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SAVOIA CARIGNANO, Maria Teresa, principessa di Lamballe

di Andrea Merlotti - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)
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SAVOIA CARIGNANO, Maria Teresa principessa di Lamballe

Andrea Merlotti

– Nacque a Torino l’8 settembre 1749, quarta figlia del principe Luigi Vittorio di Savoia Carignano (1721-1778) e di Cristina Enrichetta d’Assia-Rheinfels-Rothemburg (1717-1778).

Nel 1755, durante un viaggio a Torino, Luigi Giovanni di Borbone (1725-1793), duca di Penthièvre, ammiraglio e grand veneur di Francia, incontrò il principe di Carignano e conobbe la sua famiglia. Dieci anni dopo, nel 1766, in un nuovo soggiorno nella capitale sabauda ebbe modo di rivedere la giovane Maria Teresa e, ammirandone la bellezza e la dolcezza del carattere, decise di chiederla in moglie per il suo unico figlio Luigi Alessandro di Borbone (1747-1768), principe di Lamballe. Il duca di Penthièvre sapeva che il figlio seguiva una condotta libertina, ma sperava che una sposa come la principessa lo avrebbe guarito dalla sua depravazione. Le nozze si svolsero il 17 gennaio 1767 al Palazzo Reale di Torino e furono celebrate dal cardinale Vittorio Amedeo delle Lanze, grande elemosiniere di corte. Lo sposo era rappresentato dal fratello della principessa, Vittorio Amedeo (II) di Carignano (1743-1780). La sposa giunse in Francia una settimana più tardi e al castello di Nangis fu ripetuta la cerimonia, questa volta con il marito. Il 2 febbraio la coppia arrivò a Parigi e si stabilì all’Hotel de Toulouse, residenza del duca di Penthièvre. Tre giorni dopo fu a Versailles, dove conobbe Luigi XV e il Delfino.

La vita della coppia iniziò nel migliore dei modi, ma dopo pochi mesi i loro rapporti erano già compromessi, tanto che, all’inizio del 1768, il principe l’abbandonò andando a vivere dall’amante. A interrompere la sua vita dissoluta giunse, peraltro, una caduta da cavallo a seguito della quale il principe morì, il 6 maggio. A diciannove anni, Maria Teresa – vedova e senza figli – si ritirò nell’abbazia di S. Antoine des Champs, a Parigi, ma, dopo qualche tempo, il duca di Penthièvre la convinse a trasferirsi da lui, al castello di Rambouillet, dove le assegnò un appartamento e le fece costruire la chaumière aux coquillage. Nel frattempo, Luigi XV era divenuto vedovo. Il ‘partito dei devoti’ – preoccupato dall’ascesa di madame Marie-Jeanne Du Barry – cercò di convincerlo a risposarsi con la principessa di Lamballe, la cui religiosità, sincera e profonda, avrebbe potuto – si sperava – riavvicinare il sovrano alla Chiesa. Il progetto, però, non andò in porto.

Nel maggio 1770 al castello di Compiègne Luigi XV presentò la principessa di Lamballe a Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, in occasione del suo matrimonio con il futuro Luigi XVI (Gazette de France, 1770, p. 164). Fu solo un anno dopo, però, durante il carnevale del 1771, che le due donne iniziarono a frequentarsi. Si pensò allora a un possibile matrimonio per la principessa. Il candidato era Charles Eugène de Lorraine-Brionne (1751-1825), parente di Maria Teresa, poiché sua sorella Josephine nel 1768 aveva sposato il principe Vittorio Amedeo (II) di Carignano. Se lo avesse sposato, però, Maria Teresa avrebbe perso il rango di principessa del sangue e gli onori che ne derivavano. Per questo l’ipotesi tramontò.

Divenuta regina il 10 maggio 1774, Maria Antonietta chiese quasi subito al marito Luigi XVI che ripristinasse la carica di sovrintendente della Casa della regina – che non era stata attribuita dal 1741 – per assegnarla alla principessa di Lamballe. La proposta incontrò forti opposizioni, ma la determinazione della regina ebbe la meglio. La nomina giunse, infatti, il 16 settembre 1775, trasformando la giovane piemontese nella prima dama della corte di Francia. A Vienna si temette che Maria Teresa usasse la sua posizione per orientare verso i Savoia le scelte politiche dei sovrani. Dovette intervenire la stessa regina, scrivendo alla madre il 15 settembre 1775 di non «craindre de sa liaison avec mes belles-soeurs»; «elle a toujours eu bonne réputation – scriveva Maria Antonietta – et n’a pas du tout le caractère italien. Elle est établie pour sa vie ici, ainsi que son frère» (Maria Theresia und Marie Antoinette..., 1866, p. 159).

Gli anni fra il 1772 e il 1776 rappresentarono l’apogeo del potere di Maria Teresa. Anch’essa straniera, la giovane principessa italiana era stata vista da Maria Antonietta come un’amica naturale, in un ambiente in cui entrambe si sentivano estranee. Discreta, religiosa e poco amante dei pettegolezzi, essa costituiva un ideale contrappunto per la regina, di cui divenne compagna inseparabile e fidata confidente. La sua vita in quegli anni s’intrecciò e sovrappose a quella della regina, sin quasi a confondersi con essa. Il Petit Trianon – che Luigi XVI aveva regalato alla regina nel 1775 – divenne il teatro di una amicizia tanto stretta da far nascere l’idea di una relazione amorosa fra le due. La vicinanza fra le due donne, se da un lato ben esprimeva la società femminile che dominava il Trianon, dall’altro rovesciava lo stereotipo del re – maschio e fertile – circondato da amanti e figli naturali, tipico dei re di Francia (soprattutto dei Borbone). L’italiana Lamballe costituiva, così, l’altro elemento di una coppia di straniere che, anche attraverso la (presunta) libertà sessuale, finiva per assumere, a livello non solo simbolico, l’immagine del vero potere. Ciò spiega perché quel rapporto divenne presto oggetto di un’ampia pamphlettistisca con chiari scopi politici.

Nel volgere di pochi anni, comunque, il legame fra la due donne s’incrinò. La carica richiedeva capacità che Lamballe non possedeva. Inoltre le impediva di esser sempre presso la regina, la quale iniziò a cercare altrove quelle continue attenzioni che la principessa non poteva più offrirle. Di tale situazione seppe approfittare la duchessa di Polignac, Yolande de Polastron (1749-1793), che nel 1776 era ormai divenuta la vera favorita di Maria Antonietta.

Quasi a simboleggiare la nuova difficile fase dei suoi rapporti con la regina, nel 1778 Maria Teresa dovette lasciare l’appartamento in cui viveva a Versailles, perché assegnato al duca d’Angoulême (1775-1844), figlio del conte d’Artois, allora erede presunto al trono. Gliene fu dato un altro, più piccolo, ma da allora si recò a Versailles solo per le cerimonie ufficiali.

Nel frattempo, la principessa aveva trovato un nuovo terreno per la sua azione: la massoneria. Il 12 febbraio 1777 entrò nella loggia Saint Jean de la Candeur, fondata due anni prima dalla duchessa di Borbone. La principessa partecipò molto alle attività della loggia e tre anni dopo, il 10 gennaio 1781, fu posta a capo dell’intera massoneria femminile francese come grand maîtresse della Mère Loge Ecossaise. In una lettera del 27 novembre 1781, Maria Antonietta elogiava l’attività massonica della principessa, insistendo sull’attività di beneficenza che essa svolgeva attraverso le logge (Louis XVI, Marie-Antoinette et Madame Elisabeth..., 1864, pp. 135-137). Per lungo tempo l’adesione massonica della principessa è stata considerata una bizarrerie, una concessione a una moda. In realtà, come ha scritto Janet Burke (2010), «la personnalité de la princesse de Lamballe ne devient compréhensible et coherente qu’au travers d’une étude sérieuse de son statut maçonnique» (p. 27). La principessa era, infatti, molto vicina alle idee illuministe e la sua opposizione alla duchessa di Polignac e alla fazione che questa rappresentava aveva anche radici nella diversa visione politica. La biblioteca della principessa comprendeva, non a caso, i principali testi dell’Illuminismo, dalle opere di Voltaire e Jean-Jacques Rousseau a quelle di Nicolas-Edme Restif de la Bretonne e di Claude-Adrien Helvetius. Letture che non furono estranee alla sua adesione alla massoneria, nella quale ella trovò uno spazio adatto alla sua vocazione filantropica.

Nel 1783 il duca di Penthièvre fu costretto da Luigi XVI a vendergli Rambouillet. La principessa di Lamballe acquistò, allora, l’Hotel d’Eu, a Passy, alternando la sua residenza fra questo e l’Hotel de Toulose a Parigi. Fu qui che ella trascorse gran parte del suo tempo sino al 1789.

Negli anni, la sua salute era stata minata da una grave malattia di nervi, che sembrava non avere cura. Nel 1785 si affidò a Johann Gottfried Seiffert (1747-1809), un medico di Lipsia emigrato a Parigi, legato ai circoli di Franz Anton Mesmer. Nonostante le preoccupazioni del duca di Penthièvre, questi riuscì a curare la principessa, le cui condizioni di salute nel 1787 erano decisamente migliorate. Stando alla testimonianza dello stesso Seiffert, in quel periodo egli sarebbe stato minacciato affinché abbandonasse la principessa, ed entrambi erano stati oggetto di tentati avvelenamenti. Fra metà luglio e inizio ottobre 1787 Maria Teresa e Seiffert compirono un viaggio in Inghilterra, dal quale la principessa tornò serena e ritemprata. Rientrata in Francia, riprese la propria attività massonica, facendo di rado ritorno a Versailles, dove la corte della regina era ormai controllata dalla duchessa di Polignac e dalla sua famiglia.

Nel luglio del 1789, lo scoppio della Rivoluzione ebbe fra le prime conseguenze la partenza da Versailles della duchessa di Polignac, che si dimise lasciando la Francia. Lamballe, al contrario, guardò con benevolenza alla situazione politica: lasciata Parigi a inizio agosto, si trasferì a Passy insieme al duca di Penthièvre. Qui, come scriveva in una lettera del 21 agosto 1789 alla langravia di Hesse-Rheinfels sua cugina, attendeva «la constitution, avec impatience, pour faire sortir le pays de la miserable situation» (Schmidt, 1900, p. 274). Il 7 ottobre la raggiunse, invece, un messo della regina, che la pregava di recarsi alle Tuileries, dove i sovrani si erano dovuti trasferire, dopo esser stati costretti a lasciare Versailles. I rapporti fra le due non tornarono a essere subito buoni, soprattutto per l’odio che ormai la regina provava verso il duca d’Orléans, cui restava invece legata Maria Teresa. La principessa avrebbe quindi voluto lasciare la corte, ma Penthièvre la invitò a rimanere accanto a Maria Antonietta, sempre più sola dopo la fuga dei suoi amici d’un tempo. Per due anni Lamballe visse quindi di nuovo accanto a Maria Antonietta, in un quadro via via più drammatico, che si concluse con la fuga a Varennes il 20 giugno 1791.

Fu informata della fuga da una lettera della regina, che le giunse quando la coppia reale era già lontana da Parigi. Maria Teresa, raccolte altre dame, riuscì a mettersi in salvo in modo rocambolesco, imbarcandosi a Boulogne per Dover in quello stesso 22 giugno in cui il re e la regina furono fermati a Varennes. Da Dover ripartì per Ostenda, dove giunse il 26 giugno. Si trasferì poi ad Aix-la-Chapelle, sotto il nome di contessa d’Amboise, e vi restò per quattro mesi, compiendo però almeno una missione in Inghilterra per conto della regina, che manteneva con lei una corrispondenza segreta. Non ci sono prove che Lamballe intendesse rientrare in Francia. Se da una parte non voleva unirsi agli emigrées che erano a Coblenza, espressione di quel partito degli aristocratici che aveva sempre osteggiato, dall’altra era conscia che se fosse tornata in Francia avrebbe corso rischi gravissimi. Nonostante il duca di Penthièvre le chiedesse di tornare a Parigi, per prendere il suo posto accanto alla regina, la principessa si decise al rientro solo dopo che il 14 ottobre 1791 ricevette una lettera della stessa Maria Antonietta. Il giorno dopo scrisse il suo testamento, in cui lasciava erede il nipote Carlo Emanuele di Carignano, e partì per la Francia. Il 4 novembre 1791 era di nuovo accanto alla regina.

Nei nove mesi successivi Maria Teresa fu l’unica figura di corte di cui la regina potesse disporre. Quando, fra il 10 e il 13 agosto, i sovrani furono arrestati e deposti, la principessa li seguì nella prigionia al Tempio. Restò con la regina sino al 19, quando fu condotta nella prigione della Force. Il 3 settembre, mese noto per i massacri e le epurazioni, fu condotta di fronte a un tribunale del popolo, guidato da Jacques-René Hébert, il quale, dopo un processo sommario, la condannò a morte (anche se, apparentemente, il verdetto era stato di libertà). Appena uscita fuori dalla sala, fu barbaramente assassinata. Il capo reciso e issato su una picca fu portato alla prigione del Tempio per essere mostrato a Maria Antonietta (secondo Domenico Carutti, a portare la picca sarebbe stato un fuoriuscito lombardo, tale Giovan Battista Rotondo, di Monza).

La drammatica morte di Maria Teresa divenne presto oggetto di un’ampia pubblicistica, che si diffuse già alla fine del 1792, ma che trovò il suo vero inizio con l’Histoire du clergé pendant la Révolution française di Augustin Barruel (I, Londres, 1793, pp. 290-293), una delle prime opere a insistere sullo scempio fatto del cadavere della principessa. Il diffondersi di tali testi, spesso più romanzi che vere ricerche storiche, ha finito per oscurare a lungo la vera vicenda storica della principessa, una delle protagoniste più interessanti della corte francese dei suoi tempi.

Fonti e Bibl.: E. Guénard, Mémoires historiques de Marie-Thérèse-Louise de Carignan, princesse de L., I-II, Paris 1801; J.-M. Gassier, Vie de mme la princesse de L., Paris 1814; C. Hyde, Mémoires relatifs à la famille royale de France pendant la Révolution [...] publiés pour la première fois d’après le journal, les lettres et les entretiens de la princesse de L., I-II, Paris 1826; E.L. Guérin, La princesse de L. et madame de Polignac, Paris 1838; A. de Lescure, La princesse de L., Marie-Thérèse-Louise de Savoie-Carignan, sa vie, sa mort, Paris 1864; Louis XVI, Marie-Antoinette et madame Elisabeth: lettres et documents inédits, a cura di F.S. Feuillet de Conches, I, Paris 1864, passim; Maria Theresia und Marie Antoinette. Ihr Briefwechsel, a cura di A. von Arneth, Leipzig-Paris-Wien 1866, pp. 159, 389; P. Fassy, Episodes de l’histoire de Paris sous la Terreur. Louise de Savoie-Carignan, princesse de L., et la prison de la Force, Paris 1868; G. Bertin, Madame de L. d’après des documents inédits, Paris 1888 (ma si veda la 2ª ed., Paris 1894); D. Carutti, Lo sposalizio e l’assassinio di M. T. di S.-C., principessa di L. (1767-1792), in Miscellanea di storia italiana, s. 3, 1898, t. 5 (36), pp. 65-77; Ch. Schmidt, Lettres inédites de la princesse de L., in La Révolution française. Revue d’histoire, XX (1900), 39, pp. 270-277; L. Lambeau, Essais sur la mort de madame la princesse de L., Lille 1902; B.C. Hardy The princesse de L. A biography, London 1908; R. Arnaud, La princesse de L., d’après des documents inédits, Paris 1911; A. Cabanès, La princesse de L. intime (d’après les confidences de son médecin), Paris 1922; A.-É. Sorel, La princesse de L., une amie de la reine Marie-Antoinette, Paris 1933; G. Datta de Albertis, La principessa di L., Milano 1935; J. Castelnau, La princesse de L., Paris 1956; M. de Decker, La princesse de L.: mourir pour la reine, Paris 1979; A. Vircondelet, La princesse de L., Paris 1995; A. de Baecque, La princesse de L., ou le sexe massacré, in Id., La gloire et l’effroi. Sept morts sous la Terreur, Paris 1997, pp. 77-106; J. Burke, La franc-maçonnerie, l’amitié et les dames de la noblesse: le rôle des sociétés secrètes dans l’introduction des idées des Lumières chez les élites féminines prérévolutionnaires, in J. Burke - M. Jacob, Les premières franc-maçonnes au siécle des Lumières, Bordeaux 2010, pp. 26-35; S. Grant, Representations of the princesse de L. (1749-1792). The portraiture, patronage and politics of a royal favourite at the court of Marie-Antoinette, Oxford 2016; G. Walton, Marie Antoinette’s confidante: The rise and fall of the princesse de L., Barnsley 2016.

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