilastri (dei quali sei più alti e sottili, uno più basso e massiccio) autorizza l'ipotesi di un rapporto tra questo santuario e dati fenomeni celesti e persino l'ipotesi che il monumento fosse la rappresentazione architettonica del calendario dacico.
La rotonda minore (m 12,50 di diametro) si compone di un solo cerchio di 114 "pilastri" di andesite. Gli elementi sono gli stessi (cioè un'alternanza di pilastri più o meno alti e poderosi), ma il ritmo è diverso: 11 gruppi di 8 + 1 pilastri, uno di 7 + 1 e uno di 6 + 1.
Molto interessante è il pavimento di andesite trovato vicino al grande santuario circolare. Questo pavimento composto di un disco centrale e di 10 settori di cerchio doveva rappresentare il sole ed era probabilinente l'ara della divinità solare dei Daci. La sua scoperta costituisce la prova più certa dell'esistenza di un culto solare presso i Daci dei secoli I a. C.-I d. C.
Tutti gli edifici sacri erano a cielo libero. Le terrazze che li contenevano erano sostenute da muri di pietra con balaustrate. Tra i blocchi di pietra calcarea crollati da uno di questi muri, molti presentano 1-3 lettere greche che, una volta messi i blocchi in opera, formavano verosimilmente nomi di re, di dèi o di grandi sacerdoti daci.
3) L'abitato si estende in maggior parte a O della città, fin quasi ai piedi della montagna. Esistevano però case e anche officine su terrazze superiori a quelle dei santuarî e ad E di esse. Le case della S. dacica, a pianta quadrangolare o rotonda, hanno fondazioni in blocchi di pietra calcarea o anche di roccia, pareti costruite di travi o tavole lignee e terra, il tetto di assicelle lignee. La suppellettile che esse hanno restituito è eccezionalmente ricca: numerosi utensili - accette, coltelli, falci, pale, zappe, coltelli di aratro, tenaglie, incudini, ecc. - e armi - spade, pugnali, punte di lance - di ferro, piccoli oggetti specialmente di bronzo e ceramica delle più variate forme, generalmente lavorata alla ruota. Degna di nota è la ceramica dipinta in uno stile originale con motivi geometrici, vegetali e zoomorfi.
In una delle abitazioni di GrādiŞtea è venuta in luce nel 1954 la prima iscrizione in lingua dacica, una stampiglia ripetuta ben quattro o cinque volte sulle pareti di un gran vaso conico di culto: Decebalus per Scorilo (Decebalo, figlio di Scorillo). Questa scoperta non solo ha confermato l'esistenza di una lingua scritta in Dacia, ed ha provato che, nell'ultima fase dello stato dace, l'alfabeto latino aveva sostituito il greco, ma ha stabilito un legame di filiazione tra Decebalo e il re dace Scorillo (Coryllus), menzionato da Iordanes.
Le numerose officine per la lavorazione del ferro, del bronzo e della ceramica scoperte a GrādiŞtea ci provano l'importante ruolo economico di questo centro dacico.
Nel 106 d. C., S. come tutte le fortezze daciche dei Monti d'OrăŞtie, è stata conquistata da Traiano. I santuarî e l'abitato furono distrutti, la popolazione evacuata. Nella cittadella ricostruita dopo l'attacco ha stazionato per un certo tempo un distaccamento della legio IV Flavia Felix (cui appartengono le vestigia di baracche militari e di terme) con la precisa missione d'impedire qualsiasi raggruppamento delle forze daciche in vista di un'eventuale rivolta.
Bibl.: I rapporti annuali di scavo in St. Cercet. Ist. Vec., I, 1950, p. 137-148; II, 1951, p. 95-126; III, 1952, p. 281-310; IV, 1954, pp. 153-187; V, 1954, p. 123-159; VI, 1955, p. 195-238; e in Materiale, III, 1957, pp. 255-277; V, 1959, p. 379-399; C. Daicoviciu-Al. Ferenczi, Asezările dacice din Munţij OrăŞtiei, Ed. Aad. R. P. R., 1951; C. Daicoviciu, Cetatea dacică de la Piatra RoŞie. Monografie Archeologică, Ed. Acad. R. P. R. 1954; id., Le probème de l'état et de la culture des Daces à la lumière des nouvelles recherches, in Nouvelles études d'histoire, 1955, pp. 121-137; id., Sistemi e tecnica di costruzione militare e civile presso i Daci della Transilvania (Comunicazione tenuta al VII Congresso Internazionale di Archeologia classica, Roma-Napoli, 6-13 settembre 1958); C. Daicoviciu-H. Daicoviciu, Sarmizegethusa. Les citadelles et les agglomerations daciques des Monts d'Orastie, Bucarest 1963; H. Daicoviciu, Il tempio calendario dacico di Sarmizegetusa, in Dacia, N. S., IV, 1960, p. 231-54.
(H. Daicoviciu)
2. - Sarmizegetusa Ulpia Traiana. - Capitale della provincia Dacia fondata da Traiano col rango di colonia tra la fine della seconda guerra dacica e l'organizzazione della provincia, cioè tra il 106 e il 112. L'iscrizione C.I.L., iii, 1443 ci conserva l'atto di fondazione della città. Al nome iniziale di Colonia Ulpia Traiana Augusta Dacica viene aggiunto in età adrianea quello di S., per collegare la nuova con la vecchia capitale dei Daci che sorgeva più a E, nel cuore delle montagne di OrăŞtie. Ai tempi di Settimio Severo la città si chiamò "metropoli", essendo realmente il principale centro politico, religioso e culturale della Dacia, situato com'era su un'importante arteria di comunicazione che attraversava la provincia da N a S. Anche dopo l'abbandono della Dacia, la vita continua a pulsare a S., sia pure con ritmo più lento per circa 100 anni. Verso la metà del IV sec. d. C. ha inizio la sua decadenza. Presso le sue rovine sorse il villaggio di GrădiŞtea (oggi S.) per la prima volta attestato in un documento del 1401.
Sul territorio di questo villaggio (presso Hatzeg) si trovano le imponenti vestigia della città romana che sin dal sec. XV hanno attirato l'attenzione di viaggiatori e amatori d'antichità. Nel sec. XIX la società storica e archeologica di Deva ha iniziato gli scavi che si sono protratti in più campagne (1881-1883; 1893) ripresi in modo sistematico e su più ampia scala soltanto nel 1924-36 e nel 1948. La città, circondata da un poderoso muro di cinta, aveva una pianta approssimativamente rettangolare (circa (500 × 600 m), secondo gli schemi classici delle colonie romane; lo scavo ha messo in luce tutta una serie di edifici pubblici e privati sull'area della città, nonché acquedotti, ville suburbane e rustiche, necropoli, tesori monetali e numerose iscrizioni. Tra gli edifici pubblici ricordiamo i resti di un mitreo, i templi dedicati alle divinità siriache, alla dea Nemesi, a Giove Dolichenus e specialmente l'aedes augustalium - con le sue basiliche, un santuario, due cortili in uno dei quali sorgeva l'Ara Augusti. Degno di nota è anche il Foro circondato da un muro e con un portico sul lato settentrionale, a imitazione del Foro Traiano a Roma. Presso il lato N delle mura di cinta si trovano le imponenti vestigia dell'anfiteatro costruito in pietra e mattoni nei primi anni dell'occupazione romana, riparato nel 158 d. C. A E della città, presso un tratto di strada romana è apparsa la principale necropoli della quale ricordiamo il mausoleo circolare della famiglia Aurelia della metà del II secolo;
Il materiale apparso durante lo scavo è conservato principalmente nel museo di Deva. A cominciare dal 1924 esso è raccolto in un piccolo museo locale, nell'attuale villaggio di Sarmizegetusa.
Bibl.: C. Daicoviciu, Fouilles et recherches à Sarmizegetusa, in Dacia, I, 1924, pp. 224-263; III-IV, 1927-1932, pp. 516-556; id., Sarmizegetusa (Ulpia Traiana), Cluj 1939; id., Sarmizegetusa et ses environs, Bucarest 1955; O. Floca, Sapaturjle arheologice din jud. Hunedoara, in Studii, 1-2, 1949, p. 109-110.
(E. Chirila)