SCILLA (Σκύλλη in Omero; Σκύλλα)
1°. - Mostro marino che nell'Odissea di Omero, abita una grotta nel fortunoso stretto di Sicilia, di fronte a Cariddi, a sterminio dei naviganti. In Omero S. ci appare come una creatura di indescrivibile orrore, con dodici piedi e sei bocche bramose su lunghi colli che emettono acuti latrati come di un giovane cane. In seguito, forse per effetto dei poemi di Stesicoro, in particolare la Geryonèia, che descriveva il passaggio di Eracle attraverso il periglioso stretto, S. acquista l'aspetto tradizionale, a metà umano e decisamente femminile, con una lunga coda pisciforme alla maniera di una tritonessa o di una Echidna e con protomi di cani furiosi emergenti dai fianchi o dalle spalle. La creatura acquista anche una genealogia e viene detta figlia di Phorkys e di Ekate come di Kratais oppure di Lamia.
La tradizione ricorda tre dipinti raffiguranti S. ad opera dei pittori Androkydes, Nikomachos e Phalerion, per quanto solo nel primo caso sia sicuro si tratti della nostra S. mostro marino e non dell'eroina omonima figlia di Niso. Mostri marini di aspetto non chiaro in monumenti micenei sono stati tentativamente ricondotti da F. Studniczka al tipo di S. specialmente quando appare in essi una testa apparentemente canina. Peraltro la più antica immagine sicura del mostro abbiamo in un monumento della prima classicità, un rilievo melio singolare per il carattere di quiete e quasi direi di raccolta castità della figura. La parte umana della creatura indossa un breve chitone a pieghe, i capelli raccolti entro un ben composto kekrỳphalos, l'atto di timida e nello stesso tempo dignitosa femminilità. La coda crestata si sviluppa in ondulazioni e lente spire, mentre protomi di cani emergono dai fianchi a tenue rilievo. Già nella seconda metà del V sec. a. C. peraltro nelle monete di Cizico e poi di Agrigento S. ci appare nuda nel busto, orgogliosamente navigante, a volte spiando da lontano nel gesto dell'aposkopèuon l'avvicinarsi di possibili prede. Da questo si sviluppa poi il tipo tradizionale con due code, per modo che la figura risulta pienamente a tutto tondo, impiantata solidamente su una viva corolla di code attorte, di tentacoli e di cani ruglianti, piattaforma mobile e mutevolissima che le conferisce il carattere organico di un polipo o di una medusa monumentale. Sotto questo aspetto S. diviene una delle personificazioni più vivide e immediate del mare infuriato. Un carattere distintivo della creatura è infatti la furia, la passionalità combattiva con cui si avventa contro le vittime che abbatte a colpi di remo. Mentre per la sua peculiare struttura globulare irradiata agevolmente s'inquadra nello spazio circolare di una moneta, della teca di uno specchio, l'emblema di un guttus campano, in una placca di armatura o di elmetto. A volte S. naviga con una testa di cane che le sporge dal ventre con la stessa funzionalità delle teste ferme che decorano la prora delle navi da guerra. A volte è provveduta di ali piumose come nella raffinata pittura di un sarcofago del IV sec. da Cartagine, a volte di ricurve e uncinate ali di pipistrello come in alcune urne etrusche. Nella maggior parte di questi monumenti minori sopra ricordati S. è impiegata per se stessa, senza alcun riferimento mitico. A volte indubbiamente un corpo umano resta impigliato tra i tentacoli e i ripieghi delle code: uno per ogni coda nella facciata della tomba rupestre detta La Sirena a Sovana (v.), e in urne etrusche di età ellenistica, particolarmente della necropoli di Perugia. Più spesso S. naviga imperturbabile con altri pesci e creature marine, talora come sfondo a storie mitiche del tutto indipendenti come quelle di Frisso e di Elle o di Perseo e Andromeda, unicamente allo scopo di evocare le condizioni del mondo marino. La immagine di S. in atto di sollevare come un'arma un timone di nave è frequente su urne cinerarie etrusche del III-II sec. a. C.
Nel noto mosaico da Tor Marancia nel Vaticano, in uno di Ostia e in una serie di gruppi ellenistici pervenutici tutti in condizioni estremamente incomplete, ritorna una S. passionale e combattiva, il nudo fresco e vigoroso, la testa proterva rabbiosamente arrovesciata come in atto di minaccia o di sfida. Questi gruppi, come del resto il noto contorniato del IV sec. d. C. o il mosaico di Tor Marancia sono d'altra parte da riferire alla tradizione del racconto omerico. Almeno sette repliche esistono di una figura di S. spesso di dimensioni maggiori del normale, mentre numerosi frammenti sono da riferire ai compagni di Ulisse presi entro le spire o azzannati da cani furiosi. Tra tutti peraltro il più impressionante per le dimensioni eccezionali e per la vastità degli sviluppi è il gruppo della grotta di Sperlonga (v.), di cui peraltro la ricomposizione non è ancora ultimata né definitiva. Fanno parte di questo gruppo non solo i compagni di Ulisse già preda del mostro, ma la nave stessa che li portava con un navigante attaccato alla prora ricurva. Di S. non resta che una grande mano molle e grassa che afferra crudelmente per i capelli uno dei naviganti. È da ricordare come nel caso di Sperlonga o di Villa Adriana il gruppo di S. e dei compagni di Ulisse doveva esser piazzato, come naturale, ai margini di uno specchio d'acqua.
La tradizione ricorda una S. di bronzo a decorazione dell'Ippodromo di Costantinopoli di cui peraltro nulla sappiamo. A S. sono state riferite le maschere colossali del Foro di Leptis che si alternano ai volti di Gorgone: non è da escludere che si tratti di altra creatura marina.
Monumenti considerati. - Rilievo melio: P. Jacobstahl, Die melischen Reliefs, Berlino 1931, n. 71. Monete, gemme: Imhoof-Blumer, Tier- u. Pflanzenbiider auf Münzen, Lipsia 1889, tav. 13. Hydrìa àpula di Napoli: Höfer, in Roscher, iv, c. 1046. Sarcofago punico: id., ibid., c. 1036. Urne etrusche: id., ibid., c. 1055; E. Brunn-R. Körte, I rilievi delle urne etrusche, iii, Berlino 1916, cap. iv, p. 25-40, figg. 6-8, tavv. xi-xxvii. Mosaico da Tor Marancia: B. Nogara, I mosaici del Vaticano, Milano 1910, tav. 6o. Mosaico di Ostia; G. Becatti, Scavi di Ostia, iv, Roma 1961, n. 71. Gruppo di Villa Adriana: Boll. d'Arte, xli, 1956, p. 57 ss. Gruppo di Sperlonga: G. Jacopi, L'Antro di Tiberio a Sperlonga, Roma 1963, p. 51 ss.
Bibl.: O. Waser, Skylla, Zurigo 1894; F. Studniczka, in Ath. Mitt., XXXI, 1906, p. 50 ss.; Höfer, in Roscher, IV 1909-15, c. 1631 ss., s. v. Skylla; Schmidt, in Pauly-Wissowa, III A, 1929, c. 647 ss., s. v. Skylla, n. i; Ch. G. Picard, in Antike Kunst, 5, 1912, p. 25, nota 43; R. Bianchi Bandinelli, G. Caputo, E. Vergara Caffarelli, Leptis Magna, Milano 1964, passim.
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