Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel corso del secolo emergono concezioni della vita che riconducono le funzioni tradizionalmente attribuite all’anima ad agenti corporei, in particolare agli spiriti, fluidi tenuissimi e volatili generati dal sangue e dall’aria. Le ricerche sulla generazione sono soprattutto di carattere teorico e concernono la funzione del seme e la modalità della formazione delle parti del nascituro. Solo a fine secolo hanno luogo i primi studi di carattere empirico sullo sviluppo dell’embrione. La nascita dei cosiddetti mostri, ritenuta un evento che fuoriesce dall’ordine naturale, è tema che cattura l’attenzione di medici, filosofi e teologi. Interpretati come segni della collera divina, i mostri divengono progressivamente oggetto di ricerche mediche.
Per Aristotele, un corpo vivente è un corpo provvisto di organi e dotato di anima, la quale ne è la forma ed è da esso inseparabile. L’eredità aristotelica determina gran parte degli studi cinquecenteschi intorno ai fenomeni biologici, che si intrecciano alle questioni relative all’origine e alle facoltà dell’anima. Secondo la filosofia aristotelica, la differenza tra i corpi viventi e non viventi è data dalla presenza o meno dell’anima, cui sono ricondotte le funzioni e le attività delle piante, degli animali e dell’uomo. Aristotele distingue tre generi di anima che costituiscono una serie con un ordine definito, tale che ogni anima presuppone tutte le precedenti. Al livello più basso è collocata l’anima nutritiva, che esiste in tutti gli esseri viventi o animati (piante, animali e uomini); segue l’anima sensitiva presente negli animali e negli uomini; infine l’anima intellettiva, propria dell’uomo.
Nella Margarita philosophica (1503) del filosofo tedesco Gregor Reisch, un libro di testo largamente diffuso nel Cinquecento, la classificazione aristotelica riceve una trattazione sistematica: all’anima vegetativa sono attribuite le facoltà della generazione, della crescita e del movimento; all’anima sensitiva il moto e la percezione, all’anima intellettiva memoria, volontà e intelletto. L’anima superiore include i poteri di quelle inferiori, cosicché l’anima intellettiva include anche le facoltà vegetative e sensitive. Le facoltà vegetative sono localizzate nel fegato, quelle sensitive nel cuore, quelle intellettive (che comprendono i moti volontari) nel cervello.
A questa dottrina dell’anima si affianca la teoria, elaborata dai medici – da Galeno e dagli arabi – degli spiriti quali agenti delle funzioni vitali. Gli spiriti sono di tre tipi: naturali, vitali e animali, prodotti rispettivamente nel fegato, nel cuore e nel cervello. Una concezione presente nei trattati medici (e in alcuni testi di filosofia) afferma che gli spiriti costituiscono un intermediario tra anima e corpo. Sono strumento dell’anima e svolgono molteplici funzioni, dalle più semplici, quali vegetazione e moto, fino alle più elevate, come sensibilità e immaginazione. Le teorie mediche sugli spiriti sono sviluppate dal filosofo cosentino Bernardino Telesio, sostenitore di una concezione materialistica della vita, per la quale la materia è dotata di vita.
Pur ammettendo l’esistenza di un’anima immortale nell’uomo, Telesio attribuisce i poteri dell’anima a un principio materiale formato di materia calda e finissima, lo spirito, che è dotato di moto, percezione e sensibilità. Telesio non è isolato nella rivalutazione degli spiriti e riduzione del ruolo dell’anima nei processi vitali e cognitivi. Influenzato dalle concezioni neoplatoniche, il medico francese Jean Fernel (1497-1558) asserisce che lo spirito è sede dell’anima e delle sue facoltà. Il principio vitale degli organismi viventi è secondo Fernel lo spirito, sostanza finissima, eterea, diffusa in tutto l’universo. Lo spirito è l’elemento attivo da cui dipende la nascita, crescita e conservazione degli esseri viventi.
Di notevole originalità è la concezione dello spirito e dell’anima del medico e teologo spagnolo Michele Serveto, bruciato a Ginevra perché ritenuto eretico. Serveto ritiene che gli spiriti prodotti nel cervello svolgano tutte le funzioni superiori, anche quelle cognitive, finendo così per identificare l’anima con gli spiriti, la cui origine ultima è nel sangue e nell’aria inspirata. Le opere di Serveto sono condannate sia dai cattolici che dai protestanti cosicché le sue teorie esercitano scarsa influenza sulle ricerche medico-filosofiche.
Le teorie aristoteliche sulla generazione dominano le discussioni mediche e filosofiche del Cinquecento. Per Aristotele, ciò che rende fertile il seme è lo pneuma in esso contenuto: una sostanza di natura ignea, di origine celeste, non elementare, dotata di una virtù generativa.
Secondo Aristotele il seme maschile – che contribuisce alla generazione per mezzo della sua virtù formatrice – fornisce forma e movimento, non la materia, che è fornita dalla femmina. Inizialmente, la materia è priva di parti, che si sviluppano per epigenesi, in successione, a cominciare dal cuore. Rifacendosi a Ippocrate e a Galeno, Fernel propone una teoria della generazione differente da quella aristotelica. Secondo Fernel, il seme non è fatto di una materia semplice e omogenea come credeva Aristotele, ma si compone di parti molli, dotate di uno spirito attivo, e di parti solide che ne sono prive. Nel seme, lo spirito separa le parti spesse e fredde da quelle calde e sottili, formando le differenti parti di cui consta l’embrione. Per Fernel non c’è una successione cronologica a cui il principio formativo presente nel seme si atterrebbe, poiché nell’embrione tutte le membra si generano simultaneamente; l’unica differenza sta nella dimensione, cosicché alcune membra divengono visibili prima delle altre.
La teoria epigenetica è difesa – con argomenti non aristotelici – dal medico danese Petrus Severinus, seguace di Paracelso. La concezione di Severinus è antimaterialistica e vitalistica: egli afferma che il seme è un’entità spirituale che, presente in tutte le parti del corpo, raggiunge la perfezione negli organi della generazione. Nel seme, secondo Severinus, non sono presenti parti dissimili preformate: la molteplicità degli organi emerge da una virtù intrinseca al seme, una specie di “programma” di cui sono dotati gli spiriti in esso contenuti. Il seme è vivo, dotato di moto e agitato da una pulsazione. Gli spiriti contenuti nel seme si ispessiscono e di conseguenza si producono le parti corporee; tra queste hanno la priorità sangue e cuore, ma non in quanto parti materiali, bensì come portatori dello spirito vitale.
Mentre Fernel e Severinus propongono argomenti di carattere eminentemente teorico, Ulisse Aldrovandi (1522-1605) arricchisce le indagini sulla generazione con dati osservativi. Aldrovandi segue lo sviluppo del pulcino aprendo le uova a intervalli regolari; questo metodo viene seguito anche dall’olandese Volcher Coiter, che scopre il blastoderma ed è il primo a fare una descrizione completa dello scheletro del feto, e da Girolamo Fabrici d’Acquapendente, che studia l’embriologia di numerosi vertebrati.
Per tutto il XVI secolo è accettata la dottrina della generazione spontanea, secondo la quale alcune specie (soprattutto gli insetti) sarebbero generate non da altri organismi viventi, ma da trasformazioni della materia, ossia – secondo la dottrina aristotelica – da processi di putrefazione e dall’azione del sole, che è fonte del calore vitale. Questa concezione giunge a un esito estremo con l’aristotelico Andrea Cesalpino, secondo il quale dalla putrefazione possono generarsi tutti gli esseri viventi, compreso l’uomo.Nel pensiero di Giordano Bruno la generazione spontanea si basa sul materialismo lucreziano: l’universo di Bruno è animato e dotato di vita, in quanto nella materia vi sono i semi di tutte le cose. Nella natura è presente un ciclo continuo di generazione e corruzione di un’unica materia animata, un processo che coinvolge anche l’uomo, cosicché – secondo Bruno – non esistono né un primo animale, né un primo uomo.La generazione spontanea è sostenuta anche da Paracelso, il quale ritiene che gli animali nati da processi di putrefazione (tra i quali include serpenti, rospi e scorpioni) siano tutti velenosi. Secondo Paracelso, sottoponendo il seme dell’uomo a un processo di putrefazione, è possibile generare quello che lui definisce homunculus: un uomo artificialmente prodotto nel laboratorio dell’alchimista, simile agli esseri umani.
La nascita dei mostri rappresenta un problema di non facile soluzione per la scienza e la teologia. Medici, scienziati e teologi si chiedono cosa siano, da dove nascano e perché si generino i mostri. Nella visione medievale essi sono una trasfigurazione allegorica dei mali del mondo e pertanto corpi maligni, segni della collera divina per i peccati degli uomini. Ancora nel Cinquecento, quando i confini tra naturale e soprannaturale sono labili, i mostri, come del resto eventi straordinari sulla terra e nei cieli, sono presagi di sventure collettive, ovvero segni del volere divino da interpretare alla luce delle vicende politico-religiose del tempo. Frequente è l’utilizzazione di prodigi e mostruosità a scopo di propaganda religiosa nel contesto dei conflitti tra confessioni religiose. Tra i protestanti si diffonde un’interpretazione in chiave escatologica, ovvero l’idea che mostri e altri prodigi siano segni dell’imminente fine del mondo. Descrizioni di mostri (in molti casi di carattere immaginario) sono pubblicate con immagini in opere a stampa e in fogli volanti, al fine di accrescere lo stupore e conferire credibilità alla narrazione. Testimonianze di medici, prelati, notai e uomini illustri sono spesso addotte per render credibile l’evento straordinario. Pur non perdendo il carattere di prodigi, le nascite mostruose, ritenute eventi che fuoriescono dall’ordinario corso della natura, divengono progressivamente oggetto di indagini mediche e filosofiche, che ne ricercano le cause indipendentemente da considerazioni di carattere morale. Gli argomenti per spiegare l’origine dei mostri sono i più vari: scherzi della natura, organismi incompiuti, che non sono riusciti a raggiungere il loro fine, prodotti da un difetto della materia o del calore del seme, dall’immaginazione della madre, o da rapporti tra esseri umani e animali. Non manca il ricorso a cause meccaniche, quali la ristrettezza dell’utero o l’unione delle parti, come nel caso di gemelli siamesi.