Sasanidi
Dinastia persiana (224-641 d.C. ca.) che prende nome dalla discendenza di Sasan, sacerdote del tempio di Istakhr e signore della Perside (Fars). Un nipote di questi, Ardashir Papakan, dopo aver capeggiato una rivolta di grandi proprietari terrieri contro il re Artabano V, della dinastia degli Arsacidi, che deteneva da secoli il potere nel regno partico (➔ ), si impadronì del governo nell’Iran, fondando così la dinastia sasanide, che regnò sulla Persia sino alla conquista araba. La rivolta aveva fatto leva anche su motivi di sentimento nazionale. Lo spirito nazionale iranico divenne, dunque, un fattore sostanziale della cultura sasanide. La posizione difensiva adottata dai parti (specialmente sulla frontiera occidentale, verso Roma) cedette il posto a una pressione politica e militare sempre all’erta che, insieme alla maggiore unità raggiunta internamente fra i grandi feudatari e alla conseguente maggiore ricchezza economica, conferì ai sovrani s. una nuova capacità di espansione. Ardashir conquistò rapidamente la Mesopotamia e la Battriana; ma il nuovo impero non può considerarsi come continuità e un ampliamento di quello partico, perché ebbe struttura e caratteri notevolmente diversi. Di contro alle relative autonomie cittadine e alla tolleranza del regno partico, si costituisce ora uno Stato rigidamente accentrato, con un’inflessibile autorità civile e religiosa che riconosce in Ahura-Mazdah la suprema divinità e si regola secondo un fermo e minuzioso protocollo. Ad Ardashir, fondatore della dinastia, successe il figlio Shahpur I, che nel 260 fece prigioniero, presso Edessa, uno dei due imperatori romani regnanti, Valeriano. Con Shahpur II l’impero s. raggiunge la sua massima estensione; ma dal punto di vista artistico l’apogeo dovrà esser riconosciuto nei regni di Ardashir II (379-383) e di Shahpur III (383-388). L’epoca di Cosroe II (590-627) segna l’ultima punta della ricchezza e della potenza dei sovrani s. i cui eserciti penetrano in Egitto e giungono sotto le mura di Costantinopoli.