SATURNO (Sāturnus)
Il nome, che gli antichi facevano derivare da sero, ab sătu (Varro, De lingua Lat., v, 64; Macr., Sat., i, 10, 20; Fest., p. 202, 17 L.), a sătionibus (Fest., p. 432, 20 L.), interpretandone la figura come divinità della semina, è di incerta etimologia e, anche se molti degli studiosi moderni hanno ripreso l'antica derivazione, resta la grave difficoltà di spiegare il passaggio della ă in ā e la formazione in -urnus. Altri studiosi fanno derivare la parola dalla lingua etrusca, mettendola in correlazione con il satres che ricorre nel fegato di Piacenza, e derivando quindi (G. Herbig, in Philologus, lxxiv, 1917, p. 446 ss.) la forma etrusca e la latina da *sauiϑur- *sauitur.
Sul carattere originario di S. non abbiamo nessuna notizia precisa. Ma, dall'esame delle fonti, risulta che S. era al tempo stesso la divimtà rappresentante l'agricoltura, la civiltà, il benessere e le leggi, ed uno spirito infero e funesto. Questa ambivalenza, a prima vista contraddittoria, riporta il mito di S. su autentiche basi religiose, esprimendo lo stadio primitivo della religiosità da cui nasce il tema mitologico dell'eroe colonizzatore. La doppia natura del dio trova la sua traduzione nel mito del re latino (egli è accolto esule da Giano e diviene con lui il primo re dei Latini, da cui discenderanno in tre generazioni Pico, Fauno e Latino, re eponimo), e nella data della sua festa, che è collocata al 17 dicembre, cioè anteriormente alla data del solstizio: in quella posizione quindi di primordiale anticipazione dell'ordine, che è pure caratteristica dei Lupercalia in onore di Faunus (v.), situati nell'ultimo mese del calendario numano, cioè in una data che realizza i presupposti per il rinnovamento annuale. Il dio si presenta quindi nel doppio aspetto di personalità benevola e funesta, che è proprio di colui il quale, per fondare le condizioni umane, deve muovere da uno stato antecedente all'ordine. E si afferma successivamente quale eroe dell'agricoltura, che è alle origini delle condizioni civili (Verg., Aen., viii, 314 ss.), e quale iniziatore dell'età dell'oro.
Il suo culto in Roma, di antichissima età (le prove più evidenti sono nel fatto che il nome del dio ricorre nei canti dei Salii, Fest., p. 432, 18 L., e che la sua festa figura nella più antica tavola delle feste), giunge, attraverso una stratificazione cronologica di cui abbiamo qualche dato (l'esistenza nel Foro alle pendici del Campidoglio dell'ara Saturni: Macr., Sat., 1, 8, 2; la erezione dell'aedes nel 497: Liv., ii, 21, 2; Dion. Hal., vi, 1, 4; la fondazione ufficiale della festa nel 417: Liv., ii, 21, 2), alla identificazione del dio con il greco Kronos (v.). E appunto per questa ellenizzazione diviene arduo riconoscere, nei caratteri del culto e nei passi delle fonti, quanto vi sia di arcaico romano e quanto invece di origine greca. Un solo elemento del mito di S. è ancora da ricordare in quanto non trova analogia in quello di Kronos: il fatto che egli, alla fine del suo regno, scompare agli uomini (Macr., Sat., i, 7, 24), cessa cioè la sua attività con quel motivo della "scomparsa" che è tipico degli eroi latini e romani (Enea, Latino, Romolo).
L'iconografia di S.,come conseguenza dell'ellenizzazione avvenuta in epoca alta, si identifica con quella del greco Kronos. Anche la statua cultuale del tempio nel Foro, unico luogo di culto nell'Urbe (v. roma), della quale parlano le fonti, non è naturalmente originaria e risente essa pure della avvenuta identificazione con il dio greco. Questa statua aveva la testa coperta (Macr., Sat., iii, 6, 17) dal manto che avvolgeva l'intera figura. Nella mano teneva la falce o l'hàrpe (Macr., Sat., i, 7, 24; Fest., p. 202, 17 L.) ed avvolgevano la figura legami (compedes) di lana che venivano sciolti durante i Saturnali (Macr., Sat., i, 8, 5; Stat., Sil., i, 6, 4). Per la ricostruzione del tipo iconografico di S. abbiamo pochi documenti, che presentano inoltre molto spesso difficoltà di interpretazione. Infatti i tratti caratteristici di S. sono piuttosto generici. Per quanto riguarda le caratteristiche fisiche, sono tipiche del dio la vecchiaia (S. è l'unico dio, con Silvano, che ha nella poesia l'epiteto senex: v. J. B. Carter, in Roscher, suppl. 2, 1902, p. 147), la barba e la capigliatura abbondanti (che si ritrovano però anche nei suoi figli Giove, Plutone e Nettuno) e l'espressione del volto piuttosto fosca e sospettosa (l'omerico ἀγκυλομήτης), che aiuta in certo modo la distinzione da Zeus-Iuppiter che ha sempre volto chiaro e sereno. Per quanto concerne le caratteristiche esterne, l'attributo della hàrpe è comune anche ad altre personalità divine od eroiche; ed il mantello portato dall'occipite verso la fronte, che resta tuttavia scoperta, è proprio di tutti i sacrificanti secondo il rito romano. Di conseguenza, l'identificazione dei monumenti figurati che rappresentano S. è resa sicura, oltre che dai tratti di cui si è detto, da qualche dettaglio che abbia particolare evidenza o che si ricolleghi in modo inequivocabile all'antica leggenda.
Scultura. - Nella storia del tipo iconografico molto importante per la sua univoca interpretazione è il rilievo del Museo Capitolino, con la rappresentazione dell'episodio di Rhea che inganna Kronos. Per affinità tipologiche e per reciproci confronti, sono riconducibili a S. un frammento di statua in calcare della Galleria dei Candelabri del Museo Vaticano, un busto-erma della Sala dei Busti vaticana, la figura maggiore del gruppo di Cornutus della Galleria Lapidaria in Vaticano ed una statuetta in bronzo del Museo Gregoriano, quasi intatta. Queste sculture, per la ripetizione fedele del tipo e dell'atteggiamento della mano destra, dovrebbero risalire ad un originale comune, di cui però non è possibile riconoscere i caratteri stilistici. Per la forte incorniciatura del volto nella massa dei capelli e della barba si potrebbe ricordare il Serapide di Bryaxis (v.), ed ascrivere l'originale alla fine del IV secolo. A questo tipo si avvicina un busto velato del Museo Gregoriano, di identificazione ipotetica per la possibilità di riconoscervi Giove. Lo stesso dubbio, ormai risolto però in favore di Giove, sussisteva anche per la testa divina legata in doppia erma con un ritratto di Diocleziano della collezione già appartenente allo scultore danese Jerichau. Ancora incerta nell'identificazione tra S. e Giove è invece una piccola testa in marmo della Collezione Nelidow. Indiscutibilmente a S., per la dedica iscritta, si riferisce una statua da Tebessa, che è simile nell'atteggiamento al S. del rilievo capitolino e al bronzetto del Museo Gregoriano. Ancora S. possiamo riconoscere in una testa velata in calcare da Cles, con chiome e barba ampie, in quanto fu scoperta con frammenti di iscrizioni relative al dio. Lo stesso tipo di volto, incorniciato dalla chioma e dal manto sollevato dalla nuca verso la fronte, è in una stele del Louvre. Dubbî nell'identificazione tra S. e Silvano sussistono invece per una statua da Bulla Regia conservata nel Museo Alaoui di Tunisi, che raffigura il dio civico con l'occipite velato, corona di mura e cornucopia.
Alle rappresentazioni di Saturno-Kronos secondo il tipo greco-romano vanno aggiunte quelle in cui il dio si presenta sotto la forma delle principali divinità con cui fu identificato nelle province di lingua non greca dell'impero. Egli infatti si identificò con l'Anubis egiziano, con El o Ba῾al dei Semiti, con il dio dei Giudei, con il dio cartaginese Ba῾al-Ḥammon e con Mithra. Le documentazioni figurate si riferiscono soprattutto al culto del dio, molto diffuso, nell'Africa romana e a Saturno-Mithra. Le numerose stele votive dell'Africa portano spesso rappresentazioni di S. sotto forma di figure secondo la maniera greco-romana o di simboli. Il più frequente tra questi è il disco del sole, con la mezzaluna e la stella ordinati intorno ad un triangolo. Si assiste poi ad una successiva antropomorfizzazione in cui il disco diviene volto, la linea orizzontale che lo regge si trasforma nelle braccia ed il triangolo assume le sembianze di un tronco o di un corpo. Nel territorio dell'odierna Algeria un simbolo comune di S. sono le mani intrecciate. Quanto all'identificazione con Mithra, si possono ricordare un rilievo ostiense e due statuette, tutti al Vaticano (Museo Chiaramonti), in cui il dio ha l'aspetto di una figura maschile con testa di leone, due coppie di ali alle spalle e alle anche, le mani sul petto reggenti una chiave, mentre un serpente l'avvolge dai piedi al torace.
Pittura. - Pressoché inesistente è la documentazione di una tradizione figurativa di S. in pittura. Luciano (Kron., 10) dice che, presso i pittori, il dio ha l'aria decrepita; il che potrebbe interpretarsi come differenza fondamentale tra le immagini dipinte e quelle plastiche di S., anche per il fatto che nelle sculture che noi conosciamo il dio ha l'aspetto di un vecchio ancora ricco di energie. L'unica pittura in cui compare S. ripete però il tipo plastico e non la caratteristica indicata da Luciano. È questo un dipinto pompeiano dall'atrio della Casa dei Dioscuri conservato al Museo Nazionale di Napoli, dove S. appare in piena veduta frontale, con un mantello che gli ricopre la parte posteriore del capo e con il falcetto nella destra.
Monete. - Nella Roma repubblicana la testa barbata di S. compare, con gli attributi della falce o dell'hàrpe, sulle monete coniate dai questori, cui era affidato come aerarium publicum il tempio di S., e ritorna quindi nei conî di varie famiglie (Apuleia, Calpurnia, Memmia, ecc.). In epoca imperiale si possono ricordare una moneta di Flaviopolis (età di Domiziano), di Tarsos (Valeriano Maggiore) ed alcune di Gallieno e di Albino. In un medaglione del regno di Albino il dio è rappresentato nell'aspetto fastoso di un re che riporta la prosperità dell'età dell'oro.
Monumenti considerati. - Statua della Galleria dei Candelabri: G. Lippold, Vat. Kat., iii 2, Berlino 1956, G. Cand. 48, p. 313 s., tav. 137. Busto-erma della Sala dei Busti: W. Amelung, Vat. Kat., ii, Berlino 1908, S. Busti 307, p. 502 s., tav. 68. Gruppo di Cornutus: G. Lippold, op. cit., Nachtr. Chiar., xiii, p. 497 s., tav. 235. Statuetta del Museo Gregoriano: M. Mayer, in Roscher, ii, 1, c. 1562, s. v. Kronos, fig. 13; Busto velato del Museo Gregoriano: Brunn-Bruckmann, Denkmäler, 245. Doppia erma con Diocleziano: H. Fuhrmann, in Röm. Mitt., liii, 1938, p. 35 s.; Jahrbuch, lxv-lxvi, 1950-51, p. 124, nota 4. Testina Collezione Nelidow: M. Mayer, op. cit., c. 1561, fig. 11. Statua di Tebessa: J. A. Hild, loc. cit. in bibl. Testa da Cles: M. Mayer, op. cit., c. 1565, fig. 15. Stele del Louvre: S. Reinach, Rép. Stat., i, 1897, tav. 161 B, p. 55. Statua da Bulla Regia: Cat. M. Alaoui, Suppl., Parigi 1910, n. 1016, p. 57, tv. 33, 1. Stele dell'Africa: v. gli indici di Saturnus in Cat. M. Alaoui e Suppl., Parigi 1897-1922. Saturno-Mithra: W. Amelung, Vat. Kat., i, Berlino 1903, Chiaramonti 567, p. 690, tav. 74; 571 a, p. 693, tav. 74; 573, p. 694, tav. 74. Pittura di Pompei: Ruesch, n. 1460, p. 346. Herrmann-Bruckmann, Denkmäler der Malerei des Altertums, Monaco 1915, tav. 122; K. Schefold, Die Wände Pompejis, Berlino 1957, p. 116. Monete: E. Babelon, Monn. Rép., i, pp. 288; 350; 399; 426; ii, pp. 188; 214; 216; 253; 254; 256; 449; H. Cohen, Monn. Emp., passim. Medaglione: W. Froehner, Méd. Emp. rom., Parigi 1878, p. 191.
Bibl.: J. A. Hild, in Dict. Ant., IV, p. 1083, s. v. Saturnus; ibid., p. 1080; Saturnalia; G. Wissowa, in Roscher, IV, 1909-15, c. 427-44, s. v. Saturnus; Thulin in Pauly-Wissowa, II A, 1923, c. 217-23, s. v. Saturnus; M. P. Nilsson, ibid., c. 201-11, s. v. Saturnalia; W. W. Fowler, The Roman Festivals, Londra 1925, p. 268 ss.; A. Grenier, Les religions étrusque et romaine, Parigi 1948, p. 114 s.; p. 130; A. Brelisch, Tre variazioni romane sul tema delle origini, Roma 1955, pp. 75 ss.; 92 ss., passim; G. Picard, Les religions de l'Afrique antique, Parigi 1954, p. 134, passim; J. Bayet, Histoire politique et psycologique de la religion romaine, Parigi 1957, passim; K. Latte, Römische Religionsgeschichte, Monaco 1960, pp. 137; 148; 254 s.; R. Muth, in Dizionario delle religioni (F. König), Roma 1960, c. 862.