sciogliere (isciogliere)
" Disfare una legatura ", in If XVI 109 Poscia che l'ebbi tutta da me sciolta (la corda di cui D. era cinto, con cui Virgilio chiama Gerione dall'alto burrato); ancora in tal senso si riferisce alle braccia disposte in croce da Bonconte da Montefeltro nel momento del pentimento, in Pg V 126 l'Archian rubesto... sciolse al mio petto la croce / ch'i' fei di me (" quando fo rivolto dall'acqua la crose delle brace se desfé ", Lana). Riferito alla serratura della porta del Purgatorio, in IX 108 Chiedi / ... che 'l serrame scioglia, vale " disserrare ", come pure riferendosi alla ‛ mala ', la " borsa ", in Fiore CLXXI 8 se non iscioglie prima la maletta, e Detto 314.
Col valore di " slegare ", " liberare ", in If XXI 44 mai non fu mastino sciolto / con tanta fretta a seguitar lo furo, ove l'intera espressione è chiamata a significare la velocità con cui il demonio, buttato giù un dannato, torna a prenderne altri; in altre attestazioni è proprio il participio ‛ sciolto ', col senso di " non legato ", a esprimere la facilità o rapidità del movimento, come in If XXX 108 ho io il braccio a tal mestiere sciolto, e Cv IV XXVI 6. Qui già si può notare che nelle attestazioni prevale la forma, spesso aggettivale, del participio passato.
Riferito a ‛ lingua ', esprime la scioltezza del parlare, come in If XIV 27 più al duolo avea la lingua sciolta, dove propriamente si rappresenta la frequenza dei lamenti per il maggior tormento dei violenti contro Dio. Significa invece " prosa " (cfr. il latino oratio soluta) l'espressione di If XXVIII 1 Chi poria mai pur con parole sciolte / dicer del sangue e de le piaghe a pieno / ch'i' ora vidi...? In Pd XXVII 131 poi divora, con la lingua sciolta, in contesto figurato, la contrapposizione dell'infanzia innocente con la maturità colpevole è vivificata dal confronto tra il balbutire infantile e lo sciolto parlare dell'adulto.
Ancora col senso di " non legato ", ricorre in If XX 53 con le trecce sciolte (detto di Manto), dove si tratta, più che di trecce, di capelli non legati (" idest crinibus resolutis ", Guido da Pisa; " in hoc tangit actum mulierum incantatricium, quae aliquando vadunt de nocte nudae cum crinibus sparsis... qualem ego vidi unam semel ", Benvenuto). In Pg XIII 131 porti li occhi sciolti, il participio significa " non cuciti " con filo di ferro come quelli degl'invidiosi (Sapia ha capito dal precedente discorso di D. che egli non è dei penitenti della seconda cornice). La stessa espressione ha valore diverso in If IX 73 Li occhi mi sciolse (nell'eventualità che si mostrasse la testa di Medusa che convertiva in pietra chi la guardava, Virgilio ha voluto che D. chiudesse gli occhi [tien lo viso chiuso, v. 55] ponendovi sopra le mani, e non contento vi ha posto sopra anche le sue, vv. 59-60).
Alquanto controverso è il valore di s. in Pg XXXII 149 seder sovresso una puttana sciolta / m'apparve; qui il dominante significato allegorico della scena ha spinto tutti i commentatori antichi e parte dei moderni a interpretare l'aggettivo in una prospettiva strettamente etica, quasi fosse rivolto, inopportunamente, al solo valore allegorico della figura della meretrice: " figurat... dissolutam praelationem Pastorum ", Pietro; " idest lubrica, dissoluta ", Benvenuto; " sfacciata, senza alcun rispetto ", Vellutello; " libera d'ogni freno ", Scartazzini-Vandelli; " senza ritegno ", Sapegno. Fu probabilmente il Tommaseo a proporre che l'attributo fosse prima della lettera e poi dell'allegoria, spiegando sciolta come " discinta ", qualificazione che bene si addice alla prima e alla seconda, e non è pleonastica come quelle prima citate (il Chimenz precisa: " piuttosto che ‛ sfrontata ', il qual concetto sarà espresso esplicitamente in séguito ").
Per " liberare da un impedimento ", in Pd IV 86 come fuoro sciolte, dove si tratta delle suore, Piccarda e Costanza, che, tratte fuori del chiostro contro la loro volontà, non vi ritornarono quando si trovarono libere di agire. In Pg II 89 così t'amo sciolta, con il valore di " separare ", significa la temporanea interruzione del legame tra corpo e anima. Ancora con valore figurato significa, nella forma riflessiva, " liberarsi ", in If XXII 123 dal proposto lor si sciolse: è Ciampolo di Navarra che con il noto stratagemma sfugge a Barbariccia rituffandosi nella pece della quinta bolgia. Analogo il significato del verbo in Pg VI 12 Tal era io in quella turba spessa / ... e promettendo mi sciogliea da essa.
In correlazione con ‛ legare ', figurato, s. ricorre, oltre che in Detto 74 (sonvi sì legato / ch'i' non vo' che Legato / già mai me ne prosciolga: / se n'ha altri pro', sciolga!), in Pg IV 12 questa è quasi legata e quella è sciolta, dove a seconda dell'interpretazione che si dà dell'intera terzina può significare " libera " nel senso di " non legata ", oppure non " impegnata " nel senso di " priva di attività "; come si sa, l'interpretazione dei vv. 7-12 è alquanto controversa: l'ipotesi che appare più convincente considera potenza (intellettiva), che coglie il trascorrere del tempo, come soggetto di sciolta, nel senso di non legata all'anima, ed è accolta, pur con varianti relative alle altre parti del brano, da Scartazzini-Vandelli, Parodi, Barbi, Chimenz, Steiner, ecc. Un'altra ipotesi (Tommaseo, Torraca, Porena, Pietrobono, Grabher, Sapegno, ecc.) intende i due participi come stati soggettivi delle diverse potenze (mentre una potenza opera, si lega alla percezione di una cosa e domina l'anima, l'altra è libera dal suo ufficio, inoperosa). Questa interpretazione, però, sembra vanificare quel rapporto delle potenze con l'anima che è evidenziato dalle ripetute indicazioni del testo (vv. 3, 8 e 11) e dall'importante notazione sulla teoria pluralistica (vv. 5-6). Inoltre, secondo il Del Lungo e il Fraticelli, è la facoltà che ode e vede il soggetto di sciolta, che vale " libera in dispiegare la sua attività "; secondo il Momigliano la facoltà " che dovrebbe percepire il tempo, è sciolta da esso, lontana da esso, non lo percepisce, è assopita ".
Il participio ritorna nell'espressione di un concetto affine in Pg XII 75 che non stimasse l'animo non sciolto, dove vale ancora " libero da un determinato impegno "; così anche in Pd XI 10 da tutte queste cose sciolto (" meque his exsolvite curis ", Aen. IV 652), dove il participio, anche per effetto della rima, appare in antitesi col precedente involto (v. 6), significando la condizione di libertà che si attua nella meditazione teologica (" quando io ispeculava in teologia ", Ottimo; il Tommaseo qui bene cita Boezio Cons. phil. I III 14 " nos desuper irridemus vilissima rerum quaeque rapientes, securi totius furiosi tumultus eoque vallo muniti, quo grassanti stultitiae aspirare fas non sit ").
Significa il disimpegno da una determinata attività, in Pg VIII 111 L'ombra [di Corrado Malaspina]... non fu da me guardare sciolta (dov'è da sottolineare il valore aggettivale del participio, che qui è predicato nominale) e Pd X 79 donne... non da ballo sciolte, " separate e partite " (Buti).
Di notevole interesse è la variante e ogne permutanza credi sciolta (invece di stolta) in Pd V 58, dove il vocabolo dovrebbe valere " nulla ", " invalida " (cfr. Petrocchi, ad locum).
V. anche DISCIOGLIERE.
Bibl. - L. Filomusi Guelfi, Studii su D., Città di Castello 1908; G. Calò, recens. a G.B. Zoppi, Psicologia dantesca, in " Bull. " XX (1913) 255 ss.; B. Nardi, Due note al ‛ Purgatorio ', in " Giorn. d. " XXII (1914) 237 ss.; E.G. Parodi, in " Bull. " XXIII [1916] 38 ss. (ora in Lingua 368-369); A. Bertoldi, Nostra maggior musa, Firenze 1921; M. Porena, La mia Lectura Dantis, Napoli 1932; Barbi, Problemi I 219-221.