Sci
Il termine sci (dal norvegese ski) indica sia gli attrezzi usati per scivolare sulla neve, formati da una lunga assicella elastica ‒ un tempo di legno, oggi perlopiù di metallo e materiale sintetico leggero e flessibile ‒ percorsa lungo gli spigoli da una lamina metallica (fuorché negli sci da fondo), sia lo sport praticato con gli sci. Si tratta di un'attività sportiva prevalentemente invernale che si è sviluppata negli ultimi decenni del 19° secolo grazie al perfezionamento di metodi semplici e sicuri per fissare gli sci ai piedi. Fra le gare si distinguono le prove nordiche (fondo, salto dal trampolino, combinata nordica e biathlon) e le prove alpine (gare di discesa, differenziate in discesa libera, slalom speciale, slalom gigante, supergigante e combinata alpina).
Si ritiene che la prima gara sportiva di sci sia stata una gara di fondo disputata a Tromsø, in Norvegia, nel 1843. Da questa nazione lo sci come attività ricreativa e agonistica si diffuse prima nell'Europa centrale e poi in Francia e in Italia. Lo sviluppo dello sci alpino, più recente, è legato alle iniziative dell'inglese A. Lunn, presidente del Kandahar ski club di Mürren in Svizzera, che nel 1911 organizzò la prima gara di discesa libera, la coppa Kandahar, a Crans in Svizzera; nel 1922 ideò lo slalom speciale, una gara di discesa il cui percorso è delimitato da una successione di porte che costringono l'atleta a continui e rapidi cambiamenti di direzione; infine con la Alberg-Kandahar, disputata nel 1929 a Sankt-Anton in Austria, consacrò la formula della combinata alpina, discesa libera e slalom speciale, adottata ai Campionati del mondo del 1931. Nel 1950 venne aggiunto al programma di gare lo slalom gigante, un percorso con porte più larghe, ma più lungo e più ripido dello slalom speciale; ancora più vicino alla discesa libera è il supergigante, o superG, nato negli anni Settanta. Nelle gare internazionali il dislivello stabilito per regolamento nella discesa libera è di 800-1100 m per gli uomini e 500-800 m per le donne; nello slalom speciale è di 180-220 m per gli uomini e 140-200 m per le donne; nello slalom gigante è di 250-450 m per gli uomini e 250-400 m per le donne; nel supergigante, infine, il dislivello è di 500-650 m per gli uomini e 400-600 m per le donne. Lo sci di fondo, a livello sia amatoriale sia agonistico, si svolge su piste con tratti pianeggianti, salite e modeste discese, preparate da apposite macchine che tracciano il 'binario', due solchi paralleli dove scorrono gli sci. Nelle gare a tecnica classica l'atleta è vincolato all'esecuzione di determinati passi (passo alternato, passo spinta, scivolata spinta), in quelle a tecnica libera, introdotte ufficialmente nel 1985, è ammesso il passo di pattinaggio con o senza spinta dei bastoncini e in assenza di binario. La prima gara di salto con gli sci, o salto speciale, si svolse a Oslo nel 1890; oggi le gare di salto, riservate agli uomini, si svolgono dal trampolino corto (con K, punto critico, di 90 m) e dal trampolino lungo (K, 120 m); quella di salto è sempre la prima prova della combinata nordica, disputata per la prima volta nel 1924, che prevede anche una gara di fondo, normalmente sulla distanza di 15 km. Il biathlon, una gara di fondo intervallata con prove di tiro con la carabina, è tra le prove più recenti degli sport invernali, inserita nel programma olimpico solo nel 1960.
Nella discesa con gli sci lungo una pista lo sciatore è sottoposto a un insieme di forze esterne, che determinano il moto d'assieme del suo centro di massa e quindi la durata complessiva della discesa, che egli cercherà di ridurre al minimo in virtù dei movimenti del corpo effettuati con l'ausilio delle forze interne. Grazie a questi movimenti, lo sciatore muta la propria posizione rispetto all'ambiente esterno e, in ultima analisi, quindi, anche le forze esterne che ne determinano il moto. Nello slalom la scelta del percorso ottimale da seguire nel rispetto dei vincoli imposti dal passaggio oltre i paletti contribuisce al risultato complessivo del tempo della gara. Le forze esterne si possono sostanzialmente ridurre alla forza peso, dovuta all'attrazione gravitazionale della Terra e proporzionale alla massa complessiva dello sciatore, alla forza di reazione del suolo (da pensarsi per comodità decomposta nelle sue due componenti: quella parallela alla direzione dello sci e quella normale), e alla forza di resistenza del mezzo nel quale l'atleta si muove, sostanzialmente l'aria con l'eventuale componente meteorologica di acqua o di neve che s'accompagna, opposta alla velocità di avanzamento e, infine, una componente di sostentamento, la portanza, dovuta all'effetto fluidodinamico dell'avanzamento nell'aria.
Nella progressione rettilinea e con lo sciatore in posizione invariante, la componente normale della reazione bilancia esattamente la componente normale del peso, per cui il moto è determinato unicamente dalle componenti delle forze parallele alla velocità di avanzamento. Il peso agisce in tal caso mediante la sola componente tangenziale alla superficie di percorrenza: nel caso di una discesa libera come quella della Coppa del mondo di Bormio è in media pari a circa il 35% del valore complessivo. Ciò significa che, se fossero assenti le forze resistive del suolo e dell'aria, nella gara già citata, la velocità finale si aggirerebbe sui 500 km/h e quella media quindi sui 250 km/h, a fronte di un valore medio reale di 100 km/h. Così i tempi si ridurrebbero dai reali 110 s a circa 45 s. Le forze resistive sono diversamente frazionate tra quelle di attrito dovute al suolo nevoso e pressoché indipendenti dalla velocità dello sciatore in moto, e quelle viscose di avanzamento nel mezzo fluido, che dipendono fortemente dalla velocità di avanzamento e, naturalmente, dalla posizione assunta dallo sciatore, dai materiali del vestiario, dalla densità dell'aria ecc. La forza resistiva del corpo con l'aria dipende in prima approssimazione dal quadrato della velocità e dalla sezione massima dello sciatore normale alla direzione di percorrenza. In realtà la forma assunta dallo sciatore è un fattore correttivo che maschera grandemente la dipendenza dalla sezione. Per es., l'area di uno sciatore di taglia normale in posizione eretta è 0,72 m2, mentre quando lo sciatore assume la tipica posizione 'a uovo' essa si riduce a 0,4 m2: l'attrito dovrebbe diminuire quindi del 45% e, a parità di altri fattori, la velocità dovrebbe avere un uguale aumento percentuale. In realtà l'effetto è molto più grande e si suole tenerne conto introducendo un coefficiente di drag, o Cx, il quale dipende dalla forma e dai materiali della superficie di avanzamento. Per uno sciatore in piedi esso è 1,0-1,2, pari pressappoco a quello di un cilindro, mentre per uno sciatore che scenda in posizione a uovo è 0,5-0,3, tendente al valore 0,2 tipico di una sfera. Per il calcolo dell'attrito con l'aria si ottiene quindi un coefficiente complessivo 0,72 x 1,1 = 0,79 m2 per lo sciatore in piedi e 0,4 x 0,3 = 0,12 m2 per lo sciatore a uovo, ossia circa il 15%. Questo vantaggio è trascurabile a bassa velocità, dove l'attrito dello sci con la neve è più importante, ma diventa determinante alla velocità dei discesisti.
Nel caso di un percorso curvilineo, ovviamente, valgono le medesime considerazioni fin qui svolte per quel che riguarda le componenti delle forze contenute sul piano sagittale dello sciatore, ovvero quello contenente la verticale e la direzione di avanzamento, mentre per le componenti normali a questo, esse possono solo derivare dalle reazioni del suolo sugli sci. Per effettuare una curva lo sciatore dovrà infatti far pressione verso l'esterno con lo sci esterno, così da ottenere una reazione dal suolo trasversale rispetto alla direzione di avanzamento e accelerare il centro di massa in verso opposto alla forza esercitata. Le rotazioni del tronco debbono effettuarsi contemporaneamente in verso opposto a quella degli sci per mantenere il momento della quantità di moto inalterato e facilitare l'equilibrio dell'operazione. Il lavoro complessivo compiuto dalle forze agenti sullo sciatore durante l'intero percorso in discesa sarà naturalmente eguale all'energia cinetica finale, presumendo nulla quella iniziale alla partenza. Riferendosi ancora una volta all'esempio sopra riportato della discesa libera di Bormio, la differenza tra l'energia cinetica finale, pari a circa 50.000 J, e il lavoro compiuto dalla forza peso, di circa 800.000 J, pari alla perdita di energia potenziale subita o ‒ ed è lo stesso ‒ al lavoro in precedenza compiuto dai motori dell'impianto di risalita per portare lo sciatore dalla base alla partenza, mostra come quasi tutta l'energia potenziale sia dissipata in aria e sulla neve per il lavoro negativo delle forze resistenti. Tale dissipazione avviene parzialmente in seguito all'attrito con la neve del percorso e con l'aria, mentre la parte rimanente, preponderante, serve a tagliare, frantumare e gettare via la neve. La frenata compiuta a ogni curva richiede allo sciatore un ingente dispendio di energia, così come la continua ginnastica necessaria per i cambi di posizione. Durante la discesa la frequenza cardiaca raggiunge rapidamente valori massimali e, secondo generale consenso, contemporaneamente viene raggiunto il massimo consumo di ossigeno. I moderni sciatori alpini hanno una potenza aerobica ragguardevole; inoltre lo sci alpino migliora le caratteristiche cardiorespiratorie dei praticanti. All'arrivo di una gara di slalom la lattacidemia ha valori vicini a quelli misurabili dopo sforzi sovramassimali di pari durata. Circa il 42% dell'energia utilizzata nel gigante dovrebbe provenire dalla combustione di glucidi. Quindi una buona funzionalità del sistema cardiorespiratorio è importante per lo sciatore alpino. Circa il 55% dell'energia viene prodotta dalla scissione lattacida del glicogeno e il restante 3% dalla scissione dell'adenosintrifosfato (ATP, Adenosine triphosphate) e del creatina fosfato (CP, Creatine phosphate) endomuscolari. Da ciò consegue che gli sciatori devono avere abbondanti masse muscolari.
Come si è visto, il discesista arriva al traguardo con una energia cinetica di circa 50.000 J. Per fermarsi dopo il traguardo, deve dissipare, in una ventina di metri, tutta l'energia cinetica accumulata e questo spiega, almeno parzialmente, le imponenti masse muscolari degli sciatori. Le ginocchia sono in parte flesse e i muscoli anteriori della coscia devono sostenere una forza media di 2500 N, pari a tre volte il peso dello sciatore, con valori di picco ancora più elevati. Da meno di un decennio gruppi di ricercatori austriaci, tedeschi e anglosassoni hanno incominciato a misurare le forze verticali esercitate sullo sci. Inoltre è stato possibile implementare le misure con immagini che mettono in relazione i movimenti dello sciatore con le forze. Anche l'attività elettrica prodotta dai muscoli degli arti è stata misurata per avere un indice della forza sviluppata dai singoli muscoli. In una manche di slalom gigante di 80 s, la forza verticale esercitata su uno sci oscilla, per ognuna delle 41 curve, da 1000 a poco meno di 4000 N. Tutta questa forza deve essere esercitata contro il terreno per ottenere la componente centripeta necessaria per curvare. La fisiologia del muscolo distingue tre tipi classici di contrazione. Nella contrazione concentrica il muscolo produce forza e si accorcia (per es. quando l'avambraccio solleva un peso); nella contrazione eccentrica il muscolo produce forza e si allunga (per es. quando si scende uno scalino e i muscoli anteriori della coscia si contraggono per frenare la caduta); nella contrazione isometrica il muscolo produce forza ma la sua lunghezza non cambia (per es. quando con una mano si regge la maniglia di una valigia). Vi è un quarto tipo di contrazione che da decenni occupa gli specialisti di fisiologia applicata all'esercizio, il cosiddetto ciclo stiramento/accorciamento studiato dal milanese G. Cavagna. Quando si corre, nel momento in cui il piede si appoggia al terreno i muscoli estensori degli arti vengono stirati mentre sono contratti (contrazione eccentrica) e immagazzinano un'energia che nella fase successiva di spinta rende la contrazione eccentrica particolarmente efficace in termini di potenza e di economia di esercizio. In una curva di slalom gigante i muscoli estensori del ginocchio e dell'anca della gamba interna utilizzano questo tipo di contrazione a partire dal momento in cui il bastoncino viene appoggiato nella neve. Tutto ciò non avviene per la gamba controlaterale. I movimenti di flessoestensione sono in entrambi gli arti più evidenti a carico dell'anca che della coscia.
La forza d'attrito dello sci con la neve dipende dal peso dello sciatore, dalla temperatura della neve e dalla direzione del moto dello sci rispetto alla neve: richiederà meno forza trascinare in piano uno sciatore con una fune in direzione parallela piuttosto che ortogonale rispetto agli sci. Quando lo sciatore inizia la curva, deve spostare lateralmente gli sci vincendo l'attrito. Otterrà facilmente questo risultato, se l'azione viene ricercata all'inizio della flessione delle tre principali articolazioni dell'arto inferiore: il peso apparente è molto basso e l'attrito irrisorio. In seguito diverrà molto utile aumentare bruscamente l'attrito per 'tirare' la curva. Questo può essere ottenuto sia sfruttando le lamine sia estendendo le articolazioni e aumentando il peso apparente. Osservando alcuni sciatori si può vedere che le curve vengono eseguite con spruzzi laterali di neve. Negli Stati Uniti e in Giappone esperti di glaceologia e di fresatura dei metalli si sono occupati di questo particolare aspetto dello sci. I loro studi risultano notevolmente importanti perché hanno fornito le basi teoriche per la costruzione di sci con nuove forme. L'interazione tra sci e neve genera due tipi di forze di differente grandezza che dipendono dall'orientamento dello sci rispetto alla linea di progressione e dalle caratteristiche geometriche e fisiche degli sci. La skidding force, o forza di scivolamento, viene generata lungo il bordo inferiore dello sci quando il bordo abrade la superficie della neve. Queste forze sono state estesamente studiate in laboratorio su superfici ghiacciate. Quando la parte posteriore dello sci si flette, l'attrezzo assume una forma per cui le traiettorie dei punti disposti sul margine non hanno più alcuna componente di velocità normale rispetto al bordo. I margini scorrono sulla superficie della neve senza triturarla. Si genera così la cosiddetta carving force, o forza di intaglio. In genere occorre meno forza per tagliare che per abradere la neve. La caratteristica sagomatura degli sci di più recente costruzione ha lo scopo di aumentare il più possibile il taglio della neve. Gli studi teorici derivano dalle conoscenze acquisite nel campo del taglio dei metalli. Il raggio minimo di curva è funzione della lunghezza del bordo dello sci pressata contro la neve e del grado di restringimento della superficie nella parte centrale rispetto alla sue due estremità. Si trovano in commercio vari modelli di sci con un raggio di taglio che può variare da 16,1 a 66,9 m. In genere uno sci che permette curve strette presenta problemi di controllo ad alta velocità.
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