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scalappiarsi

di Federigo Tollemache - Enciclopedia Dantesca (1970)
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scalappiarsi

Federigo Tollemache

Parasinteto verbale di probabile conio dantesco, esempio di linguaggio teso " in direzione realistica e corposamente espressiva " (Martelli) che vale " uscire dal laccio "; ricorre al figurato in Pg XXI 77 E 'l savio duca: " Omai veggio la rete / che qui vi 'mpiglia e come si scalappia... ".

Si riferisce all'impedimento di salire al cielo dovuto al desiderio dei penitenti di subire ancora le pene espiatrici del Purgatorio, e pertanto significa, contestualmente, " uscire dalla situazione in cui ci si trova ". L'immagine del laccio o ‛ calappio ' è assai frequente nell'Antico Testamento, specialmente nei Salmi (v. Ps. 123, 7 " laqueus contritus est, et nos liberati sumus "). Probabilmente il si va inteso come soggetto indeterminato; il Buti commenta: " cioè come si sciolge e spaccia da questa rete; cioè co la contrizione e dolore e pena tanto, che iustamente si sodisfaccia al peccato ". Più di un commentatore (per es. Scartazzini-Vandelli, Sapegno), intende " il laccio si scioglie ". Così anche il Grabher: " vedo in che modo si scioglie il ‛ calappio ', il laccio rappresentato da quella rete ".

L'espressività del verbo appare enfatizzata dalla posizione in rima.

Bibl. - Parodi, Lingua 267; M. Martelli, Lettura stilistica del canto XXI del Purgatorio, in " Studi d. " XLVI (1969) 65-66.

Vocabolario
scalappiare
scalappiare v. tr. o intr. [der. di calappio, col pref. s- (nel sign. 4)] (io scalàppio, ecc.), poet. ant. – Liberare, sciogliere dal calappio: omai veggio la rete Che qui vi ’mpiglia e come si scalappia (Dante), dove il verbo può avere...
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