scimia
Alle tradizionali facoltà mimetiche della s. (per le quali v. Alb. Magno Animal. XXI I 3-5; B. Latini Il Tesoro, ediz. Battelli, Firenze 1917, 185; Giacomo da Lentini Amore non vole ch'io clami 13-14; Chiaro Davanzati Palamidesse amico 11) si rifanno le osservazioni di Cv III VII 9 se alcuno volesse dire... che alcuna bestia fa atti o vero reggimenti, sì come pare de la scimia... rispondo che non è vero... che abbiano reggimenti, però che non hanno ragione, da la quale queste cose convegnono procedere.
Non in chiave limitativa pare debba tuttavia intendersi il richiamo alla s. nelle parole di Capocchio, falsario dei metalli (io fui di natura buona scimia [If XXIX 139], in rima unica con alchìmia; s. e ‛ alchimia ' rimavano già nel ricordato sonetto di Chiaro Davanzati: cfr. G. Contini, Il canto XXX dell'Inferno, in Lett. dant. 593; rist. in Varianti e altra linguistica, Torino 1970, 447-457): Capocchio fu " imitatore ", " contraffattore " delle cose di natura come la s. degli atti umani. I commentatori antichi insistono, relativamente a questo luogo, sull'abilità e sull'ingegnosità dell'animale (v. per es. la lunga nota dell'Ottimo). Singolare tra tutte la glossa di Benvenuto, per l'inaspettato rapporto metaforico D.-s.: " Et hic ultimo nota quod D., qui appellat istum simiam naturae, vere mihi videtur fuisse nobilior simia quam unquam aliquis alius, cum sciverit tam mirabiliter et subtiliter cognoscere naturas hominum cuiuscumque conditionis, professionis et fortunae et eorum mores et proprietates tam utiliter quam delectabiliter repraesentare ".
In VE I XI 7 D. afferma che i Sardi imitano il latino tanquam simiae homines.