SBARCO (XXX, p. 983)
Le operazioni anfibie. - Una radicale evoluzione dell'arte della guerra marittima nel secondo conflitto mondiale fu determinata dalle molteplici invasioni marittime, che furono di vario carattere, a seconda delle possibilità dell'attacco, della situazione geografico-strategica e delle caratteristiche idroorografiche degli obiettivi e delle loro sistemazioni difensive. Nonostante tali diversità è stata creata e sviluppata una speciale tecnica, che ha risolto l'arduo problema del prender terra su costa nemica potentemente fortificata. In tal modo le vie del mare sono divenute linee di operazioni degli eserciti.
Le nuove possibilità di invasione marittima sono derivate principalmente da tre fattori:1) l'importanza assunta dalle forze aeree; 2) la capacità delle forze aeromarittime di conquistare un predominio assoluto e duraturo del mare; 3) l'impiego di speciali mezzi da sbarco a motore, comprendenti unità navali di varie grandezze e caratteristiche, fra cui anche veri e proprî mezzi anfibî. Una invasione marittima è così divenuta un'operazione di sfondamento di un fronte costiero fortificato; perciò ad essa è appropriata la denominazione anglosassone di "operazione anfibia" (amphibious operation). La condotta delle operazioni anfibie si può riassumere nelle seguenti fasi:1) offensiva aerea preparatoria, avente lo scopo di tagliare le comunicazioni fra la zona d'invasione e il retroterra; 2) imbarco delle truppe d'assalto; partenza della forza anfibia; arrivo davanti alle coste di sbarco, previo sgombro dei campi di mine e rimozione degli ostacoli subacquei antistanti le spiagge; 3) sbarco aereo di grossi nuclei di paracadutisti e atterraggio di alianti, per impossessarsi di aeroporti e di altri punti di vitale importanza; 4) inizio dell'assalto alle spiagge, per la formazione della testa di sbarco, mediante successive ondate di mezzi da sbarco appoggiate dalle forze aeree e dal tiro della forza navale di attacco comprendente anche unità navali con speciale armamento (lancia-razzi); 5) sbarco di truppe e rifornimenti dalle navi da trasporto e avviamento del traffico nei due sensi fra i porti di partenza e la zona d'invasione, in modo da conseguire la massima utilizzazione del naviglio.
Il flusso di uomini, materiali e munizioni deve avere carattere di continuità e soddisfare alle necessità tattiche per consentire la formazione e il consolidamento della testa di sbarco e le successive operazioni dirette a sfondare la linea di resistenza del difensore. Ciò richiede il caricamento razionale delle navi, così da avere, secondo l'espressione usata dagli Anglosassoni, un carico bilanciato in base ad accurati calcoli e ad esperienze, prevedendo le occorrenze di materiali e realizzando il ritmo di scarico necessario. Ciò implica la soluzione di delicati problemi logistici, per la eterogeneità delle navi da carico e per le ingenti necessità di carburanti e di munizioni che occorrono per alimentare le truppe durante l'offensiva. occorre altresì che i carichi siano ripartiti in modo che la perdita di una unità navale comprometta il meno possibile l'andamento delle operazioni. Un'impresa anfibia richiede la più stretta collaborazione fra le varie forze armate; essa esige unità di comando e integrazione reciproca dei varî servizî, in modo che essi possano agire all'unisono. Nelle numerose operazioni anfibie eseguite dagli Angloamericani, corrispose alle necessità pratiche la norma secondo cui le forze impegnate dipendevano dal comandante superiore navale fino a quando lo sbarco delle truppe consentisse di stabilire l'organizzazione del comando a terra.
Con riferimento alle accresciute possibilità delle invasioni marittime, che hanno caratterizzato il secondo conflitto mondiale, si riassumono qui di seguito le principali nozioni sulla tecnica degli sbarchi in territorio nemico, nelle forme applicate dalla marina britannica e da quella degli Stati Uniti. Per fissare le idee si riporteranno soprattutto alcuni elementi concernenti la preparazione e la condotta della più grande fra le operazioni di sbarco, cioè quella sferrata dagli Angloamericani il 6 giugno 1944 sulle spiagge della Normandia (operazione denominata Neptune - parte marittima dell'operazione Overlord). Si daranno infine notizie sulla logistica navale americana in relazione agli sbarchi nel Pacifico.
Flotta d'invasione. - I mezzi di sbarco a motore, capaci di portare rapidamente su una spiaggia gruppi di carri armati, di veicoli e di truppe d'assalto, hanno eliminato le difficoltà che preesistevano quando i mezzi per gli sbarchi erano limitati alle imbarcazioni di tipo normale e agli zatteroni rimorchiati. Durante la guerra 1939-1945 i mezzi di sbarco hanno grandemente progredito; oltre a svilupparli quantitativamente, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti ne hanno costruito di nuove specie per le più diverse occorrenze.
I mezzi di sbarco propriamente detti sono navi di piccole dimensioni, con capacità di arrivare nella zona di assalto partendo da una base; ma per il grosso delle forze occorrono unità navali più grandi, che a loro volta siano fornite di mezzi di sbarco e degli speciali attrezzamenti per metterli in mare nel minimo tempo. La denominazione generica "naviglio da sbarco" comprende quindi sia i mezzi di sbarco (landing crafts - L.C.), sia le navi (landing ships - L.S.) con sistemazioni per trasportare truppe d'assalto, veicoli e piccoli mezzi di sbarco adatti a essere impiegati nella zona di assalto.
Per distinguere le varie specie di naviglio da sbarco gli Angloamericani hanno usato le caratteristiche L.C. e L. S. seguite da una o più iniziali delle parole che specificano il compito. Così L.C.I. significa mezzo di sbarco per fanteria (infantry); L.C.A. per drappelli di assalto; L.C. V. P. per veicoli da trasporto personale. Le caratteristiche L.C.T. e L.S.T. significano rispettivamente mezzo di sbarco e nave per trasporto di carri armati (tanks). Sono stati anche costruiti L.S.D. (landingships-Dock) che nell'interno somigliano a grandi bacini di carenaggio galleggianti e che possono rapidamente scaricare 42 carri armati da grandi portelloni prodieri. I problemi relativi allo sbarco su spiagge aperte hanno richiesto speciali soluzioni, tra cui l'impiego di ferry-boats e di pontili autopropellenti. A cominciare dall'invasione della Sicilia ebbero grande sviluppo i carri armati anfibî (alligators), aventi sul mare velocità oraria di 6 nodi e di 60 ÷ 70 km. in terra.
Una flotta anfibia è formata dal complesso del naviglio da sbarco, del naviglio da trasporto e del naviglio ausiliario di varia specie. La flotta d'invasione è costituita dalla flotta anfibia e dalla forza navale adibita alla funzione di appoggio diretto. Per lo sbarco in Normandia la flotta angloamericana d'invasione, sotto il supremo comando dell'ammiraglio inglese Sir Bertram Ramsay, era composta di 6 corazzate, 4 monitori, 23 incrociatori, 104 cacciatorpediniere, 4012 unità navali da sbarco, 316 navi di pattuglia, 152 navi di scorta, 324 ausiliarie, 224 mercantili, numerose unità navali costiere e 70 navi da blocco, destinate ad essere affondate per la formazione dei porti artificiali (Gooseberry).
Concetti operativi. - Uno sbarco su costa nemica è un tipico assalto, avente lo scopo di consentire alle forze terrestri di prendere piede oltremare, nella zona e nel giorno prescelto. L'azione marittima deve assicurare l'esecuzione dello sbarco, il flusso dei rinforzi e dei rifornimenti per la testa di sbarco e le operazioni successive.
Scelta della zona di sbarco. - Come criterio di massima conviene all'attaccante di scegliere la zona di sbarco prossima a qualche porto prontamente utilizzabile e nel raggio dei velivoli da caccia moventi dalle basi terrestri di cui esso dispone. Per questa ragione dalla Sicilia gli Alleati prescelsero per lo sbarco la zona di Salerno, anziché una zona più settentrionale. Analogamente, per la spedizione movente dalle coste inglesi era atta allo scopo la zona di sbarco nella baia della Senna; nel Pacifico gli Americani dovettero invece operare a grandi sbalzi, isolando le basi insulari nemiche con la preponderanza delle forze aeronavali.
Lo sbarco in Normandia presentava gravi difficoltà, perché nel Vallo atlantico i Tedeschi avevano efficacemente potenziato e coordinato le varie forme di difesa costiera. Sul litorale, fra le due piazze marittime di Le Havre e di Cherbourg, essi avevano costruito una serie di fortificazioni munite di artiglierie di medio e di piccolo calibro in casamatte con grossi spessori di calcestruzzo e sul greto antistante, ossia oltre la battigia, avevano collocato impedimenti di ogni specie. A ciò si aggiungeva la difesa marittima mobile, facilitata dalla vicinanza delle predette basi navali e la difesa aerea, favorita dalla vicinanza di aeroporti. Quella zona costiera fu tuttavia prescelta, perché offriva all'attaccante i seguenti vantaggi: facilità di consolidamento e di penetrazione nel territorio; facilità di costruzione di aeroporti. La zona di sbarco era protetta dalla penisola del Cotentin rispetto ai venti predominanti da ponente, e poteva essere isolata dal retroterra mediante le offese aeree, con la distruzione dei ponti sulla Senna e sulla Loira. La suddetta zona aveva un'estensione di circa 90 km.; era previsto di mettere a terra nella prima giornata di operazioni 130.000 uomini e 20.000 veicoli.
L'organo britannico incaricato di predisporre i piani d'invasioni marittime nell'Europa cominciò il suo lavoro al principio del 1942 e i suoi componenti furono stabilmente mantenuti in tale incarico. Un'apposita sezione (chiamata Ufficio X) fu formata nell'aprile 1943 per preparare l'invasione attraverso la Manica. Le spiagge della baia della Senna, cioè della zona prescelta per il grande sbarco, presentavano serie difficoltà per la mancanza di porti; appunto per tale ragione lo sbarco su quel tratto di costa sembrava improbabile all'alto comando germanico. Per compensare la deficienza portuale il capo dell'Ufficio X (commodoro Hughes Hallet) propose l'espediente logistico dei porti prefabbricati (Mulberry), formati da grosse strutture in calcestruzzo rimorchiabili a sezioni attraverso la Manica fino alla zona di invasione. Furono preparati due grandi porti artificiali: inoltre, per avere la possibilità di riparare dal cattivo tempo i mezzi di sbarco e i piccoli galleggianti, fu preparato il materiale per costruire sulla costa d'invasione 5 porti di ridosso (Gooseberry), con l'affondamento di 70 navi da blocco. L'ammiraglio Doenitz ha scritto che da parte tedesca non erano stati previsti dei porti prefabbricati; la ricognizione aerea aveva avvistato nei porti meridionali dell'Inghilterra pontoni quadrati, ma si era ritenuto che quei galleggianti fossero sezioni di piattaforme da sbarco.
Giorno e ora dell'attacco. - Le disposizioni per gli sbarchi furono prestabilite nei minuti dettagli in relazione alla data D d'inizio dell'attacco e all'ora H di arrivo della prima ondata di mezzi d'assalto sulle spiagge.
Mentre in Sicilia, a Salerno e ad Anzio gli sbarchi iniziali furono eseguiti nottetempo, per lo sbarco in Normandia fu stimato necessario l'assalto diurno, per l'efficienza delle difese terrestri e perché i Tedeschi avevano sistemato numerosi ostacoli antespiaggia (piramidi in cemento armato, cavalli di frisia, ecc.) portanti mine e formanti linee di ostruzioni praticamente continue contro i mezzi di sbarco. In conseguenza gli stati maggiori alleati per la scelta del giomo D adottarono i seguenti criterî: operare nella stagione estiva, per disporre di giornate lunghe e poter impiegare largamente le forze aeree; sbarcare quando si verificasse un forte dislivello di marea, affinché gli ostacoli sulle spiagge, nella bassa marea rimanendo allo scoperto, potessero essere facilmente distrutti e successivamente i mezzi di sbarco, con l'alta marea, si addentrassero quanto più entro terra possibile. Il giorno D doveva altresì soddisfare le condizioni per l'ora H che furono così definite:1) necessità di un'ora di luce prima dell'ora H per eseguire contro le difese costiere un accurato bombardamento aereo e navale; 2) necessità di ritardare l'ora H per le spiagge orientali, per avere un'altezza della marea prossima a metà livello in salita, in modo che gli ostacoli antistanti la spiaggia risultassero visibili, senza che fossero pericolosi gli scogli esistenti in vicinanza della spiaggia; 3) necessità di due alte maree in ore diurne, per facilitare lo sbarco dei rifornimenti. Queste condizioni erano approssimativamente soddisfatte nei giorni 21-22-23 maggio, 5-6-7 giugno, 19-20-21 giugno.
Predisposizioni. - Come per qualunque offensiva le predisposizioni per uno sbarco tendono a realizzare la sorpresa, mantenendo il nemico nell'incertezza su quando, come e dove l'attacco sarà sferrato. Di massima la sorpresa non può essere che relativa, perché le ricognizioni aeree consentono al difensore di conoscere quasi completamente la dislocazione del naviglio da sbarco e delle forze navali di appoggio.
Per l'invasione della Normandia furono dislocati mezzi da sbarco in tutti i porti inglesi meridionali, ma furono maggiormente concentrati nei porti sud-orientali, per vincolare truppe tedesche nella zona del passo di Calais. Le navi da trasporto furono principalmente concentrate nell'estuario del Tamigi; le forze navali da battaglia inglesi nell'estuario della Clyde e quelle americane a Belfast. Le navi mercantili che non partecipavano all'operazione anfibia furono dislocate nei porti orientali della Scozia con finti mezzi da sbarco, per far credere alla possibilità di un tentativo contro la Norvegia.
Fu necessario l'aggiornamento dei rilievi idrografici sulla costa d'invasione. Nella zona di transito fra la costa inglese e la zona di sbarco furono impiegati 177 dragamine, che rastrellarono 10 canali (ciascuno di un miglio di larghezza) che da un'area circolare, col centro 13 miglia a sud-ovest dell'isola di Wight facevano capo alle cinque spiagge di assalto. Per ogni spiaggia furono quindi dragati due canali (uno per navi lente e l'altro per navi celeri), segnalati da boe luminose con luci schermate.
I movimenti della flotta d'invasione dovevano cominciare dal giorno D meno 2; inoltre per l'assalto era indispensabile che fossero favorevoli le condizioni meteorologiche, almeno nelle prime due giornate. Le previsioni avevano quindi essenziale importanza: i meteorologi del comando supremo fondavano i loro pronostici sulle indicazioni fornite da stazioni alle Spitsbergen, in Islanda, Groenlandia e da navi e stazioni costiere in Atlantico. Il comandante supremo delle forze alleate, gen. Dwight Eisenhower, stabilì il 5 giugno come probabile data di inizio dell'invasione (giorno D), perciò il 1° giugno (D-4) le truppe cominciarono ad imbarcarsi, e il 3 giugno fu ordinata l'attuazione dei movimenti preparatorî. Nella notte sul 4 le condizioni del vento e del mare imposero di sospendere l'operazione, perciò ai convogli fu ordinato di rientrare; le truppe erano state inutilmente affaticate. L'ordine di differimento minacciò di provocare inconvenienti. Nella notte sul 5 le condizioni del tempo erano poco migliorate ma promettenti, perciò fu deciso l'attacco per il giorno successivo (6 giugno). Quel caso è un tipico esempio delle incertezze e difficoltà degli sbarchi. D'altra parte il comando tedesco, per le condizioni del tempo, ritenne che l'attacco non fosse imminente: quindi nella notte sul 6 giugno la flotta d'invasione procedé indisturbata verso la zona di assalto, seguendo i canali dragati.
Alle due estremità della zona d'invasione nella penisola del Cotentin e nella zona di Caen, gli sbarchi dall'aria, fra le ore 1,30 e le 2,30 del 6 giugno, furono la premessa del grande assalto, con la partecipazione di 1672 velivoli e 512 alianti americani, nonché di 733 velivoli e 355 alianti della RAF. Nel contempo cominciò l'attacco aereo detto "di ammorbidimento", contro le difese costiere della zona di sbarco: 1333 velivoli bombardieri della RAF attaccarono le 10 più importanti batterie del sistema fortificato fra Cherbourg e Le Havre.
L'assalto alle spiagge. - Metodo di assalto. - La parte fondamentale della tecnica degli sbarchi consiste nelle modalità di assalto alle spiagge. Secondo il sistema seguito dagli Angloamericani, 3-4 ore prima dell'ora H, le navi da trasporto e i maggiori mezzi da sbarco con le truppe a bordo dovevano ancorare in zone opportunamente situate relativamente alle rispettive spiagge, tenendosi fuori tiro dalle batterie costiere, ma dentro al varco aperto dai dragamine negli sbarramenti posati dal nemico. In quelle zone i trasporti dovevano mettere in mare i piccoli mezzi da sbarco, trasbordandovi le truppe; tali zone furono perciò denominate lowering positions dagli Inglesi e transport areas dagli Americani. Successivamente i mezzi di sbarco dovevano raggrupparsi intorno alle unità capi gruppo, e quindi i gruppi dovevano avanzare verso terra fino a raggiungere lo schieramento prestabilito, su una determinata linea di partenza per l'assalto, da 5000 m. a 3000 m. da terra. Da questa linea, sotto la protezione di un intenso bombardamento aereo e navale, i mezzi di sbarco dovevano attaccare le spiagge, a ondate successive. Le ondate di mezzi di assalto erano precedute da appositi mezzi da sbarco i quali portavano reparti di demolizione specialmente addestrati per eliminare la fitta rete degli ostacoli antespiaggia.
Esecuzione. - Nella notte sul 6 giugno 1944, circa alle ore 3, i trasporti della forza d'azione occidentale ancorarono a distanza da 10 a 11 miglia dalle spiagge "Utah" e "Omaha", mentre quelli della forza orientale ancorarono a distanza di circa 7 a 8 miglia dalle spiagge del settore di Caen. Per le condizioni del mare, ancora agitato, la maggiore distanza da terra che in tal modo si verificò per le navi americane accrebbe le difficoltà che i mezzi di sbarco della spiaggia Omaha dovettero affrontare per giungere sulla linea di partenza per l'assalto; questo non si verificò per la zona dei trasporti della spiaggia Utah, dove le acque erano abbastanza ridossate. Mezz'ora prima dell'alba, oltre un migliaio di velivoli bombardieri dell'VIII forza aerea americana sferrarono l'attacco risolutivo contro le batterie sulla costa di sbarco. L'attacco raggiunse la fase parossistica, col bombardamento navale da 40 minuti prima dell'ora H fino a 3 minuti dall'istante del presunto arrivo delle truppe d'assalto sulle difese nemiche.
Sotto la protezione del tiro delle corazzate Texas e Arkansas, dei cacciatorpediniere e delle unità navali minori, l'assalto fu sferrato con un'ondata di 32 carri anfibî, 50 minuti prima dell'ora H da una linea di partenza a 5400 m. da terra. I reparti da demolizione, secondo il piano, dovevano aprire 16 passaggi nelle ostruzioni antispiaggia, ma trovarono gravi difficoltà e i passaggi furono limitati a 5 larghi 50 metri, con grande imbarazzo della prima ondata di assalto e di quelle successive. A bassa marea rimaneva scoperto un tratto di spiaggia di circa 250 m.: gli ostacoli antespiaggia cominciavano a circa 200 m. dal limite dell'alta marea: la linea più interna era 100 m. da terra.
Nella battaglia per la spiaggia Omaha le forze americane ebbero l'incontrastato dominio dell'aria: soltanto dopo scesa la notte pochi velivoli tedeschi attaccarono le navi, senza produrre serî danni. Al mattino del 7 giugno s'impose principalmente agli Alleati la necessità di eliminare la precaria situazione persistente nella zona Omaha, dove la spiaggia era sotto il tiro nemico. Nei giorni 7-8 giugno in quella zona furono raggiunti gli obiettivi che nel piano di operazioni erano stati previsti per la prima giornata. Le operazioni terrestri nelle varie zone furono coordinate per ampliare le 5 teste di sbarco, in modo che si potessero congiungere. Questo risultato fu raggiunto nel giorno D+6. Il territorio occupato formava una testa di ponte, che aveva una base di 90 km. e una penetrazione da 15 a 22 km. Nella zona costiera continuava tuttavia la resistenza di alcuni capisaldi fortemente organizzati; era in atto la reazione tedesca nel campo aeromarittimo, oltre che in quello terrestre.
Gli scarichi di materiali e di viveri nelle teste di sbarco, nei primi sei giorni, erano stati inferiori del 50% al previsto, tuttavia nel diario di Eisenhower è messo in evidenza come i servizî logistici attraverso il mare funzionassero in modo soddisfacente. Nei primi sei giorni erano stati sbarcati i seguenti quantitativi: uomini 326.547; materiali t. 104.428; veicoli 54.186.
Il funzionamento dei servizî nella zona d'assalto, e il rapido impianto dei porti artificiali (iniziato dal giorno D+1) consentirono alle forze sbarcate di consolidare la testa di ponte così da poter resistere alla reazione tedesca. La tempesta dal 18 al 22 giugno distrusse il porto Mulberry della zona Omaha; tuttavia quel porto aveva già reso importanti servizî, consentendo alle forze d'invasione di superare la crisi iniziale. La rapida conquista di Cherbourg, mettendo a disposizione degli Alleati un porto di notevole importanza, consentì loro di risolvere in modo definitivo il problema delle comunicazioni.
Logistica americana nel Pacifico. - Nella situazione creata nel Pacifico dalla sorpresa di Pearl Harbor, avendo i Giapponesi occupato Guam, le Filippine, Singapore e l'Insulindia la marina degli Stati Uniti disponeva sui mari dominati dal Giappone soltanto della base di Pearl Harbor; quindi le sue possibilità d'azione in quell'immenso teatro di guerra erano complicate da grandiose difficoltà logistiche. La marina americana poté tuttavia affrontare con successo quelle sfavorevoli condizioni avendo largamente sviluppato il naviglio ausiliario, cioè il treno della flotta, per i rifornimenti e le riparazioni. Con la larga disponibilità di naviglio ausiliario la flotta americana poté creare basi avanzate sulle linee di comunicazioni fra gli Stati Uniti e l'Australia. La prima base avanzata fu quella di Espiritu Santo nelle Nuove Ebridi, dove oltre ai rifornimenti furono accentrati importanti mezzi di riparazioni e bacini galleggianti anche per grandi navi, così da eliminare la necessità del ritorno nelle basi continentali o alle Hawaii. Il sistema delle basi avanzate in correlazione con quello del rifornimento in mare permise di assicurare alla flotta il massimo rendimento guerresco; nel contempo il naviglio ausiliario fu migliorato realizzando tipi di navi e sistemi di rifornimento secondo le constatazioni sperimentali.
Lo sviluppo qualitativo e quantitativo del treno della flotta consentì agli Americani un vantaggio assai sensibile rispetto alla marina giapponese, che aveva scarsità di navi rifornitrici e che per le crescenti perdite di petroliere fu sempre più vincolata alle basi.
Quando gli sviluppi delle operazioni consentirono alle forze degli Stati Uniti il passaggio all'offensiva, divennero vieppiù rilevanti i vantaggi che il treno navale offriva alla libertà d'azione della flotta. Infatti mediante la preponderanza aerea gli Americani presero possesso di basi aeree sulle linee di operazioni; nel raggio di quelle basi stabilirono punti d'appoggio navali per mezzi di sbarco e per navi rifornitrici; infine eseguirono grandi operazioni anfibie, conquistando importanti isole, in cui concentrarono larghe quantità di rifornimenti e di mezzi di riparazioni.
Furono così stabilite basi principali avanzate: Manus (nelle isole dell'Ammiragliato) e poi i sistemi di basi delle Marianne (con la grande base navale di Guam); le basi di Leyte-Samar nelle Filippine e finalmente Okinawa. I punti d'appoggio e le basi sulle linee di operazioni e di comunicazioni delle forze aeromarittime costituirono gli anelli della catena logistica che dalle basi della costa occidentale del continente americano faceva capo alla flotta.
La catena logistica funzionava con navi rifornitrici di varia specie, per il rifornimento di combustibile delle forze in mare occorreva un largo numero di unità veloci; perciò furono costruite petroliere di medio dislocamento (sulle 5.000 t.) con velocità abbastanza elevata (non meno di 22 nodi), mentre per alimentare i depositi nelle basi furono costruite petroliere di maggior portata (sulle 10.000 t.) con moderata velocità (sui 18 nodi). Nelle operazioni anfibie le navi combattenti eseguirono contro costa prolungate azioni di tiro con ingente consumo di munizioni; particolarmente contro aerei. A ciò si aggiunse la necessità di tenere la flotta sempre pronta ad affrontare azioni navali. Per tutto questo insieme le esigenze dei rifornimenti imposero gravissimi oneri.
L'enormità del fabbisogno logistico della flotta americana nel Pacifico è dimostrata dal numero di 1060 unità navali ausiliarie di cui disponeva quella flotta al termine delle ostilità col Giappone.
Lo sviluppo dei mezzi logistici consentì alle forze navali americane di tenere il mare per periodi di tempo superiori a ogni previsione, in modo che trova riscontro soltanto nei ricordi del periodo velico.
Bibl.: U.S. War Department, Omaha Beachhead, Washington 1945; B. Montgomery, Operations in the N.W. Europe from 6 june 1944 to 5 may 1945, supplemento alla London Gazette, 4 settembre 1946; Ammiraglio Ramsay, The assault phase of the Normandy Landings, supplemento alla London Gazette del 30 ottobre 1946; D. Eisenhower, Diario di Guerra, trad. ital., Milano 1947; Kenneth Edwards, L'invasione dell'Europa (lo sbarco in Normandia), trad. ital., Milano 1946. Per la logistica americana nel Pacifico v.: E. J. King, U.S. Navy at War 1941-45, Washington 1946; United States Strategic Bombing Survey, The campaigns of the Pacific, Washington 1946.