Mascheroni, Sassolo
Nobile fiorentino della famiglia de' Toschi; dannato nella Caina fra i traditori dei parenti (If XXXII 63-66). Il poeta immagina di parlare con Camicione de' Pazzi, il quale, nella rapida e tragica rassegna che fa dei suoi compagni di pena, menziona il M. tra coloro che, come Mordret e Vanni de' Cancellieri, avevano commesso una colpa inferiore a quella dei due Alberti; e lo menziona anche come personaggio fisicamente ingombrante, tale da impedirgli di vedere (questi che m'ingombra / col capo sì, ch'i' non veggio oltre più).
Le notizie che abbiamo sono quelle fornite, in modo non del tutto concorde, dai primi commentatori. Un gruppo di essi crede che Sassolo M., fiorentino, abbia ucciso il figlio di un fratello, per impadronirsi del suo patrimonio: " rimaso manovaldo d'alcun suo nipote ", lo uccise per raccoglierne l'eredità (Iacopo); " tutor filii fratris sui ", " avaritia ductus dictum puerum... ut sua bona possideret, interfecit " (Guido da Pisa); " Iste fuit quidam civis Florentinus... qui ut haberet hereditatem unius fratris sui, fraude occidit unicum filium suum " (Benvenuto). Altri ritiene che abbia ucciso, per la stessa ragione, o uno zio (Buti: " uccise un suo zio a tradimento ": così poi anche il Landino, il Daniello e il Venturi); o il figlio di uno zio (Anonimo: avendo " un suo zio vecchio ricco uomo " ne uccise il figlio: " un dì celatamente si mosse con uno compagno e fatto lusingare il fanciullo, il menò fuori della terra et ivi l'uccise "). Le notizie sulla scoperta del suo delitto e della conseguente condanna inflittagli dai Fiorentini non presentano tra i commentatori divergenze di sorta: " propter quod fuit clavatus in una vegete, et ductus per totam civitatem Florentiae, et postea fuit decapitatus " (Benvenuto).
Sul piano artistico, è giudizio piuttosto unanime che la sua figura è sussidiaria di quella più vigorosa e drammatica di Camicione e che essa spicca solo nella sua plastica immobilità e nella notazione geografica che investe direttamente e immediatamente la sensibilità e l'attenzione del poeta (se tosco se', ben sai omai chi fu).
Bibl. - C. Grabher, Il C. XXXII dell'Inferno, in Lett. dant. 611 ss.; A. Pézard, Le chant des traïtres (Enfer XXXII), in Letture dell'Inferno, Milano 1963, 308-343; G. Varanini, Il C. XXXII dell'Inferno, in Lect. Scaligera I 1146 ss.