sciamanesimo
Credenze e pratiche rituali riscontrabili in vari contesti etnografici, incentrate sulla figura dello sciamano. Il termine sciamano, attestato per la prima volta nel 1698 in russo, deriva dal tunguso šaman (turco kam, mong. bögä); spesso viene utilizzato in maniera impropria come sinonimo di stregone, mago, guaritore. In effetti lo sciamano ha attribuzioni e facoltà che lo distinguono dalle altre figure «magiche», con le quali, peraltro, convive all’interno delle stesse comunità: in primo luogo è psicopompo, signoreggia il fuoco e può compiere il volo magico; ma, soprattutto, lo caratterizza la tecnica per mezzo della quale egli realizza le sue azioni, ovvero ciò che viene sintetizzato da M. Eliade nella formula «sciamanismo=tecnica dell’estasi». La capacità dello sciamano di «viaggiare» nel mondo degli spiriti si realizza attraverso uno stato di trance non casuale, ma deliberatamente ricercato mediante procedimenti sperimentali e con l’aiuto di mezzi atti a indebolire il livello di coscienza, quali le cantilene, il rullare continuo del tamburo, l’uso di narcotici e allucinogeni; alla sua esperienza assiste tutta la comunità, partecipe in quanto si tratta di una funzione di utilità pubblica. Durante lo stato estatico, l’anima dello sciamano abbandona il corpo e intraprende l’ascensione al mondo degli spiriti per servirsi dei loro poteri, per ricercare l’anima del malato da ricondurre sana al suo corpo, per accompagnare l’anima del defunto nell’aldilà in modo che non possa tornare a minacciare i vivi. Lo sciamano non diventa tale per scelta o attraverso iniziazione (anche se ci sono complessi riti iniziatici), ma per «chiamata», predisposizione, che si può concretizzare anche attraverso esperienze personali tragiche. L’insegnamento ha grande importanza, sia per sottomettere al controllo di una tecnica sperimentata l’insorgere delle manifestazioni che rivelano il futuro sciamano, sia per portare alla luce la vocazione; questo soprattutto nei casi di trasmissione ereditaria (molto diffusa) che, sempre, deve essere confermata dalla propensione all’esperienza estatica. Generalmente gli sciamani sono di sesso maschile, ma, soprattutto nelle società agricole e contadine, sono numerose le donne sciamano, che hanno particolarmente sviluppato il carattere di guaritori dell’anima e del fisico e la conoscenza delle erbe; presso alcuni gruppi lo sciamano rappresenta ancora l’unione dei principi femminile e maschile. Lo s. è presente tanto tra i popoli raccoglitori-cacciatori che tra gli allevatori-nomadi e nelle società agricole: convive al fianco di religioni e credenze diverse. Dal punto di vista della sua diffusione geografica lo troviamo in tutti i continenti (in Africa in misura minore), ma sua «terra di elezione» è l’Asia centrale e settentrionale, dove costituisce un tratto culturale unificante, pur con le differenze regionali, tra le popolazioni altaiche, uraliche, paleo-siberiane con propaggini tra gli eschimesi e gli ainu (Hokkaido). Lo s. centro-asiatico ha tutti i caratteri distintivi (viaggio estatico, volo magico, ascensione al cielo e discesa agli inferi, dominio sulle anime, chiaroveggenza e divinazione ecc.) di solito presenti solo parzialmente nelle altre aree. Su di esso abbiamo le più antiche testimonianze nelle fonti classiche: in Erodoto è descritta una cerimonia, intesa dallo storico greco come un rito di purificazione, che è stata messa a confronto con un rito sciamanico di accompagnamento dell’anima del defunto cui W. Radloff assistette nel luglio del 1860 nell’Altai; lo stesso Erodoto e il trattato attribuito a Ippocrate Dell’aria, delle acque, dei luoghi (5° sec. a.C.) descrivono gli enarei, una comunità sacerdotale degli sciti, probabilmente sciamani «professionali», caratterizzata dall’alterazione della identità sessuale.