sazio
Si registra una sola volta nella prosa del Convivio e con una discreta frequenza nella Commedia (per lo più in rima), con valore predicativo.
Il senso proprio di " soddisfatto per aver appagato del tutto il desiderio di mangiare o di bere " è documentato in Pg XXXIV 33 non si sentì sazio di bere, detto di Marchese degli Argogliosi, che lasciò nomea di formidabile bevitore, e, a proposito di una bevanda affatto particolare (l'acqua dell'Eunoè), in XXXIII 138 lo dolce ber che mai non m'avria sazio, come aggettivo verbale in funzione di participio passato, cioè " saziato ".
In altri passi, il termine ricorre ancora in senso proprio, ma in costrutti figurati indicanti il desiderio di conoscere e il suo appagamento, attraverso quelle metafore del cibo che, largamente presenti nel linguaggio letterario dell'antichità e del Medioevo, sono più volte impiegate da D. (v. SAZIARE): Pg XXVIII 134 avvegna ch'assai possa esser sazia / la sete tua (cioè, fuor di metafora, il tuo " desiderio di sapere "), e Pd XXVIII 48 sazio m'avrebbe ciò che m'è proposto (come in Pg XXXIII 138, citato); " messo innanzi per cibo " (Cesari), cioè la spiegazione datami. Valore analogo ha il termine in un'altra immagine metaforica, in Pg XX 3 trassi de l'acqua non sazia la spugna, cioè " interruppi il colloquio, benché non sazio di parlare con lui [ Adriano V] " (Chimenz): " Fa qui similitudine, cioè che la volontà sua era come una spugna, e che li desideri ch'elli avea di sapere altre cose da quello spirito rimaseno non sazii come rimane la spugna quando si cava dell'acqua inanti che sia tutta piena " (Buti).
In altri luoghi s. ricorre nel significato estensivo di " pago ", " soddisfatto ": If VIII 56 tu sarai sazio: / di tal disïo convien che tu goda; Pg XXVI 61 se la vostra maggior voglia sazia / tosto divegna; Pd XV 87 perché mi facci del tuo nome sazio. Anche in senso negativo, per cui la soddisfazione è da intendersi come stanchezza: Cv I IV 5 Questi cotali tosto son vaghi e tosto son sazii; If XIX 55 Se' tu sì tosto di quell'aver sazio...?, nella domanda che Niccolò III rivolge a D., scambiandolo per Bonifacio VIII (e il Landino commenta: " Danna per queste parole la stoltizia degli uomini, e' quali tanto s'affaticano per acquistare tesori de' quali la morte in breve tempo gli sazia "); ovvero è da interpretarsi come fastidio, nausea: XVIII 136 quinci sian le nostre viste sazie, cioè " ci basti ciò che abbiamo veduto " (Torraca).