scemo (agg.)
Compare solo nella Commedia e una volta nelle Rime, sempre in rima, con riferimento a ciò che, per effetto di un'asportazione o di un processo decrescente, è " ridotto " a parte di quello che dovrebb'essere, è " non completo ", " non pieno ", " non intero ".
La statua mutila di Marte, ai tempi di D. ancora visibile a piè del Ponte Vecchio, è quella pietra scema / che guarda 'l ponte (Pd XVI 145); la faccia dei golosi, consunti dalla fame, è tanto scema [" consumata e assottigliata ", Buti] / che da l'ossa la pelle s'informava (Pg XXIII 23). Il giorno del giudizio i prodighi risurgeran coi crini scemi (XXII 46); non è facile intendere se l'aggettivo alluda a una rasatura completa o a un taglio parziale dei capelli, né l'incertezza è risolta dal confronto con If VII 57, dove la pena di quei dannati è descritta in forma analoga e altrettanto ambigua (resurgeranno... coi crin mozzi).
Riferito a uno spazio di terreno vale " incavato ", " che presenta un avvallamento ": io m'accorsi che 'l monte era scemo, / a guisa che i vallon li sceman quici (Pg VII 65). Analogamente, loco scemo (If XVII 36) è l'orlo estremo del settimo cerchio, là dove si apre il profondo burrato in fondo a cui è Malebolge.
Allude a difetto, insufficienza, manchevolezza anche quando si passa alla sfera delle esperienze morali o concettuali. La definizione dell'accidia quale amor del bene, scemo / del suo dover (Pg XVII 85), cioè troppo tiepido e scarso, più che dal riferimento alla dottrina tomistica (" Acedia... est quaedam tristitia, qua homo redditur tardus ad spirituales actus propter corporalem laborem ", Sum. theol. I LXIII 2 ad 2), è chiarita da Benvenuto: " est enim accidia amor defectivus summi boni ", che bene evidenzia il valore dell'aggettivo. Il vocabolo ricorre anche nell'ampia trattazione che del principio della causalità divina nell'ordine naturale s. Tommaso fa in Pd XIII 52 ss. per spiegare a D. in che senso vada intesa l'eccellenza del sapere di Salomone. Nucleo centrale della dimostrazione tomistica è la dottrina secondo la quale la materia da un lato, e l'influenza celeste che l'attua e la plasma, dall'altro, non sono sempre ugualmente disposte. L'influenza celeste, causa di ogni bene, può esplicare la sua azione in modo più o meno perfetto, e la materia, principio di ogni imperfezione, può essere più o meno disposta: Se fosse a punto la cera dedutta / e fosse il cielo in sua virtù supprema, / la luce del suggel parrebbe tutta; / ma la natura la dà sempre scema, / similemente operando a l'artista / ch'a l'abito de l'arte ha man che trema (Pd XIII 79; cfr. Cv III VI 5-6).
Alcune volte, sempre conservando i valori finora illustrati, s. compare con valore di aggettivo verbale. Esempi di questo uso si hanno in Pg XIII 126 (ancor non sarebbe / lo mio dover per penitenza scemo, non sarebbe ancora " scemato ", " diminuito " il mio debito verso Dio), e in Pd XXXI 126 (nel punto dell'orizzonte dove sta per sorgere il sole, più s'infiamma, / e quinci e quindi il lume si fa scemo, " si attenua ", " diminuisce "); e si veda anche Rime CXI 8 fa come que' che 'n la tempesta sona / credendo far colà dove si tona / esser le guerre de' vapori sceme, dove l'espressione vale " venir meno ". In Pg XXVI 91 Farotti ben di me volere scemo, il senso complessivo è evidente: " volentieri (ben) diminuirei siffatto tuo desiderio " di sapere il mio nome; a qualche incertezza dà invece adito la spiegazione letterale. Potrebbe intendersi, osserva il Chimenz, " o ‛ ti farò privo (scemo) di volere (a nome... saper, v. 89) me ' o ‛ farò scemo il tuo volere di me (quanto a me, quanto al mio nome) ' "..
Non del tutto limpido è il senso dell'aggettivo anche in Pg XII 9 dritto sì come andar vuolsi rife'mi / con la persona, avvegna che i pensieri / mi rimanessero e chinati e scemi. D. si è appena allontanato dalla schiera dei superbi e ha quindi riassunto la sua normale posizione eretta, anche se il suo animo è aperto al senso dell'umiltà istillatogli da Oderisi. Ma che il valore esatto di scemi sfugga, è comprovato dalla varietà delle spiegazioni che se ne danno: " diminuiti di ogni tumore di superbia " (Casini), " spoglio di ogni timore vano " (Sapegno), " privi della loro baldanza e vivacità ordinarie " (Mattalia). Né più perspicua è la chiosa del Buti: " scemi, cioè... non dichiarati ".
Vale " privo " in Pg XXX 49 Virgilio n'avea lasciati scemi / di sé.