Sbatti la statistica in prima pagina
I giornali tendono sempre più spesso a fare uso di numeri, grafici e tabelle che a volte servono solo a fare colpo sui lettori. Come le cifre sulla disoccupazione giovanile e sui suicidi per motivi economici.
I giornalisti, abili per mestiere a usare le parole, si sono trovati negli ultimi anni a fare ricorso crescente anche a numeri e cifre di vario tipo. Lo spazio conquistato dai dati non ha mancato però di suscitare interrogativi.
Da un lato ci si chiede se sia davvero un bene che la statistica abbondi nelle pagine dei quotidiani, dall’altro non è detto che i giornalisti siano preparati a farne un uso appropriato e corretto.
La questione è cresciuta fino a diventare tema di dibattito pubblico. Va segnalata, in particolare, la vivace discussione originatasi a partire da un articolo di Dario Di Vico uscito il 2 maggio 2012 sulle pagine del Corriere della Sera, nel quale si denuncia, senza mezzi termini, la «tendenza che si va pericolosamente diffondendo» della «statistica spettacolo».
Il meccanismo stigmatizzato è quello della «produzione del dato-monstre nel giorno e nell’ora giusta per avere un quarto d’ora di celebrità», che però «alla lunga genera rigetto e confonde l’opinione pubblica».
«Ogni argomento di conversazione sembra essersi ridotto a una questione di numeri», ribadisce Massimo Gramellini su La Stampa. Un’accusa, insomma, di abuso del dato statistico, diretta però principalmente a chi lo produce, come se i media fossero in larga parte incolpevoli nel conferirgli (eccessiva) evidenza. Accade spesso, invece, che siano proprio gli stessi giornalisti a cercare il dato-monstre. Il numero è appetibile per vari motivi: è efficace nel catturare l’attenzione e dà l’impressione di rendere più solida l’argomentazione. Se ben usato veicola effettiva informazione. L’aumento dell’uso di grafici e tabelle statistiche sui quotidiani è, del resto, anche la conseguenza di un maggior utilizzo dei dati nella società, non solo legato alla domanda ma stimolato ancor più dalla forte crescita dell’offerta. È maturata molto negli ultimi anni anche la consapevolezza che l’informazione statistica possa essere un potente strumento sia di trasparenza sia di conoscenza e stimolo alla partecipazione democratica. In tutto il mondo trova sempre più consensi la filosofia dell’open data, secondo la quale i contenuti statistici dovrebbero essere il più possibile ‘aperti’, ovvero accessibili al vasto pubblico e non solo teoricamente disponibili, ma anche concretamente e facilmente rintracciabili sulla Rete.
Tale filosofia prevede inoltre che i dati siano non solo consultabili ma anche liberamente riutilizzabili e distribuibili. Se quindi i cittadini hanno più opportunità di essere informati, i giornalisti hanno molte più possibilità che in passato di andarsi a cercare, da varie fonti, il numero che può far notizia. Domanda e offerta si stimolano a vicenda alimentando un processo di ampia diffusione e uso del dato statistico, che però non necessariamente equivale a una corretta informazione statistica, in grado di veicolare effettiva conoscenza. Che il tema sia molto sentito anche da parte di chi i dati li produce è testimoniato dalla reazione manifestata da Enrico Giovannini, presidente dell’ISTAT, al j’accuse di Di Vico. Una risposta che nella forma e nei contenuti indica come quello toccato sia effettivamente un nervo scoperto. In sintesi, secondo Giovannini, per migliorare l’informazione statistica due sono i punti sui quali bisognerebbe intervenire; il primo, a monte, riguarda chi produce i dati, il secondo, a valle, chi li divulga al grande pubblico. Il primo punto dolente è rappresentato dal fatto che mentre alcuni enti, come l’ISTAT, sono tenuti a seguire standard condivisi a livello internazionale e sono vigilati dalla Commissione per la garanzia dell’informazione statistica (CGIS), altri istituti e centri possono invece produrre e divulgare arbitrariamente qualsiasi cosa.
Il secondo punto nevralgico ha a che fare, invece, con l’uso corretto dell’informazione statistica sui media. Il rischio di abuso è tanto più elevato quanto meno i giornali hanno al loro interno adeguate competenze sia per valutare la fondatezza del dato sia per presentarlo senza tradirne il reale contenuto informativo.
Un esempio, in questo senso, è quello del tasso di disoccupazione giovanile, fornito periodicamente dall’ISTAT e quasi sempre presentato in modo distorto nei titoli dei giornali, tanto che l’Istituto nazionale di statistica ha pubblicato il 2 maggio 2012 un comunicato di precisazione per chiarirne la corretta interpretazione.
Un caso che ha fatto molto discutere è stato anche quello della presunta crescita del numero di suicidi per motivi economici nel corso dei primi mesi del 2012 a causa del perdurare della crisi: un fenomeno a cui i media hanno dato molta evidenza ma che in realtà non mostra un effettivo e rilevante inasprimento rispetto agli anni precedenti.
Come è stato fatto notare, esiste però anche la possibilità che si tratti di ‘effetto imitazione’. Si tratterebbe cioè di un caso in cui si cercherebbe riscontro empirico nella realtà a una notizia già apparsa sui giornali.
Un meccanismo simile vale per i sondaggi elettorali: i dati forniti nelle ultime settimane di campagna elettorale, non sempre rilevati con criteri rigorosi e trasparenti, possono essere usati in modo strumentale per orientare il voto degli indecisi. L’esigenza di reperire dati di interesse, di presentarli in modo comunicativamente efficace ma anche corretto dal punto di vista informativo ha portato molti giornali e agenzie a prevedere nel proprio organico la figura dello statistics editor, oltre che a ricorrere più spesso a corsi di data journalism. Va però detto che assieme alle garanzie sulla qualità del dato da parte di chi lo produce e alla attenzione e alla correttezza di uso da parte ;dei media, deve anche aumentare la consapevolezza e la capacità dei lettori nel riconoscere il – e quindi difendersi dal – cattivo uso dei numeri. Un’offerta di qualità non può crescere senza essere sostenuta da una concomitante crescita di domanda di qualità dell’informazione con contenuti statistici.
ISTAT, il principale produttore
L’ISTAT, Istituto nazionale di statistica, è un ente di ricerca pubblico. Presente nel paese dal 1926, è il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici. Opera in piena autonomia e in continua interazione con il mondo accademico e scientifico.
Organi di garanzia
I produttori di statistiche pubbliche sono controllati dalla Commissione per la garanzia dell’informazione statistica (CGIS), mentre chi diffonde i sondaggi sui media deve renderne conto all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).
■ CGIS. Istituita con decreto legislativo 322/89, è un organo collegiale indipendente chiamato a vigilare: sull’imparzialità e completezza dell’informazione impiegate nella raccolta, nella conservazione e nella diffusione dei dati; sulla conformità delle rilevazioni alle direttive degli organismi internazionali e comunitari.
■ AGCOM. È un’autorità indipendente, istituita dalla legge 249/97. Indipendenza e autonomia sono elementi costitutivi che ne caratterizzano l’attività e le deliberazioni. L’AGCOM verifica le modalità di distribuzione e la trasparenza delle comunicazioni rivolte al pubblico, anche in tema di pubblicità, e può direttamente intervenire nelle controversie insorte tra cittadini e operatori.
Lo statistics editor
Il sito del Corriere della Sera ospita le riflessioni (http://numerus.corriere.it/) del giornalista Donato Speroni, già responsabile per la Comunicazione e l’immagine all’Istituto nazionale di statistica. Speroni, dati i trascorsi, potrebbe tranquillamente incarnare la figura dello statistics editor: ovvero, secondo quanto auspicato da Enrico Giovannini, del giornalista che dovrebbe aiutare a selezionare «il grano dalla pula». L’obiettivo dichiarato in questo sito è quello «di aiutare a comprendere quali sono i dati statistici attendibili, come vengono prodotti, come vengono usati nel bene e nel male, in quale modo il miglioramento della statistica può incidere anche sulla qualità della vita».
Istituzioni che si occupano di statistica
INITALIA
■ SISTAN. Il Sistema statistico nazionale è la rete di soggetti pubblici e privati italiani che fornisce l’informazione statistica ufficiale. Il suo coordinamento è affidato per legge all’Istituto nazionale di statistica.
■ UNIONCAMERE. Raggruppa su scala nazionale le Camere di commercio che operano ciascuna a livello provinciale. Gestisce il sistema informativo Excelsior, una fonte di dati quantitativi sul mercato del lavoro in Italia.
■ CENSIS. Il Centro studi investimenti sociali è un istituto di ricerca socio-economica che pubblica annualmente un articolato Rapporto sulla situazione sociale del paese.
ALL’ESTERO
■ EUROSTAT. È l’Ufficio statistico della Commissione europea; raccoglie ed elabora dati dell’Unione Europea a fini statistici.
■ OCSE. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico cura la raccolta e l’armonizzazione di dati raccolti dai paesi membri, nonché l’elaborazione di studi nazionali e comparativi su settori dell’economia, della ricerca e dell’educazione con l’obiettivo di realizzare più alti livelli di crescita economica alla luce del concetto di sviluppo sostenibile.
■ ONU-DIVISIONE STATISTICA. Si occupa dello sviluppo del sistema statistico globale raccogliendo e distribuendo l’informazione proveniente dagli istituti di statistica di tutto il mondo.
■ WORLD BANK. La Banca mondiale mette a disposizione un database per mezzo del quale è possibile valutare le economie di più di 200 nazioni in base a circa 8000 indicatori statistici.
■ FMI. Il Fondo monetario internazionale attraverso il Dipartimento statistico raccoglie dati statistici, rapporti, studi e relazioni sulle economie di diversi paesi. Contribuisce allo sviluppo di standard statistici internazionali.
■ BCE. Il ruolo rivestito in campo statistico dalla Banca centrale europea si fonda sul mandato giuridico assegnatole di raccogliere tutti i dati necessari e pertinenti al fine di produrre e divulgare statistiche, tanto nell’ambito monetario e bancario che in quello relativo alla bilancia dei pagamenti.