RAY, Satyajit
Regista cinematografico indiano, nato a Calcutta il 2 maggio 1921, morto ivi il 23 aprile 1992. Appartenente a una famiglia di intellettuali del Bengala, il giovane R. si formerà all'insegnamento di R. Tagore, amico del nonno, e, divenuto cineasta, prenderà spesso spunto da racconti dello scrittore, esaltandone inoltre la funzione storica in un film biografico del 1961. La sua prima attività fu di grafico e illustratore di libri, e in seguito di regista. Ai suoi inizi R. fonde in un armonioso tessuto figurativo le due eredità avute da educazione e natura: la sapienza dell'India e la scaltrezza operosa dell'Europa. Al cinema giungerà dopo una sistematica lettura dei classici sovietici e del neorealismo cinematografico italiano, avvenuta nel 1949-50, durante un soggiorno europeo, e dopo aver collaborato con J. Renoir, nel 1951, alla realizzazione di The river (Il fiume). R. si ritaglia un proprio spazio espressivo influenzato dalla letteratura e dal pensiero del passato più che dalle vicissitudini di un continente che, fra contraddizioni e attese, si avvia all'indipendenza politica senza, tuttavia, farla coincidere con una sostanziale libertà economica.
In una sorta di austero isolamento, circondato da fedeli collaboratori, R. realizzò dei film che sono altrettante nitide parabole sul senso di un'esistenza stretta fra i misteri della nascita e della morte. Il ritmo che le distingue procede al modo della musica tradizionale indiana (dopo essersi inizialmente affidato a R. Sankar, R. scriverà egli stesso il commento musicale dei suoi film) che consente improvvisazioni all'interno di schemi ben precisi. La fama di R. in Occidente è affidata alla ''trilogia di Apu'', che raccolse consensi critici e premi prestigiosi in Europa (Cannes 1956; Edimburgo 1957; Venezia 1957: Pather pañcali, Il lamento sul sentiero; Aparajito, L'invitto; Apu Saṃsar, "Il mondo di Apu") e in cui, sulla traccia di un romanzo di B.B. Bandhopadhyaya, vengono ripercorse infanzia, fanciullezza e giovinezza di un indù di casta braminica, con il passaggio dal villaggio alla santa città di Benares e alla metropoli di Calcutta percepiti come momenti di esperienze collettive. La fluidità narrativa, la bella compostezza delle immagini, le componenti del personaggio maschile derivate dal "modello tagoreano di un'innocenza protetta che si scopre incapace di contrapporsi con le proprie forze al mondo contemporaneo" (C. Das Gupta), sono all'origine dell'attrattiva esercitata dal primo R. in Occidente (confermata dall'Oscar alla carriera attribuitogli nel 1992). Nella seconda fase della sua attività R. si avvicinò a tematiche di maggiore spessore sociopolitico e, in film spesso significativi (per es., Charulata, 1964; Ghare bhaire, "La casa e il mondo", 1983; Ganaśatru, "Un nemico del popolo", 1989), prese a interrogarsi su temi quali la perdita dell'idealismo negli intellettuali, il mutato ruolo della donna nella società, il disagio nella coppia, il conflitto fra egoismi individuali e doveri sociali.
Alla Mostra di Venezia 1992 sono state presentate le due opere più recenti di R.: Śakha Prośakha (1990, "Rami di un albero"), acuta analisi delle tensioni che in occasione di una festa vengono a turbare drammaticamente i rapporti fra gli esponenti di quattro generazioni di una stessa famiglia; e Agantuk (1991, "Il visitatore"), imperniato sull'acceso e drammatico contrasto fra un giovane rientrato in India dopo un lungo soggiorno all'estero e l'ambiente familiare e paesano, arretrato e ostinatamente retrivo, che vorrebbe condizionarlo senza tuttavia determinarne le scelte morali.
Direttore di Sandeś, un giornale per ragazzi, R. aveva raccolto in Stories i suoi racconti più riusciti (1987; trad. it., La notte dell'indaco, 1989). Oltre a vari premi cinematografici, ottenne lauree ad honorem (Royal College of Art di Londra, 1974; Oxford 1978) e la Légion d'honneur (1989).
Bibl.: S. Ray, Our films, their films, Calcutta 1977; C. Das Gupta, The cinema of Satyajit Ray, Nuova Delhi 1980; H. Micciollo, Satyajit Ray, Parigi 1981; AA.VV., Il contrasto, il ritmo, l'armonia: il cinema di Satyajit Ray, Roma 1985.