Schindler's List
(USA 1993, Schindler's List ‒ La lista di Schindler, bianco e nero/colore, 196m); regia: Steven Spielberg; produzione: Steven Spielberg, Gerald R. Molen, Branko Lustig per Amblin; soggetto: dall'omonimo romanzo biografico di Thomas Keneally; sceneggiatura: Steven Zaillian; fotografia: Janusz Kaminski; montaggio: Michael Kahn; scenografia: Allan Starski; costumi: Anna Biedrzycka-Sheppard; musica: John Williams.
Seconda guerra mondiale: Oskar Schindler, imprenditore di origine morava, è in buoni rapporti d'affari con i nazisti. Acquistata una vecchia fabbrica di stoviglie a Cracovia, assume a basso costo operai ebrei. La politica antisemita del regime hitleriano si fa, momento dopo momento, più dura. Gli ebrei sono costretti a vivere nel ghetto e, il 13 marzo 1943, le truppe tedesche vi fanno irruzione, compiono una strage e deportano i sopravvissuti nel campo di concentramento di Plaszow. Accordatosi con il comandante del campo, Amon Goeth, Schindler continua la sua attività imprenditoriale aprendo lì un nuovo stabilimento. Nell'aprile del 1944 giunge l'ordine di deportazione degli ebrei al campo di sterminio di Auschwitz. Schindler, aiutato dall'ebreo Itzhak Stern, acquista allora da Goeth millecento persone da utilizzare in una fabbrica di Brunlitz, dove la produzione è in realtà una copertura per salvare i suoi operai. L'idea funziona e, dopo la resa della Germania nazista, gli operai in segno di riconoscenza regalano a Schindler ‒ in procinto di fuggire per evitare l'arresto da parte delle truppe alleate ‒ un anello d'oro forgiato con le capsule dentarie di alcuni prigionieri. La guerra è finita, l'esercito tedesco è in fuga, Goeth viene catturato e impiccato, mentre Schindler e sua moglie si salvano; nel 1958, l'imprenditore è nominato 'Giusto delle Nazioni' e la sua tomba viene eretta sul monte Sion, in Israele. La sequenza finale vede l'attore protagonista del film, a braccetto con la vera vedova Schindler, andare a rendere omaggio alla tomba di Oskar Schindler. Insieme a loro, ci sono gli altri interpreti del film, ognuno accanto al vero superstite di cui ha recitato la storia.
Schindler's List occupa, nella filmografia di Steven Spielberg, una posizione particolare. A lungo atteso e annunciato (il regista aveva acquistato i diritti del libro di Thomas Keneally sin dal 1982), il progetto di un film sulla Shoah a opera di uno dei maestri indiscussi del cinema d'intrattenimento era fonte di curiosità per tutti. Il film divise la critica per i modi in cui affrontava una tragedia storica come lo sterminio degli ebrei. Raccontando cinematograficamente la storia di Oskar Schindler, Spielberg, in realtà, se da una parte sembra allontanarsi dai temi a lui più cari, dall'altra si mostra coerentemente legato a un'idea di cinema come invenzione e creazione fantastica. La scelta del bianco e nero è già un primo segnale in questa direzione. Essa non risponde a esigenze di distacco dal naturalismo del colore, ma viene impiegata proprio in quanto il bianco e nero suscita, nelle intenzioni di Spielberg, un 'effetto di realtà', dovuto al fatto che le documentazioni visive sui campi di sterminio sono quasi tutte in bianco e nero.
Al di là delle polemiche sollevate dal film sulla sua capacità o meno di raccontare il dramma degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, Schindler's List si colloca di diritto nell'universo spielberghiano: più che descrivere la Shoah e i suoi meccanismi, è un film che mette in scena il dolore e il dramma di chi ne è stato vittima. Spielberg si colloca ad altezza d'uomo, immergendosi nelle tensioni e nel terrore di quegli anni. Quasi la metà delle sequenze è girata con macchina da presa a mano, come a sottolineare la mancanza di distacco da ciò che si sta filmando: lo sguardo è compartecipe, teso a suscitare emozioni nello spettatore. La drammaticità del film sta anche nel fatto che l'universo infantile ‒ da sempre portatore di verità e di salvezza nel cinema di Spielberg ‒ è qui impotente e sofferente: i bambini vengono mandati a morte nei forni crematori e sfuggono alla persecuzione soltanto umiliandosi, immergendosi negli escrementi delle latrine del campo. La sconfitta dei piccoli è esemplificata nella sequenza (in bianco e nero) del rastrellamento, dove una bambina si distingue dalla massa perché indossa un cappottino rosso: è, in un certo senso, il segnale che trascina Schindler nella storia. Questa macchia cromatica riemergerà più tardi, tragicamente visibile in un mucchio di cadaveri accatastati uno sull'altro.
Di fronte a tale meccanismo narrativo, Schindler e Amon Goeth, più che i protagonisti del film, sono in realtà i due poli di un dispositivo che porta lo spettatore a emozionarsi per quanto sta vedendo, per la sofferenza e la paura, per la morte improvvisa e ingiustificata di uomini e donne innocenti. Il meccanismo della finzione è esemplificato dalla sequenza finale, a colori, dove Spielberg, mostrando gli attori insieme agli uomini e alle donne da loro interpretati, sembra affermare che la finzione può essere uno strumento di comprensione della Storia, più che un suo occultamento. Il film ha ottenuto moltissimi premi e riconoscimenti. Candidato a dodici Oscar nel 1994, ne ha vinti sette, tra cui quelli per il miglior film, la migliore regia, la migliore sceneggiatura non originale.
Interpreti e personaggi: Liam Neeson (Oskar Schindler), Ben Kingsley (Itzhak Stern), Ralph Fiennes (Amon Goeth), Caroline Goodall (Emilie Schindler), Jonathan Sagalle (Poldek Pfefferberg), Embeth Davidtz (Helen Hirsch), Malgoscha Gebel (Victoria Klonowska), Shmulik Levy (Wilek Chilowicz), Mark Ivanir (Marcel Goldberg), Beatrice Macola (Ingrid), Andrzej Seweryn (Julian Scherner), Friedrich von Thun (Rolf Czurda), Krzysztof Luft (Herman Toffel).
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