scenografia
Nello spazio del teatro
La scenografia è l’insieme degli elementi, dipinti o plastici, presenti in uno spazio scenico. In genere si pensa solo al tipo di scenografia che mira alla ricostruzione – illusoria o ideale – di un ambiente in cui si finge un’azione teatrale o filmata. Ma ne esiste anche un altro tipo, ugualmente importante: quello delle scenografie non illusionistiche, che non arredano lo spazio, e non vogliono creare nello spettatore l’illusione di trovarsi in un luogo diverso, ma sono pensate invece per alterare e manipolare lo spazio scenico in funzione del lavoro dell’attore
Un tipo di scenografia particolarmente importante per la storia dello spettacolo è quello illusionistico, che vuole dare allo spettatore l’illusione di trovarsi seduto di fronte a un’altra realtà, esterna al teatro: una piazza, un palazzo immenso, un bosco, una spiaggia, un giardino con una fontana, e così via. Può farlo ricostruendo la realtà attraverso scene dipinte – come accadeva nel teatro barocco – o costruite – come avveniva nel teatro rinascimentale – o ricostruite tramite mobili, oggetti e persino autentiche porte e finestre – come era diventata consuetudine a fine Ottocento. Una scenografia può chiedere allo spettatore di illudersi di trovarsi di fronte a una realtà diversa anche solo attraverso semplici convenzioni, come era normale nel teatro medievale, nel quale una vaschetta d’acqua poteva bastare a dare l’idea del mare.
La scenografia rinascimentale era basata sulle leggi della prospettiva, che riproduceva su superfici piatte l’effetto della tridimensionalità (costruirono scenografie prospettiche grandi architetti del Cinquecento come Baldassarre Peruzzi, Sebastiano Serlio, Antonio da Sangallo).
Su questo impianto prospettico la scenografia barocca inserì il movimento delle scene che si trasformano: per esempio, un paesaggio che si muta, sotto gli occhi degli spettatori, in una caverna infernale.
Le famiglie degli scenografi italiani del Seicento e del Settecento costituirono dinastie famose (Torelli, Vigarani, Burnacini, Bibiena, Galliari), che inventavano nuove macchine teatrali e nuovi sistemi, richiesti in tutto il mondo.
L’apparato scenografico poteva arrivare al punto di divenire la principale attrazione dello spettacolo con i suoi complessi macchinari scenici, capaci di dar vita a effetti straordinari, addirittura falsi incendi o finte inondazioni del teatro, carri che dal cielo portavano in terra le divinità, eroi che ascendevano nel mondo delle nuvole o precipitavano nel fuoco dei vulcani.
Un’altra tipologia scenografica, quella non-illusionistica, non trasforma lo spazio scenico in qualcosa d’altro, ma lo elabora architettonicamente per renderlo espressivo, adatto all’azione degli attori.
È un atteggiamento tipico del teatro novecentesco: due dei suoi ‘padri fondatori’, lo svizzero Adolphe Appia e l’inglese Edward Gordon Craig – vissuti tra il 19° e il 20° secolo –, suggerirono sensazioni spaziali mediante moduli architettonici privi di connotazioni realistiche, dove si componevano e si contrapponevano linee e volumi orizzontali o verticali, luci e ombre, pieni e vuoti.
Accanto alla scena non-illusionistica di tipo architettonico troviamo anche una scenografia pittorica, realizzata da grandi pittori-scenografi, soprattutto – ma non solo – nella Russia postrivoluzionaria, creatori di quadri-fondali non realistici, che volevano stimolare emotivamente l’osservatore, così come i pittori espressionisti, cubisti, simbolisti o surrealisti volevano colpire chi osservava i loro quadri.
La ‘scoperta’ tipicamente novecentesca dello spazio scenico non-illusionistico trovava i suoi precedenti in alcune forme di teatro del passato, il cui spazio era vuoto di oggetti o scene, abitato quasi esclusivamente dall’attore. Così furono gli antichi teatri greci e latini, il teatro inglese fra 16° e 17° secolo, il teatro spagnolo della stessa epoca, molti teatri asiatici. In tutti questi teatri le scene – nel senso di fondali e quinte – e gli arredi sono minimi o inesistenti.
La scenografia in alcuni casi è costituita principalmente dai costumi degli attori, che sono non solo ricchi, appariscenti, fastosi, spesso corredati da maschere – tali da costituire anch’essi una vera e propria scenografia in movimento –, ma talora anche sovradimensionati rispetto al corpo dell’attore che li indossa, quindi tali da mutarne le proporzioni e da mutare lo spazio che gli è attorno.