sciatalgia
Dolore irradiato lungo l’arto inferiore, nel territorio delle radici spinali che formano il nervo sciatico (L4-S3). La s. è solitamente causata da un danno delle radici lombosacrali (➔ radicolopatia), dovuto alla compressione esercitata da una ernia del disco intervertebrale. In alternativa, la radice può essere compressa da un osteofita che restringe il recesso laterale o il forame di coniugazione. In alcuni casi il dolore origina acutamente dopo un trauma (caduta accidentale, movimenti molto bruschi, sforzo); spesso compare più lentamente, nel giro di giorni o settimane, nella maggior parte dei casi preceduto da episodi di dolore lombare. Il dolore è solitamente intenso e limita i movimenti del tronco e dell’arto inferiore. Il paziente tende ad assumere posizioni che riducono la tensione delle radici; in ortostatismo tende a flettere la colonna anteriormente e verso il lato del dolore; a letto il decubito è su un fianco ad arti inferiori flessi. Frequentemente il dolore origina dalla regione lombare e si distribuisce all’arto inferiore (lombosciatalgia). Si possono accompagnare ulteriori disturbi sensitivi, come sensazione di addormentamento, formicolio e deficit di forza. La distribuzione del dolore e dei deficit sensitivi e motori dipende dalla radice compromessa. I disturbi motori più frequenti riguardano i movimenti di flessoestensione del piede.
Dal punto di vista diagnostico riveste primaria importanza l’esame neurologico che evidenzia segni positivi (dolore) e negativi (ipoanestesia, assenza/riduzione di un riflesso osteotendineo, deficit di forza) a carico del territorio di distribuzione sensitiva e della muscolatura di pertinenza della radice spinale compromessa. Durante l’esame neurologico il dolore è solitamente evocato dalle manovre che producono uno stiramento delle radici spinali: quella eseguita più spesso è la manovra di Lasegue: flessione passiva della coscia sul bacino a gamba estesa. Mentre nel soggetto sano l’arto può essere portato fino in verticale (90°), nel paziente con s. la manovra evoca dolore e resistenza muscolare anche per minime escursioni. Approfondimenti diagnostici sono gli esami radiologici e l’esame elettromiografico. Tra gli esami radiologici il più accurato è la risonanza magnetica (RM) lombosacrale che mette in luce le alterazioni degenerative spondilodiscoartrosiche della colonna e la presenza dell’ernia discale e il contatto tra questa e una radice spinale. L’esame elettromiografico è utile nell’individuare con accuratezza la radice spinale coinvolta e nello stabilire la severità del danno nervoso. L’esame elettromiografico è potenzialmente doloroso (sono utilizzati ago-elettrodi che vengono inseriti nella muscolatura di pertinenza delle radici spinali lombosacrali). Inoltre la sua normalità non esclude un danno della radice spinale, perché molto spesso è coinvolto esclusivamente il contingente sensitivo, e l’esame elettromiografico fornisce informazioni unicamente sull’integrità anatomofunzionale del contingente motorio. Per questi motivi l’opportunità, l’indicazione e l’interpretazione dell’esame vanno sempre stabilite e correlate a un accurato esame neurologico.
Il trattamento della s. si fonda sulla terapia medica, chirurgica o fisica. La terapia medica, che rappresenta la terapia di scelta nella fase acuta, consiste nell’utilizzo di farmaci analgesici, antinfiammatori e miorilassanti. I farmaci analgesici più utilizzati sono i FANS, tra cui ibuprofene, diclofenac, ketorolac, ketoprofene. Soprattutto se insorta acutamente, per la s. trova indicazione anche l’utilizzo di corticosteroidi, come betametasone o prednisone. I corticosteroidi, infatti, svolgono una efficace azione antinfiammatoria e comportano la riduzione dell’edema associato all’ernia discale, che spesso rappresenta l’elemento determinante nelle dimensioni dell’ernia e quindi nella compressione della radice spinale. I miorilassanti (tra i più utilizzati tiocolchicoside e pridinolo) sono utili principalmente nel ridurre la contrattura della muscolatura lombare che solitamente accompagna la s. e partecipa al dolore nelle forme di lombosciatalgia. La terapia chirurgica prevede la rimozione della ercompronia discale che comprime la radice spinale. Il giudizio sull’opportunità della terapia chirurgica deve essere fondato non solo sugli accertamenti radiologici ed elettromiografici, ma in partic. sulla visita neurologica. Comunemente si ritiene che in assenza di segni di deficit motori la terapia chirurgica non sia vantaggiosa. La terapia fisica (fisiochinesiterapia, ginnastica posturale, nuoto) è controindicata nella fase acuta, in quanto può peggiorare la sintomatologia, ma rappresenta nel lungo termine uno degli strumenti più utili nel ridurre le probabilità di incorrere in nuovi episodi.