SCILLA (Σκύλλα, Scylla)
Figlia del re Niso di Megara, parricida e traditrice della patria per amore del nemico assalitore Minosse re di Creta. Fu naturalmente un ottimo soggetto per le composizioni tragiche dei Greci, e ciò condusse senza dubbio a una grande varietà nei particolari della saga, fermo restando i punti capitali, fra i quali si deve porre anche l'elemento dell'amore come determinante dell'azione. Nel racconto di Ovidio (Metamorph., VIII, 11-151), S. s'innamora del nemico da lontano, ammirandolo da una torre della città assediata, e dopo un monologo pazzescamente ragionato in un crescendo morboso risolve di strappare furtivamente a suo padre il rosso capello che rappresenta la vita e il destino sia del re sia della patria, e presentarsi con esso a Minosse per ingraziarselo. Alla ripulsa sdegnosa e alla partenza di Minosse, S. insegue la nave nel mare, e quando il padre, già mutato in uccello, le si precipita addosso, essa pure si trasforma nell'uccello che è detto ciris (e tale è il titolo del poemetto virgiliano su questo argomento).
Si narrò pure, in altra versione, della metamorfosi di S. in pesce invece che in uccello, e si capisce quindi la confusione (vedi anche Verg., Ecl., VI, 74) che si fece tra questa S. e quel mostro marino dalle sei teste e dodici piedi favoleggiato già in Omero (Odyss., XII, 85 segg.) e appaiato sempre a Cariddi (v.). Di questo mostro si narrò che era in origine una bellissima vergine e che, essendosi innamorato di lei Glauco ovvero Posidone, subì quella orribile metamorfosi per la gelosia di Circe o di Anfitrite (cfr. Ovid., Metamorph., XIII, 900 segg.; XIV, 1 segg.; Athen., VII, 297 B).
Arte. - Un mostro che ricorda quello descritto da Omero si trova su di una cretula di Cnosso e in un frammento di affresco del palazzo di Micene. Nell'arte greca il tipo più arcaico ci è conservato su monete di Cuma della metà del sec. V a. C., da cui dipendono quelle di Cizico e di Allife. Esso presenta, su un corpo pisciforme, un busto femminile coperto di chitone a lunghe maniche e avente su ambo le spalle una testa di cane; al posto delle mani ha pinne. In seguito le pinne divengono mani, e il busto è nudo (monete di Allibanon); quindi le protomi canine si spostano intorno alla vita a mo' di cinta e il corpo termina in due code, mentre la mano sinistra impugna un remo, un tridente o un timone: questo è il tipo più diffuso; infine si ha anche la S. interamente umanizzata, assisa su di un ippocampo (su moneta di Lipara). Su certe monete (di Turi, Taranto, ecc.) la troviamo ancora come ornamento di elmo, per es., di Pallade. S. appare alata su di un coperchio di specchio della fine del secolo IV a. C. da Eretria (Arch. Anz., 1894, p. 118, figura 15), e alata è pure spesso sui monumenti etruschi, nei quali il mostro greco si fonde, con delle varianti, con un demone marino femminile proprio del mondo etrusco. La diffusione della figura di S. come motivo decorativo è grandissima: si possono citare vasi (su quelli dipinti si inizia con i vasi a figure rosse di stile bello), specchi, armi, aggiunte ornamentali metalliche, rilievi di pietra e di terracotta, musaici, pietre incise, ecc. Ma anche nella grande arte si ebbero rappresentazioni di S. I pittori Androcide (Athen., VIII, p. 341 A), Nicomaco (Plin., Nat. Hist., XXXV, 109) e Falerione (Plin., ibid., 143) avrebbero dipinto il mostro; dell'opera di Nicomaco nel tempio della Pace a Roma si è voluta vedere un'eco in una pittura di Ercolano (W. Helbig, Wandgem. Campan., n. 1063).
Di una o più sculture colossali rappresentanti S. in lotta coi compagni di Ulisse, non restano che avanzi sparsi qua e là nei musei: tre protomi canine sorgenti tra le foglie della cintura del mostro divoravano ognuna un compagno, mentre un quarto compagno era tenuto dalla stessa S. Il gruppo sarebbe da riportarsi all'arte ellenistica di Rodi oppure di Pergamo.
G. Darier, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des Antiquités, s. v.; O. Waser, in Roscher, Lexikon der Mythologie, IV, s. v., coll. 1035-1064. Per il problema del contenuto della Ciris virgiliana, v.: A. Rostagni, Virgilio minore, Torino 1934.