schiarare (schiarire)
Compare solo nella Commedia, con il valore di " render chiaro ", " illuminare " quando è transitivo, e di " divenire luminoso, splendente " nel costrutto intransitivo o intransitivo pronominale.
Nel suo senso più immediato ricorre solo nella perifrasi colui che 'l mondo schiara (If XXVI 26), usata per indicare il sole. Negli esempi del Paradiso è invece riferito allo splendore fulgido dei beati illuminati dalla luce divina in misura tanto più intensa quanto più profonda è la loro visione intellettuale di Dio (cfr. Pd XI 40-42).
Perciò quell'alma nel ciel che più si schiara (Pd XXI 91) è quella " che più riceve lo raggio della grazia d'Iddio.... e più vede la volontà sua " (Buti); nello stesso modo il lume di s. Giovanni Evangelista si schiarì (XXV 100), " brillò, improvviso, di luce più viva " (Mattalia), divenne anzi uno schiarato splendore (v. 106) apparendo a D. per interrogarlo sulla carità (e si noti l'uso di si schiarì in rima).
In senso figurato ricorre con costrutto assoluto con il valore di " rendere evidente ", " chiarire " un concetto: Pd XXVI 23 Certo a più angusto vaglio / ti conviene schiarar. D. ha già detto quali motivi lo avessero stimolato e persuaso ad amare Dio; s. Giovanni lo invita a manifestare con maggior precisione il proprio pensiero ricorrendo a una duplice metafora, l'una implicita nel significato proprio del verbo, la seconda tratta dal crivello, che tanto più ha fori angusti e tanto maggiormente consente di ottenere farina ‛ schiarata ', cioè bianca e fine. Nell'espressione è perciò implicito un giudizio sulla prima risposta di D. considerata troppo generica, né sembra necessario riferirla alla domanda che il santo porrà subito dopo (dicer convienti / chi drizzò l'arco tuo a tal bersaglio), nel qual caso essa varrebbe " devi passare sotto più stretto e severo esame " (Biagioli).