SAVOIA CARIGNANO, Emanuele Filiberto Amedeo di
SAVOIA CARIGNANO, Emanuele Filiberto Amedeo di. – Primogenito del principe Tommaso di Savoia Carignano e della principessa Maria di Borbone-Soissons, nacque a Moutiers (nella Tarantasia) il 20 agosto 1628.
Il padre era allora governatore della Savoia, ma nel 1631 dovette recarsi alla corte di Francia come ostaggio mentre Richelieu trattava la pace con Vittorio Amedeo I in seguito alla vittoria francese nella seconda guerra del Monferrato. In tale occasione portò con sé la moglie e il figlio, che restarono in Francia per un paio d’anni, facendo infine ritorno a Chambéry. Nell’aprile del 1634 il principe Tommaso lasciò improvvisamente gli Stati sabaudi per trasferirsi nelle Fiandre, dove passò al servizio spagnolo. La moglie e i figli si recarono invece a Milano, dove a Luisa Cristina (1627-1689), Emanuele Filiberto (detto il principe Filiberto), Giuseppe Emanuele (1631-1656, il principe Emanuele) ed Eugenio Maurizio (1633-1673, il principe Eugenio) si aggiunse Ferdinando (1634-1637). Filiberto era nato sordomuto ed Emanuele con una forte balbuzie. Nel luglio del 1636 la principessa e i suoi figli partirono per Madrid. Inizialmente, pur essendo di fatto ostaggi della Spagna, furono trattati con tutti gli onori. Nel novembre del 1638, per esempio, la principessa fu scelta da Filippo IV come madrina dell’infanta Maria Teresa (la futura sposa di Luigi XIV e regina di Francia dal 1660). Il re seguì inoltre personalmente l’educazione dei tre principini, cosa che si rivelò importante per Emanuele Filiberto. Filippo IV, infatti, lo affidò a Manuel Ramirez de Carrión (1584-1650), autore del trattato Maravillas de naturaleza (Montilla 1629) e precettore del fratello sordomuto del conestabile di Castilla. Seguendo i metodi elaborati dal benedettino Pedro Ponce de León (1520-1584), Ramirez ottenne ottimi risultati con il principe, celebrati, due anni dopo, da José Pellicer de Ossau Salas y Tovar, che dedicò a Ramirez de Carrión il trattato Piramide baptismal de doña Maria Teresa Bibiana de Austria (Madrid 1638).
Nel 1641 il principe Tommaso passò nel campo francese e la condizione dei Carignano in Spagna cambiò radicalmente. Arrestati e trasferiti a Valladolid, vi restarono prigionieri per tre anni e furono liberati solo il 1° maggio 1644. Rientrarono a Parigi il 20 agosto, accolti dalla regina Anna d’Austria, reggente dopo la morte di Luigi XIII (Gazette de France, 1644, p. 702). All’inizio di settembre il principe Filiberto e il principe Emanuele erano a Ivrea, presso il padre, che in base agli accordi di pace era stato nominato luogotenente di quella provincia. Con il principe inizialmente era anche Ramirez de Carrión, che lo affiancò per un anno, sino al settembre del 1645, quando tornò in Spagna. Egli lasciò con lui il figlio Miguel Ramirez de Carrión, con il compito specifico di insegnargli la lingua italiana. A dirigere l’educazione dei giovani Carignano era stato chiamato Emanuele Tesauro, che aveva aderito al partito del principe Tommaso e che nel 1634 lo aveva seguito nelle Fiandre. Fu a Ivrea che scrisse la Politica di Esopo Frigio (Torino 1646), dedicata a Emanuele, in cui emerge il programma educativo preparato per i due principi. Grazie anche all’aiuto di Tesauro, il principe Tommaso iniziò ad avvicinare Filiberto all’arte del governo.
Il 21 agosto 1646 i principi entrarono a Torino, dove furono accolti al Valentino da Madama Reale (Cristina di Francia, moglie del duca Vittorio Amedeo I) e dal duca Carlo Emanuele II (Gazette de France, 1646, pp. 812 s.). Il 24 ottobre furono raggiunti dalle principesse Maria e Luisa Cristina (pp. 874, 1051). Finalmente riunita, il 6 novembre l’intera casa Carignano prese così parte alla festa organizzata dal principe Tommaso per il compleanno della principessa Enrichetta Adelaide, sorella del duca (p. 1111). Per i giovani Carignano iniziò allora la partecipazione alla vita della corte sabauda. Il 10 febbraio 1647, per esempio, furono tra i protagonisti delle feste per il compleanno di Madama Reale (Gazette de France, 1647, p. 197). All’inizio dell’ottobre 1647, però, la principessa Maria rientrò in Francia, portando con sé i figli (pp. 941, 976): era sua intenzione che essi servissero alla corte francese, retta allora da Anna d’Austria, cercando di conquistare il ruolo che era stato in precedenza dei Soissons. Tale speranza, tuttavia, si scontrò presto con le condizioni dei due principi, i cui handicap resero assai difficile la loro presenza a corte. In una lettera inviata da Compiègne il 10 giugno 1649, il principe Filiberto confessava di essersi rifiutato, insieme al fratello Emanuele, di «continuare a andare alla corte» perché gli altri cortigiani «si burlavano» di loro e li trattavano «come figlioli di doi anni non ostanti che abimo la barba al mentone» (Archivio di Stato di Torino, Corte, Lettere principi diversi, m. 57). A rendere più grave ancora la condizione del principe Filiberto era il fatto che in Francia non era stato seguito da Ramirez, tornato in Spagna; il 22 dicembre 1646, in segno di riconoscenza, egli era stato creato cavaliere mauriziano da Carlo Emanuele II. «In Francia non impariamo cosa alcuna», scriveva il principe sconsolato nella lettera citata, «e io in particolare se non mi vien datta una persona che mi continua a insegnare dubito di tornar come prima». Un mese più tardi, peraltro, nel luglio del 1649, fu la stessa principessa Maria a lasciare sdegnata la corte, per non esser stata ammessa alla tavola del re (Journal de Jean Vallier, maître d’hôtel du roi, I, Parigi 1902, p. 368).
Di lì a poco i principi poterono tornare in Piemonte, dove ripresero il loro posto alla corte sabauda. Filiberto poté così ricevere ufficialmente il collare dell’Ordine dell’Annunziata, che gli era stato conferito dal duca di Savoia già il 21 agosto 1648. La cerimonia avvenne in un capitolo dell’Ordine che si tenne il 7 dicembre 1650, in occasione delle feste per le nozze di Enrichetta Adelaide di Savoia con il duca di Baviera. Pochi giorni dopo, l’11 dicembre, Filiberto prese parte al balletto Gli Hercoli domatori de’ mostri. Impegnarsi in tali tornei significava mostrare pubblicamente che l’handicap di cui soffriva non gli impediva di adempiere ai compiti e agli obblighi di un buon principe. Accanto a lui era il marchese Giovan Tommaso Birago di Roccavione (1600-1686), suo primo scudiere, che con i gesti del capo e delle mani lo aiutava a compensare l’impossibilità di sentire il suono degli strumenti musicali che davano il ritmo a feste e tornei. Il principe Filiberto iniziò anche a seguire il padre sui campi di battaglia. Non è chiaro dalle fonti se egli partecipasse effettivamente agli scontri in campo. Nel 1655, comunque, rischiò seriamente la vita quando all’assedio di Pavia si slanciò in un attacco che il padre gli aveva proibito e, inoltre, salvò la vita al duca di Modena.
Il 22 gennaio 1656 Tommaso morì, preceduto, il 4 dello stesso mese, dal principe Emanuele. Quasi contemporaneamente, quindi, Filiberto divenne secondo principe di Carignano e il principe Eugenio lasciò la tonaca per trasferirsi a Parigi e raccogliere l’eredità Soissons. Fu quindi anche per ridefinire gli assetti familiari, oltre che per partecipare ai funerali del principe Tommaso, che le principesse Maria e Luisa Cristina si trasferirono a Torino. Esse volevano, infatti, che Filiberto rinunciasse all’eredità, compattando i beni di famiglia nel fratello Eugenio. A fronte del suo netto rifiuto gli chiesero quindi, rispettivamente, la restituzione e il pagamento delle loro doti: una somma ingente, che avrebbe potuto mettere in crisi le finanze del principe, visto che l’eredità del padre era gravata da debiti e non poco compromessa. In maggio il principe si ritirò nel castello di Racconigi, scrivendo a Madama Reale che era «necessitato» a farlo «stante che la principessa mia signora madre tiene dell’avversione per me e mi vuole far passare per un matto e stravagante, cosa che non mi affligge [...] Non mi vuol bene: pazienza» (Archivio di Stato di Torino, Corte, Lettere di principi diversi, m. 57). Quando, un anno più tardi, il 4 ottobre 1657, morì anche il lo zio Maurizio (l’ex cardinale), Filiberto divenne così erede al trono del Ducato, ruolo che avrebbe mantenuto sino alla nascita di Vittorio Amedeo II nel 1666. Solo l’aiuto del duca e di Madama Reale permise al principe di risolvere la situazione. In quegli anni, da parte di Madama Reale e del duca il ruolo del principe come erede e primo principe del sangue fu continuamente affermato, sia sul piano del cerimoniale sia su quello delle cariche, tanto che si parlò anche di sue nozze con la principessa Ludovica (sorella del duca e vedova dello zio Maurizio), ma l’opposizione di questa (che non volle mai risposarsi dopo l’esperienza con lo zio) non rese attuabile il progetto.
Nel novembre del 1658 il duca, dovendosi recare a Lione con la madre per incontrare Luigi XIV, lo nominò luogotenente generale del Ducato. Il 23 dicembre 1658 il principe si recò a Susa ad accogliere il duca e Madama Reale al loro ritorno in patria ed essi lo vollero accanto nella loro entrata a Torino il 23 dicembre 1658 (Gazette de France, 1659, p. 43). Il duca e Madama Reale soggiornarono spesso nel suo castello di Racconigi e durante le cerimonie di corte al principe era riconosciuto un ruolo di primo piano, come nel 1660 durante le nozze di Margherita di Savoia con il duca di Parma (cfr. Les particularitez du mariage de la princesse Marguerite de Savoye avec le duc de Parme, in Gazette de France, 1660, pp. 605-616). Fu anche per affermare il proprio ruolo sulla scena della capitale che, divenuto principe di Carignano, Filiberto diede nuovo vigore alla propria corte. Almeno dal 1657 vi chiamò il pittore lorenese Charles Dauphin, che il 1° gennaio 1658 nominò suo aiutante di camera. Al 1656-58 risale la committenza e la realizzazione da parte di Dauphin di un ritratto equestre del principe e del doppio ritratto equestre dello stesso con Cristina di Fleury, destinato al salone di Diana della Venaria (dove Filiberto aveva comprato un palazzo sin dal 1656). Negli stessi anni commissionò a Tesauro la stesura del panegirico Il Diamante, in onore di Madama Reale, poi pubblicato nel 1659, e la riscrittura in italiano del dramma Hermenegildus, rappresentato per il genetliaco della stessa.
Nel 1660 uscì a Lione l’Histoire généalogique de la royale Maison de Savoie di Samuel Guichenon, opera fortemente voluta da Madama Reale.
È interessante come in essa lo storico bressano non facesse alcun cenno all’handicap del principe ma che, invece, scrivesse come avesse «tant de civilité en ses caresses, tant de courage et de feu en ses actions, tant d’adresse en tous ses exercices» da guadagnarsi «l’admiration de tout le mond» e, soprattutto, da poter sostenere «avec éclat la grandesse de sa naissance et les interets de cette couronne» (II, p. 1044). Un giudizio politico, chiaramente concordato con il duca, volto a ribadire la capacità del principe di ereditare il trono in caso di morte senza figli di Carlo Emanuele II.
Nel frattempo, con la stipula della pace dei Pirenei, nel 1659, si era chiuso il conflitto tra Francia e Spagna e gli Stati sabaudi avevano ritrovato la pace dopo oltre venticinque anni di guerra quasi ininterrotta. In questo quadro politicamente più sereno il duca volle finalmente affidare al principe Filiberto un incarico di governo e nel 1663 lo nominò governatore di Asti. Per il principe, però, lo scenario principale restò quello della corte. I buoni rapporti con il fratello Eugenio, conte di Soissons, portarono nel 1669 al trasferimento a Torino di due figli di questi: Luigi Giulio (1660-1683), cavalier di Savoia, ed Emanuele Filiberto (1662-1676), conte di Dreux. Il principe Filiberto affidò loro come precettori Tesauro e Guarino Guarini, giunto a Torino sin dal 1666, che scrisse per loro il Trattato di fortificazione che hora si usa in Fiandra, Francia et Italia (Torino 1676, dedicato a Luigi Giulio).
Nel 1675, durante i funerali di Carlo Emanuele II, il principe Filiberto fu protagonista di un duro scontro con il marchese di San Germano, già gran scudiere del duca, che avrebbe voluto seguire immediatamente la carrozza con il feretro, ma ne fu allontanato dal principe, che rivendicò il posto per sé nella sua qualità di primo principe del sangue. Il giorno successivo lo scontro proseguì quando il principe volle conferire egli stesso il collare dell’Annunziata al giovane duca, ancora a scapito del grande scudiere. Dietro questioni che potrebbero apparire di puntiglio stava, in realtà, la precisa volontà di ribadire il proprio rango. Tanto più che, con l’ascesa al trono di Vittorio Amedeo II, il principe Filiberto riprendeva il ruolo di principe ereditario, lasciato nel 1666.
Vi furono allora voci di un suo matrimonio con Maria Giovanna Battista, vedova di Carlo Emanuele II, ma l’ipotesi – se realmente presa in considerazione – non divenne realtà.
Fine conoscitore e attento studioso di architettura, in quegli anni il principe iniziò a far ristrutturare le proprie residenze. Rivolse le sue attenzioni innanzitutto al castello di Racconigi: nel 1671 chiese ad André Le Nôtre un progetto per i giardini e nel 1675 affidò i lavori a Guarini. Fu allo stesso architetto che nel 1679 il principe affidò la costruzione del suo nuovo palazzo torinese, destinato a diventare uno dei capolavori dell’architettura barocca.
Mentre fervevano i lavori, nel dicembre del 1682 giunse a Torino la notizia che il conte di Soissons, Luigi Tommaso (succeduto al padre, Eugenio, nel 1673), aveva segretamente sposato, due anni prima, una nobile francese non di sangue reale. Tale mésalliance aveva fatto infuriare la principessa Maria, la quale, diseredato il nipote, scrisse alla corte di Torino chiedendo che si provvedesse a far sposare il principe di Carignano, così che, se fossero nati figli, questi avrebbero allontanato dal trono la discendenza del conte di Soissons. La decisione del principe Filiberto di accettare la richiesta della madre pose una delicata questione politica. Si sapeva, infatti, che Luigi XIV avrebbe accettato le nozze solo a patto che la sposa fosse francese (o comunque gradita alla Francia), mentre il principe rifiutava tale possibilità. Le trattative furono quindi condotte nella più assoluta segretezza e condussero, il 10 novembre 1684, alle nozze del principe con Angela Maria Caterina d’Este (1656-1722), figlia di Borso d’Este, di una linea cadetta dei duchi di Modena. Appresa la notizia delle nozze, Luigi XIV reagì duramente: vietò alla principessa Maria di presentarsi a corte, inviò in esilio la principessa Luisa, cacciò l’ambasciatore modenese. Chiese, inoltre, a Vittorio Amedeo II di far annullare le nozze. In realtà, se anche avesse voluto, il duca di Savoia non avrebbe potuto farlo, poiché queste erano avvenute in modo del tutto regolare. Alla coppia di sposi non restò che recarsi in esilio: la meta scelta fu Bologna, dove giunsero il 13 dicembre. Dopo cinque mesi, il principe scrisse a Luigi XIV, riuscendo a calmare le acque e all’inizio di giugno poté così rientrare a Torino dove, insieme alla moglie, riprese il ruolo di potenziale erede al trono. Vittorio Amedeo II, per testimoniare pubblicamente la sua confidenza, lo volle padrino prima di Maria Adelaide il 27 dicembre 1685 (Gazette de France, 1686, p. 34) e poi di Maria Gabriella il 17 settembre 1688 (p. 502). Nel frattempo, anche il principe di Carignano aveva avuto due figlie: Isabella Luisa Maria (1687-1767) e Maria Vittoria (1688-1763), seguite il 29 febbraio 1690 dal tanto desiderato erede maschio: Luigi Vittorio Amedeo (1690-1741).
Nel giugno di quello stesso 1690 Vittorio Amedeo II portò gli Stati sabaudi in guerra contro Luigi XIV. Quando, nell’autunno del 1692, il duca si ammalò di vaiolo, fece testamento e nominò il figlio del principe Filiberto erede del Ducato (si era così compiuta la speranza dell’anziana principessa Maria, morta il 4 giugno 1692), scegliendo come suo tutore il principe Eugenio (Lettres historiques, 1692, p. 628). Nell’agosto del 1693 il principe e la sua famiglia si trasferirono finalmente nel nuovo palazzo Carignano.
Tornata la pace, il principe Filiberto si occupò soprattutto di gestire il patrimonio familiare, cui doveva ora unire l’eredità Soissons che la madre, alla fine, gli aveva lasciato. Nel frattempo, nel 1696, gli nacque un secondo figlio maschio, Tommaso Filippo (1696-1715). Il 14 dicembre 1701 giunse un importante riconoscimento anche da Luigi XIV, il quale accettò che il principe rappresentasse suo figlio Filippo d’Angiò nelle nozze di questi con Maria Gabriella di Savoia. Quando, nel 1703, Vittorio Amedeo II affrontò di nuovo in guerra il Re Sole, il principe di Carignano era ormai troppo anziano per dare il suo contributo sul campo. Nel 1706 il principe e la sua famiglia, per sfuggire all’assedio francese della capitale, lasciarono Torino diretti a Genova. I Carignano, però, dovettero fermarsi a Mondovì, dove furono fatti prigionieri dalle truppe del duca de la Feuillade, che consentì loro di ritirarsi al castello di Racconigi.
Ultimo esponente della generazione di principi sabaudi che aveva conosciuto la guerra civile, il principe Filiberto morì a Torino il 21 aprile 1709. Fu sepolto nel duomo della capitale, tranne il suo cuore, che fu posto nella chiesa di S. Filippo Neri, di cui aveva voluto la costruzione, affidandola a Guarini.
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