Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Una nuova fase della storia cinese si deve all’imperatore Yong Le, della dinastia Ming. Egli sposta la capitale a Pechino, rendendola una città monumentale, e amministra lo Stato con grande accortezza: riorganizza l’amministrazione territoriale e il sistema fiscale, favorisce un ceto che resterà dominante per tutta la durata della dinastia, fino al XVII secolo.
Fondata da un cinese di umili origini, che capeggia una delle tante rivolte che costellano gli ultimi anni della dinastia mongola degli Yuan, e che riesce a dominare un territorio sempre più vasto grazie a un’accorta amministrazione civile e militare delle zone occupate, la dinastia Ming dura dal 1368 al 1644. Nel secolo XV si avvicendano otto imperatori. Quello più importante è ricordato con il nome dell’era dinastica Yong Le. È lui a riedificare Pechino e a spostarvi la capitale da Nanchino (1421), facendo erigere imponenti mura perimetrali, la maestosa Città Proibita, palazzi, strutture pubbliche e templi che ancora oggi testimoniano la sua grandezza. Al ripristino architettonico fanno da coronamento disposizioni governative accorte e sensate che riorganizzano il territorio, ristrutturano il sistema legale e fiscale, ripristinano il sistema educativo e gli esami di selezione dei funzionari; prende allora vita un ceto dominante che di fatto egemonizza la vita economica, politica e culturale non soltanto del secolo XV, ma dell’intero periodo Ming.
L’economia monetaria risente negativamente di due provvedimenti: il ritorno alla moneta tradizionale in rame, il sapeco, e l’eliminazione dei certificati di credito in carta. Si potrebbe fare la storia della Cina usando come indicatore il livello di produzione del rame, tanto esso è influente sull’economia e dunque sulla società; il secolo XV è uno di quelli in cui il metallo scarseggia, così si consente anche l’uso di monete d’altri tempi, il cui corso era ufficialmente scaduto.
In definitiva, pur circolando poche monete, si innesca il caos monetario. A complicare ancora di più le cose, il fatto che già dalla metà del secolo le forti importazioni di argento (dai Giapponesi, e quello messicano dagli Spagnoli) rendono circolante il prezioso metallo, e le autorità lo scelgono come mezzo per pagare le tasse. Una vera confusione, nella quale ci guadagnano soprattutto i funzionari esattori, che usano gli strumenti e le unità di peso a loro discrezione, e quei pochi artigiani privati che nelle province detengono la metallurgia dell’argento. Quanto alla cartamoneta, già in uso in epoca Song e molto diffusa con gli Yuan, è dapprima adoperata anche dai Ming, ma poi, in seguito ai processi di inflazione e svalutazione, ne viene ridotto l’uso, consentendone soltanto una specie, il Bao Chao, che rimane in vigore per tutta la durata della dinastia ma senza alcuna evoluzione.
Utilizzando la circolazione ufficiale delle monete come indicatore (e stimolatore) di quei processi di astrazione legati alla scienza, constatiamo che il secolo XV (e un po’ tutta l’epoca Ming), pur stabile politicamente, ma con un’economia monetaria in decadimento, non brilla in campo scientifico. Il risentimento verso i Mongoli che avevano sottomesso l’impero suscita sentimenti xenofobi e una chiusura culturale rispetto all’esterno. Vengono perseguiti modelli del lontano passato, delle grandi epoche Han, Tang e Song, e l’autocentrismo favorisce lo sviluppo di sentimenti di superiorità culturale e diviene causa del mancato rinnovamento in molti campi della cultura materiale, tecnologica e scientifica.
In poche parole, la Cina, che prima dei Ming era di molto avanti all’Occidente per quanto riguarda le intuizioni astratte alla base del pensiero scientifico (basti pensare ai concetti di vuoto e di infinito), e di gran lunga superiore per la precocità di quelle invenzioni e scoperte che condussero altrove a un veloce progresso (carta, magnetismo, polvere da sparo, ceramica ecc.), durante i Ming perde terreno. Lasciate alle spalle le brillanti prove dei numerosi algebristi Song e Yuan, nel secolo XV non si mette in luce alcun matematico. Dal punto di vista filosofico, al più celebre e influente idealista dell’epoca, Wang Yangming, si attribuisce addirittura la responsabilità di essere stato nocivo allo sviluppo delle scienze naturali e al metodo scientifico. Infatti, la sua posizione sul gewu (indagine delle cose) è più sbilanciata verso l’introspezione che non favorevole all’investigazione dei fenomeni recepiti dai nostri sensi.
L’unico campo in cui il XV secolo cinese si fa notare dal punto di vista della storia della scienza è quello del perfezionamento delle tecniche marinare, maturato nell’ambito delle grandi navigazioni oceaniche di Zheng He, dell’etnia musulmana Hui, eunuco e ammiraglio della flotta imperiale. Ricordiamo che in Cina dal II secolo a.C. è adottato il timone a dritto di poppa (in Europa solo nel XIII); nel II secolo sono inventati i compartimenti stagni (la prima camera stagna per imbarcazione utilizzata in Europa è del 1795) e quelli inondabili (in Occidente nel 1712); al III secolo risale la disposizione della vela al quarto; nel VI appaiono le prime navi dotate di ruote a pala azionate da un cilindro, che si diffondono soprattutto in epoca Song (le più importanti sono del 1130, mentre in Europa i primi tentativi di realizzare barche mosse da meccanismi simili risalgono al 1543); a partire dal secolo VIII si comincia a blindare gli scafi per difesa (in Europa nell’XI sec.) e, tra l’850 e il 1050, quello della bussola in navigazione (in Europa nel XII).
Nel secolo XV, sotto l’imperatore Yong Le, la flotta Ming è la più grande e la più potente al mondo, con 3800 imbarcazioni, di cui 1350 da combattimento, e un’accorta politica di riforestazione nella regione di Nanchino permette il costante approvvigionamento di legno per costruire nuove navi e per le riparazioni. A Xingjiangkou, vicino Nanchino, stazionano permanentemente 400 navi da guerra, e altrettante per il trasporto di grano. In più, la flotta vanta circa 300 grandi navi per le lunghe distanze, come quelle usate da Zheng He. Egli partecipa a sette spedizioni oceaniche, la più nota delle quali tra il 1431 e il 1433. La sua flotta è composta da circa 280 navi (di cui 62 di grande stazza); tra uomini d’equipaggio e ufficiali sono imbarcati almeno 27 mila uomini, ed è documentato che visita 20 Paesi, da Java fino a La Mecca, facendo scalo sulle coste orientali dell’Africa e ampliando così le conoscenze geografiche dei Cinesi.
Nel 1962 la scoperta di un gigantesco timone d’epoca (lungo 6 m, con la costola di 38 cm di diametro e alta 11 m) avvenuta nei pressi di Nanchino, dove sorgevano i cantieri navali d’epoca Ming, ha consentito, assieme a fonti scritte, di calcolare le dimensioni del vascello ammiraglio di Zhang He: lungo 140 metri (30 metri in più della Santa Maria che Cristoforo Colombo conduce in America nel 1492), con una stazza di circa 1500 tonnellate (i vascelli più grandi usati da Vasco Da Gama erano di circa 300 tonnellate). Va notato che le vele cinesi, fatte di listelli di bambù legati l’uno all’altro (consuete sin dal II secolo) e non di stoffa come quelle delle navi europee, potevano essere manovrate dal ponte mediante funi, carrucole e altri congegni, dispensando i marinai dall’arrampicarsi sugli alberi dell’imbarcazione per le necessarie ma pericolose operazioni atte a sfruttare al meglio il vento.
Tra i compiti della flotta imperiale vi è anche quello di trasportare il grano e altre derrate alimentari, nonché i tributi agricoli, da sud a nord, verso la capitale. Nel 1411, un ingegnere, Song Li, perfeziona il sistema di approvvigionamento idrico del Grande Canale, costruendo serbatoi e sistemi di drenaggio da corsi d’acqua vicini; in questo modo, per tutto l’anno, anche in epoche di siccità, l’importante via d’acqua è sempre praticabile. Da allora, il movimento del grano avviene prevalentemente su questo canale ma nel 1415 viene abolito con un editto il trasporto marittimo. In seguito, sia per strategia militare che per accresciuto disinteresse per tutto ciò che non era cinese, scoperte geografiche comprese, e per il conseguente declino tecnico, la flotta rimane in secondo piano, perdendo l’importanza che aveva avuto durante la prima metà del XV secolo.