satisficing
Neologismo inglese che combina i termini satisfy e suffice, affermatosi per qualificare una scelta che permette di raggiungere un livello sufficiente di soddisfazione. Il termine è stato coniato dall’economista e psicologo statunitense H.A. Simon (➔), sulla base del rifiuto della teoria della scelta basata sulla massimizzazione dell’utilità, in quanto non tiene in considerazione i limiti cognitivi e computazionali dell’essere umano.
Una possibile via per ricomporre in un quadro unitario la teoria della scelta tradizionale e le osservazioni di Simon si può cercare nella definizione di scelta s. come risultato di una massimizzazione in cui vengono debitamente tenuti in conto tutti i costi, anche quelli dovuti all’impiego di risorse cognitive e computazionali scarse. Il risultato di questa massimizzazione sarà verosimilmente una decisione subottimale rispetto al problema originario; può infatti esistere un’alternativa migliore della scelta s., per determinare la quale un individuo dovrebbe però spendere tempo e altre risorse, allo scopo di raccogliere e processare le informazioni necessarie per una corretta valutazione. Una volta che anche questi costi siano presi in considerazione, l’ottimo originario cessa di essere tale. Questo tentativo di modellizzare il concetto di s. è soggetto tuttavia a una critica. La questione di scelta da cui si è partiti era, per ipotesi, troppo complessa per le capacità cognitive del decisore; si è proceduto allora inserendo la scarsità delle risorse cognitive tra i dati del problema, ottenendone così uno nuovo, più complicato del precedente, per risolvere il quale è stata applicata la massimizzazione dell’utilità attesa (➔ utilità p). Tuttavia, scegliere in modo ottimale tenendo conto delle proprie limitate capacità è ancora più difficile che ignorare tale limitatezza. Si è pertanto aggravata la difficoltà iniziale, partendo da un problema per la cui risoluzione le risorse cognitive erano ridotte e giungendo a un altro che per essere risolto richiederebbe risorse ancora maggiori. È chiaro che anche considerare problemi di scelta di ordine superiore, ottenuti ricorsivamente, introducendo esplicitamente i limiti cognitivi del problema precedente, aggraverebbe progressivamente la situazione, necessitando di mezzi cognitivi via via superiori.
Una strada alternativa per specificare la nozione di s. è suggerita dallo stesso Simon, quando auspica la costruzione di una teoria procedurale della razionalità, che ne sostanzi il concetto non nell’oggetto della scelta (come accade in una teoria sostanziale della razionalità, quale è la massimizzazione dell’utilità attesa) bensì nella procedura seguita per giungere a una decisione. In particolare, un individuo potrebbe adottare il seguente iter per arrivare a una selezione all’interno di un insieme di alternative: cercare e sperimentare una qualsiasi opzione, confermare la scelta se l’utilità sperimentata si rivela superiore a un livello di aspirazione fissato, altrimenti scartarla e cercare una nuova soluzione, ripetendo questo modo di procedere fintanto che un’alternativa s. non sia stata individuata. In questo modello è il livello di aspirazione che specifica ciò che è considerato s. e ciò che non lo è: esso rappresenta un dato del problema, alla stregua delle preferenze, ed è determinato come queste ultime dall’evoluzione o dall’educazione. Prendendo le mosse da questa semplice procedura, il meccanismo di scelta può essere arricchito di dettagli che, per es., guidino il decisore nella ricerca di nuove soluzioni da sperimentare, suggerendogli di tralasciare quelle simili ad alternative già provate in passato e rivelatesi particolarmente deludenti. Inoltre, per quei problemi di scelta che si presentano sostanzialmente uguali a una pluralità di individui appartenti a una società, il modello può essere ulteriormente arricchito, sfruttando l’osservazione degli altri per ottenere informazioni. Per es., un individuo potrebbe decidere di sperimentare preferenzialmente quelle possibilità che sembrano avere ben funzionato per altre persone. Il livello stesso di aspirazione dipenderebbe dunque dalle utilità verificate dagli altri. Tanto più soddisfatti si dimostrano gli altri, quanto maggiore si rivela il livello minimo di utilità che un individuo considera soddisfacente; le utilità altrui possono essere infatti considerate come un indicatore dei benefici attesi nel proseguire la ricerca e la sperimentazione di nuove alternative.