SCHOR, Giovanni Paolo detto Giovanni Paolo Tedesco
– Nacque a Innsbruck, come Johann Paul, il 27 giugno 1615 (Lutterotti, 1936, p. 263; errata è la data 1609 riportata da Pio, 1724, 1977). È probabile che ricevesse una prima formazione in Tirolo attraverso il padre Hans, pittore e decoratore di corte degli arciduchi Massimiliano III e Leopoldo V. Resta sconosciuto il nome della madre. La data del trasferimento a Roma è da collocare non più tardi del quinto decennio del Seicento, in considerazione del fatto che i sei figli dell’artista e della moglie Brigida Frulli (nata a Magliano nel 1627; Lutterotti, 1936, p. 263) nacquero nella capitale pontificia a partire dai primi anni Quaranta (la primogenita, Anna, è detta di «anni quindici» nel 1658: Bartoni, 2012, p. 335). Insieme a Johann Paul si trasferì a Roma il fratello Buonaventura, già attivo nel 1651 come indoratore e artigiano del legno (Ehrlich, 1975, pp. 15, 720); lo stesso anno Schor effettuò una stima per alcuni pannelli dipinti da Ludovico Stella per la società bresciana dei Ss. Faustino e Giovita (Bertolotti, 1881). Solo dal 1656 è possibile documentare la presenza in città dell’altro fratello, Egid (Ägid), che lo affiancò in tutte le sue imprese più importanti fino al 1666, quando risulta già rientrato in patria (Hammer, 1912, p. 109). Dal 1658 Johann Paulvisse con la numerosa famiglia e i servitori in un palazzetto a piazza di Spagna, a pochi passi dalle abitazioni di Giovan Pietro Bellori, Guillaume Courtois e Gian Lorenzo Bernini (Bartoni, 2012).
La prima testimonianza figurativa autonoma è costituita da due incisioni, tratte da suoi disegni, contenute nella Musurgia universalis di Athanasius Kircher (frontespizio e ritratto dell’arciduca Leopoldo Guglielmo, del 1649-50). Il padre gesuita mantenne un forte legame con l’artista fino alla morte, agendo da primo, fondamentale mediatore per la carriera del “clan” Schor a Roma (Neuwirth, 2008, pp. 63-66).
Le imprese pubbliche romane sono citate nella guida di Filippo Titi (1674-1763, 1987, I, pp. 36, 146, 164 s., 230, 234, 249), a partire dagli affreschi della cappella Patrizi in S. Caterina a Magnanapoli (sottarco e cupola) e della “Sala Assunta” all’interno del complesso di S. Giovanni di Dio all’Isola Tiberina. Questo secondo ciclo appare più riuscito rispetto all’intervento in S. Caterina, e mostra il passaggio dalla prima maniera acerba, connotata da rigidezze formali di derivazione nordica, alla più convinta adesione ai modelli di Pietro Berrettini da Cortona, evidenti nella tavolozza schiarita e nella resa dei panneggi mossi e abbondanti. Al di là di queste poche testimonianze figurative – collocabili nel sesto decennio del secolo – il ruolo tutt’altro che marginale nella comunità artistica romana è confermato dall’ingresso nel 1654 (in qualità di pittore) nell’Accademia di S. Luca (Noack, I, 1927, I, pp. 207 s.).
Ancora negli anni Cinquanta il “Tedesco” mantenne saldi legami con la terra d’origine, ricevendo l’incarico per l’Apparizione della Vergine nella Mariahilfkirche di Innsbruck, consegnata nel 1654 (l’opera è ricordata in una lettera del 1751 del nipote Johann Ferdinand, che fornisce dati utili sulla carriera dello zio: Ilg, 1895). La grande pala d’altare ingloba una copia seicentesca della Madonna col Bambino di Lucas Cranach il Vecchio secondo il modello fornito da Pieter Paul Rubens in S. Maria in Vallicella, e mostra un più convinto avvicinamento ai modi di Pietro da Cortona, ma anche un aggiornamento all’ornato insistito tipico del linguaggio berniniano degli anni Cinquanta e Sessanta.
Tra il 1655 e il 1657 Schor partecipò alla decorazione della galleria di Alessandro VII in Quirinale. L’ingente somma percepita di 1040 scudi (Wibiral, 1960, pp. 161-164) conferma il suo ruolo centrale nel coordinamento delle parti decorative, riemerse grazie ai recenti restauri: queste si compongono di un finto colonnato dorico e di figurazioni monocrome, condotte in collaborazione con Giovan Francesco Grimaldi, e forse precedenti l’arrivo del Cortona all’interno del cantiere nel 1656 (Merz, 2005; sui restauri cfr. Negro, 1999 e 2008 [2009], p. 159). Il ciclo figurativo, composto da quadri “riportati” con scene veterotestamentarie, fu invece eseguito sotto la direzione del Berrettini e vide la partecipazione di Schor (assistito dal fratello Egid) in tre scene grandi, L’Arca di Noè, Giuseppe venduto ai fratelli e Giacobbe in lotta con l’angelo (Titi, 1674-1763, 1987, I, pp. 164 s.; per i disegni preparatori di Windsor cfr. Blunt - Cooke, 1960, schede nn. 937-939). Negli affreschi del Quirinale si assiste al salto di qualità nella produzione figurativa dell’artista, che appare in quest’impresa perfettamente integrato nella composita équipe cortoniana.
Documenta lo stretto rapporto con il maestro toscano anche una lista di quadri inventariati alla morte del Cortona, eseguiti da alcuni «praticanti», tra cui uno di «Giovanni Paolo Tedesco» raffigurante «Coriolano vecchio» (Sparti, 1997, p. 56). Il legame è confermato anche dalla cresima nel 1662 di un altro figlio dell’artista, Mario, alla presenza di Pietro da Cortona in qualità di padrino (Bartoni, 2012).
Negli stessi anni dell’intervento in Quirinale Schor iniziò a collaborare intensamente anche con Bernini. Nel 1655 il “Tedesco” fu coinvolto nei preparativi per l’ingresso a Roma di Cristina di Svezia, occasione per la quale produsse molti disegni, finalizzati alla traduzione tecnica e pratica delle idee di Gian Lorenzo, ma anche alla messa a punto di un linguaggio decorativo del tutto originale. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Settanta Bernini delegò a Schor responsabilità sempre maggiori, talvolta affidandogli la direzione di cantieri complessi. I registri contabili di casa Chigi ne documentano la frenetica attività sia come pittore di affreschi (e di una perduta S. Lucia miniata in cartapecora e incollata su rame per Flavio Chigi nel 1660), sia come coordinatore di una squadra di specialisti (cfr. Golzio, 1939, pp. 5, 80-82, 240 s., 271, 360, 370). Tra queste imprese si ricordano gli apparati effimeri per la canonizzazione di san Tommaso da Villanova (1658), la realizzazione di una carrozza per il cardinal Flavio (1658-61), gli affreschi nell’oratorio di S. Niccolò a Castelgandolfo (1660-62; Lo Bianco, 1990), la cappella del Voto a Siena (1659-62; da ultimo Güthlein, 2008), gli apparati effimeri per la nascita del delfino di Francia (1662, documentati dalle incisioni di Dominique Barrière: Fusconi, 2016), la decorazione della cosiddetta galleria di Urbano VIII in Vaticano (1662; Ozzola, 1908, p. 17; Morello, 2004) e del palazzo a piazza Colonna (1660-65; Lefevre, 1964), la fusione in bronzo dei gruppi per la cattedra di S. Pietro in Vaticano (1664-66), e finanche i lavori per l’alcova del cardinale Flavio (1670-71; De’ Sebastiani, 1683, p. 21).
Il rapporto con Bernini presenta caratteri ambivalenti: da una parte il maestro stimava il talentuoso collaboratore (di cui eseguì un ritratto, già in collezione Chigi e oggi presso la Galleria nazionale dell’Umbria; Gallavotti Cavallero, 2004, p. 100), dall’altra sembra che ne frenasse le ambizioni e che nutrisse qualche dubbio sulle sue capacità “inventive”, soprattutto in campo architettonico. Nel Journal di De Chantelou (1665, 2007, pp. 419, 432) il “Todesco” è citato anche in riferimento al suo rapporto con l’abate Elpidio Benedetti, agente del cardinal Mazzarino e poi di Jean-Baptiste Colbert a Roma e architetto dilettante. Benedetti, infatti, si servì della consulenza di Schor nella cappella di S. Luigi nella chiesa dei Francesi per uno studio preparatorio oggi al Nationalmuseum di Stoccolma (inv. n. THC.2056: cfr. Roberto, 2014) e, probabilmente, nel progetto per la scalinata di Trinità dei Monti, eseguito in “concorrenza” proprio con Bernini (Strunck, 2008b, pp. 133-138). In effetti, nonostante la qualifica di “architetto”, attribuita talvolta a Schor dai documenti e dalle fonti antiche, il suo approccio rimase sempre più attento al discorso ornamentale e scenografico, tipico soprattutto degli apparati effimeri e decorativi, e meno interessato a problemi tecnici (ibid.).
Una prima catalogazione dei disegni ricondotti all’ambito di Schor conta più di cento fogli (cfr. Ehrlich, 1975, pp. 242-407). Oltre agli studi di figura e ai progetti per ampie superfici murali, il corpus grafico annovera idee per apparati effimeri, “trionfi” da tavola, costumi e scenografie teatrali, cornici e mobili pregiati in legno intagliato e dorato, e dimostra la capacità dell’artista di adeguare stile e gusto ad ambiti diversi, agendo da vero e proprio «designer, nel senso più ampio e contemporaneo del termine» (Leone, 2017, p. 10). I fondi grafici più cospicui si trovano all’Istituto centrale per la grafica a Roma, a Windsor Castle, alla Biblioteca apostolica Vaticana e al Museo nazionale di Stoccolma (Werkner, 1980; Fusconi, 1985; Gobbi - Jatta, 2015). Accanto alle lussuose carrozze, delle quali il “Tedesco” fu lo specialista più richiesto a Roma (Strunck, 2008b, pp. 128-130; Walker, 2011, pp. 154 s.), celebre è il letto da lui ideato per la nascita del primogenito di Lorenzo Onofrio Colonna e Maria Mancini nel 1663 (Gonzáles Palacios, 1970, p. 719), noto attraverso le incisioni di Pietro Santi Bartoli e Francesco Bergamo. La recente proposta di vedere nella fontana del carro di Apollo a Versailles, eseguita su progetto di Jean-Baptiste Tuby, un riflesso diretto dell’invenzione di Schor per i Colonna testimonia l’influenza ad ampio raggio di questo capolavoro (Strunck, 2008b, pp. 108-120).
L’artista austriaco fu attivo per molte altre grandi famiglie romane, come i Borghese (progetti per il carnevale del 1664 e per alcuni interventi nel giardino del palazzo, solo in parte eseguiti: cfr. Hibbard, 1958, p. 206), i Rospigliosi (scenografie e maschere della commedia Baldassarra del 1668: Fusconi, 1985, p. 170), gli Altieri (romitorio del palazzo al Gesù ed esecuzione del letto nell’alcova).
L’impresa maggiore della carriera di Schor, vera e propria summa delle qualità di pittore di figura e di decoratore di ampi spazi, è la volta della galleria di palazzo Colonna a Roma, eseguita con il concorso di aiuti (tra i quali il figlio Philipp; 1665-69, 1673-74). Nonostante il ruolo importante avuto da Bernini dopo la scomparsa di Schor nel 1674 (Strunck, 2007, pp. 228-237), e malgrado il fondamentale contributo di pittori specializzati nella decorazione illusionistica, quali Andrea Coli, Filippo Gherardi e Sebastiano Ricci, l’ideazione della scenografica volta, illusionisticamente aperta sul cielo azzurro, è da riferire a Schor, così come l’idea complessiva di festosa parata celebrativa della casa Colonna, dove egli dispiega tutto il suo vasto repertorio di tendaggi, armi, costumi e finte architetture.
Risultato più modesto – forse anche per la collocazione periferica e per il concorso di aiuti meno qualificati – è la decorazione del santuario di S. Eustachio presso Guadagnolo alla Mentorella (1673-74), recuperato su iniziativa di Athanasius Kircher a partire dal 1661 (Petrucci, 2016, pp. 113 s. e 116 nota 20).
Schor morì a Roma nel 1674 e fu sepolto in S. Maria dell’Anima il 6 marzo (Lutterotti, 1936, p. 263). Un inventario dei beni conservati nella sua casa (1679) ne documenta la cospicua produzione da cavalletto (Fernández-Santos Ortiz-Iribas, 2008, p. 75), confermata da numerosi riscontri negli inventari coevi, ma ricostruita solo episodicamente (Petrucci, 2016, pp. 109 s. gli attribuisce un’Annunciazione, già presso Sotheby’s Londra, 2007). Recente è la pubblicazione di un suo dipinto già in collezione Borghese, raffigurante il Carro d’oro del principe Borghese per il carnevale del 1664 (Firenze, Uffizi; Montelatici, 1700; Leone, 2017).
L’influenza di Schor fu molto più ampia di quanto le prove pittoriche ancora esistenti possano aiutare a comprendere, con riflessi nella pittura decorativa rococò del XVIII secolo, in Italia e in Europa, e in particolare in specifici campi delle arti applicate. Continuatori dell’opera paterna furono i figli, Philipp e Christoph, decoratori e architetti attivi tra Roma, Napoli e Madrid (Cappellieri, 1997; si vedano i diversi contributi in Un regista…, 2008, e Domínguez Rodríguez, 2013, pp. 62-64, 204, 206).
Fonti e Bibl.: P.F. de Chantelou, Journal de voyage du cavalier Bernin en France (1665), a cura di D. Del Pesco (in Ead., Bernini in Francia), Napoli 2007, pp. 419, 432; P. de’ Sebastiani, Viaggio sagro e curioso delle chiese più principali di Roma, Roma 1683, p. 21; F. Titi, Studio di pittura, scoltura et architettura nelle chiese di Roma (1674-1763), a cura di B. Contardi - S. Romano, Firenze 1987, passim; D. Montelatici, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1700, pp. 200 s.; N. Pio, Le vite di pittori, scultori et architetti (1724), a cura di C. Enggass, Città del Vaticano, 1977, pp. 57 s.; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI, XVII: studi e ricerche negli archivi romani, I, Milano 1881, pp. 93 s.; A. Ilg, Die Fischer von Erlach, Wien 1895, pp. 37-39; L. Ozzola, L’arte alla corte di Alessandro VII, in Archivio della Società romana di storia patria, XXXI (1908), pp. 17, 41-46; H. Hammer, Die Entwicklung der barocken Deckenmalerei in Tirol, Strassburg 1912, p. 109; F. Noack, Das Deutschtum in Rom seit dem Ausgang des Mittelalters, I, Stuttgart 1927, pp. 207-209, e II, p. 536; O.V. Lutterotti, Schor, Johann Paul, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXX, Leipzig 1936, pp. 263 s.; V. Golzio, Documenti artistici sul Seicento nell’archivio Chigi, Roma 1939, ad indicem; H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies,I, The gardens and its fountains, in The Burlington Magazine, C (1958), pp. 205-212 (in partic. p. 206); A. Blunt - H.L. Cooke, The Roman drawings of the XVII and XVIII centuries in the collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, London 1960, schede nn. 937-939, pp. n.n.; N. Wibiral, Contributi alle ricerche sul cortonismo a Roma, in Bollettino d’arte, s. 4, XLV (1960), pp. 123-165 (in partic. pp. 161-164); R. Lefevre, Il Palazzo degli Aldobrandini e dei Chigi a Piazza Colonna, Roma 1964, p. 45; A. Gonzáles Palacios, Bernini as a furniture designer, in The Burlington Magazine, CXII (1970), pp. 719-723; P.M Ehrlich, G.P. S., PhD diss., Columbia University, New York 1975; P. Werkner, Paul Schor als römischer Dekorationsingenieur, in Alte und moderne Kunst, XXV (1980), 169, pp. 20-28; G. Fusconi, Disegni decorativi di Johann Paul Schor, in Bollettino d’arte, s. 4, LXX (1985), 33/34, pp. 159-180; A. Lo Bianco, La decorazione delle fabbriche di Castelgandolfo nei secoli XVII e XVIII, in L’arte per i papi e per i principi nella Campagna Romana (catal.), II, Roma 1990, pp. 127-129; F. Cappellieri, Filippo e Cristoforo Schor “Regi architetti e ingegneri” alla corte di Napoli, in Capolavori in festa. Effimero barocco a Largo di Palazzo (1683-1759) (catal., 1997-1998), Napoli 1997, pp. 73-89; D.L. Sparti, La casa di Pietro da Cortona. Architettura, accademia, atelier e officina, Roma 1997, p. 56; A. Negro, Il restauro della Galleria di Alessandro VII…, in Bollettino d’arte, volume speciale (Restauri al Quirinale), 1999, pp. 319-342; D. Gallavotti Cavallero, Una proposta per Bernini pittore: il ritratto di G.P. S., in Bernini e la pittura, a cura di Ead., Roma 2004, pp. 99-105; G. Morello, La decorazione della galleria di Urbano VIII nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Da Domenichino a Giovan Paolo Schor, in Studi sul barocco romano. Scritti in onore di Maurizio Fagiolo dell’Arco, Milano 2004, pp. 299-308; J.M. Merz, Pietro da Cortona und sein Kreis. Die Zeichnungen in Düsseldorf, München 2005, pp. 29, 441; A. Negro, I ritrovati affreschi della galleria di Alessandro VII al Quirinale…, in Bollettino d’arte, s. 6, XCIII (2008 [2009]), 146, pp. 155-166; C. Strunck, Berninis unbekanntes Meisterwerk. Die Galleria Colonna in Rom und die Kunstpatronage des römischen Uradels, München 2007, pp. 228-237; Un regista del gran teatro del barocco. 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